• Domenica 13 luglio 2025

Il calo del turismo LGBTQ+ in Italia

Nella prima metà dell’anno si è ridotto del 30 per cento: c’entrano il costo della vita sempre più alto e una legislazione che offre pochi diritti e tutele

di Julia Virginia D'angelantonio

Una foto di scena del film Chiamami col tuo nome di Luca Guadagnino, ambientato nel cremasco, 4 marzo 2018 (ANSA)
Una foto di scena del film Chiamami col tuo nome di Luca Guadagnino, ambientato nel cremasco, 4 marzo 2018 (ANSA)
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Questo e gli altri articoli della sezione Capire il turismo di oggi sono un progetto del workshop di giornalismo 2025 del Post con la Fondazione Peccioliper, pensato e completato dagli studenti del workshop.

Nei primi sei mesi del 2025 il settore del turismo LGBTQ+ in Italia ha subìto una forte decrescita, con un calo delle richieste e una perdita di prenotazioni del 30 per cento rispetto alla prima metà del 2024. È difficile individuare con precisione i motivi di questo calo, ma alcuni esperti del settore hanno provato a spiegarlo.

Il turismo LGBTQ+ è un segmento del mercato turistico rivolto a persone lesbiche, gay, bisessuali, transgender e a tutte le altre identità comprese nel simbolo “+”. Secondo Alessio Virgili, presidente dell’associazione italiana turismo LGBTQ+ (AITGL), al calo del 2025 avrebbe contribuito il fatto che in Italia vengono garantiti livelli più bassi di diritti e protezione per le persone LGBTQ+ rispetto ad altri paesi europei: «La scarsa inclusione scoraggia le persone LGBTQ+ a scegliere l’Italia come destinazione, preferendo altre mete».

Ogni anno ILGA-Europe, una delle principali organizzazioni europee per la tutela dei diritti LGBTQ+, pubblica una mappa che misura il livello di inclusione nei vari paesi europei. La mappa si basa su un sistema a colori: il verde identifica i paesi con le migliori tutele, il rosso quelli con le più basse. Nella mappa del 2025, l’Italia è segnalata in arancione: è il paese dell’Europa occidentale con il punteggio più basso in termini di diritti e protezione per le persone LGBTQ+ (Rapporto annuale di ILGA-Europe sul turismo LGBTQ+ in Europa).

Oggi il settore del turismo LGBTQ+ è molto diverso rispetto al passato. Emmanuel Keates, titolare dell’agenzia KC Travel, dice che mentre prima le persone della comunità LGBTQ+ non potevano frequentare tutti i locali ed erano obbligate a cercare hotel o destinazioni esclusivamente per persone LGBTQ+ adesso le possibilità sono cambiate. Oggi non si tratta solo di vacanze “per persone LGBTQ+”, ma di viaggi pensati in base a criteri di sicurezza, inclusività e accoglienza.

Riccardo Barile, fondatore dell’agenzia Voyemo Viaggi, dice che il suo lavoro è garantire che le persone che si rivolgono a lui vivano l’esperienza con tranquillità e senza tensioni: «Magari assegnando un tavolo più tranquillo, scegliendo un cameriere che sia particolarmente aperto e disponibile, selezionando la posizione della camera, in modo che gli ospiti non si sentano esposti, osservati o sotto giudizio»..

In altre parole le mete considerate gay-friendly sono quelle dove chi viaggia può sentirsi sicuro e libero di esprimere la propria identità, sia che viaggi da solo, in coppia o in famiglia. Questo riguarda la scelta che viene presa per le destinazioni, ma anche per hotel e strutture turistiche, per le guide, gli eventi, i locali e per i servizi dedicati alle famiglie arcobaleno.

Secondo dati raccolti nel 2022 da AITGL (l’associazione di Alessio Virgili) insieme a Sonders&Beach (società che si occupa di turismo LGBTQ+) e Lanfranchi Editore, le persone LGBTQ+ tendono a viaggiare più frequentemente (in media quattro volte l’anno), restano in vacanza più a lungo e spendono di più rispetto alla media. Hanno un reddito superiore del 38 per cento rispetto alle persone eterosessuali e ricoprono più spesso ruoli dirigenziali. Secondo una ricerca condotta con l’università Bocconi e Sonders&Beach, la spesa media sostenuta dalle coppie LGBTQ+ per i viaggi, supera i 1.800 euro a persona (esclusi i voli). Nel 2023 il turismo LGBTQ+ globale era stimato intorno ai 170 miliardi di euro, di cui 50 miliardi in Europa.

Si stima che il turismo LGBTQ+ in Italia generi un indotto di circa 2,7 miliardi di euro l’anno: una cifra importante, pari a circa il 2,5 per cento dell’intero mercato turistico nazionale, che vale oltre 110 miliardi di euro l’anno.

Nonostante il potenziale economico e culturale di questo settore turistico, le persone LGBTQ+ che viaggiano in Italia si confrontano spesso con un paese poco sensibile e poco preparato a rispondere ai bisogni specifici della comunità. Le difficoltà sono pratiche e concrete. Per le famiglie omogenitoriali, ad esempio, il mancato riconoscimento legale può creare problemi già al momento del check-in in hotel, quando vengono richiesti i documenti di entrambi i genitori. Lo stesso vale per l’accesso a cure mediche durante il viaggio, per il rilascio di permessi o autorizzazioni a partecipare ad attività ricreative, o in situazioni di emergenza: quando sul passaporto dei figli compare solo un genitore, capita che in aeroporto o alla frontiera vengano richieste dichiarazioni aggiuntive per dimostrare la parentela.

Ci sono ancora strutture che assegnano letti separati alle coppie dello stesso sesso o che scoraggiano comportamenti affettuosi in pubblico. «I nostri clienti vogliono la certezza che, se viaggiano con i figli, questi possano sentirsi accolti e inclusi anche nei servizi per l’infanzia, come i mini club o nelle interazioni con gli animatori di un villaggio», ha spiegato Alessio Virgili.

L’Italia è stata a lungo una delle destinazioni preferite dalla comunità LGBTQ+, grazie alla sua offerta culturale, al patrimonio artistico e all’offerta enogastronomica. Negli anni Duemila, Torre del Lago, in Versilia, era uno dei principali poli del turismo LGBTQ+ in Europa. «Nei locali gay degli Stati Uniti si trovavano appese le mappe della città», ricorda Virgili. Anche Gallipoli, in Puglia, e Noto, in Sicilia, investirono in eventi, accoglienza e visibilità, contribuendo a costruire un’immagine inclusiva e attrattiva per viaggiatori da tutto il mondo. Oggi il turismo LGBTQ+ in Italia offre esperienze diversificate. Esistono strutture dichiaratamente gay-friendly, come l’agriturismo “Il segreto di Pietrafitta” in Toscana, dove gran parte dello staff, dai cuochi ai receptionist, è composta da persone LGBTQ+. Un’altra struttura simile è la Masseria Rainbow, a Campofelice di Roccella, in provincia di Palermo.

Alcune agenzie propongono pacchetti tematici ispirati al cinema e alle serie tv: dai tour nei luoghi di Call Me by Your Name, a Crema (Lombardia), fino alle location della seconda stagione di The White Lotus, girata in Sicilia. L’agenzia Quiiky organizza anche visite guidate chiamate The Untold History, che offrono letture queer delle opere d’arte nei Musei Vaticani, mettendo in luce la sessualità nell’arte antica e rinascimentale, con riferimenti a figure come Michelangelo. Negli ultimi anni ha avuto molto successo anche il turismo in crociera. Da oltre quindici anni partono dagli Stati Uniti almeno quattro transatlantici l’anno della Royal Caribbean, riservati esclusivamente a viaggiatori LGBTQ+, diretti verso l’Europa. Per molto tempo, l’Italia, in particolare il porto di Civitavecchia, è stata una delle tappe principali. Ma il 2025 è stato il primo anno in cui nessuna di queste navi ha fatto scalo in Italia.

Nonostante il calo, ci sono città e regioni italiane che negli anni hanno investito in modo strutturato nel turismo LGBTQ+. Milano è una di queste: nel 2022 ha ospitato la convention mondiale dell’International LGBTQ+ Travel Association, con oltre 700 operatori da tutto il mondo riuniti per discutere strategie, buone pratiche e nuove opportunità di sviluppo del settore.

Un altro esempio è l’Emilia-Romagna, prima regione in Italia ad avviare un progetto ampio dedicato alla formazione degli operatori turistici sui temi della Diversity & Inclusion. Il programma, nato in collaborazione con il gruppo Sonders&Beach, attivo tra Milano e San Francisco, prevede un sistema di certificazione per le strutture ricettive che garantiscono standard di accoglienza e sicurezza per i turisti LGBT+. L’obiettivo è anche quello di contrastare pratiche di pinkwashing, cioè operazioni di marketing che usano simboli inclusivi solo a scopo promozionale senza un reale cambiamento nella cultura aziendale. Le strutture che completano il percorso formativo e rispettano i criteri previsti ricevono un bollino di riconoscimento, che può essere esposto e usato anche a fini promozionali, ma solo dopo una verifica indipendente.

Negli ultimi anni sono nate inoltre diverse agenzie di consulenza specializzate nell’affiancare hotel, resort e tour operator che vogliono attrarre più viaggiatori LGBTQ+, aiutandoli a rivedere comunicazione, offerta e politiche interne in chiave realmente inclusiva.