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  • Sabato 12 luglio 2025

Il tennis in TV ai tempi di Jannik Sinner

Cosa succede alle telecronache (a chi le fa e a chi le segue) quando un grande giocatore fa arrivare il grande pubblico

di Gabriele Gargantini

Sinner a Wimbledon (Mike Hewitt/Getty Images)
Sinner a Wimbledon (Mike Hewitt/Getty Images)
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Nel gennaio 2023 Jannik Sinner era il numero 17 del ranking mondiale, mentre dal giugno del 2024 è sempre stato al numero 1. In meno di due anni le sue vittorie hanno portato molte persone a seguire il tennis, o perlomeno le sue partite più importanti. C’è chi ha parlato di “effetto-Sinner” o “Sinner-mania”, e di certo – in parte anche grazie ai risultati di altre ed altri atleti di alto livello – il tennis in Italia è diventato molto più seguito, popolare e mainstream.

In termini di spettatori televisivi il tennis è il secondo sport più seguito dopo il calcio. A giugno la finale del Roland Garros di Parigi tra Sinner e lo spagnolo Carlos Alcaraz, trasmessa in chiaro su NOVE e durata oltre cinque ore, ha raggiunto picchi di 7,3 milioni di spettatori e uno share massimo del 44,4 per cento. I numeri sono impressionanti, impensabili fino a pochi anni fa, anche per le partite in settimana e su piattaforme a pagamento. Lunedì 7 luglio, quando c’erano tre italiani ai quarti di finale di Wimbledon (che insieme al Roland Garros è uno dei quattro “Slam”, i tornei più importanti), le varie partite – tutte trasmesse da Sky – hanno avuto 2,5 milioni di spettatori unici.

Non è la prima volta che le vittorie di uno sportivo attirano moltissimi spettatori verso uno sport: il motociclismo non era la stessa cosa prima di Valentino Rossi, per il ciclismo gli anni di Marco Pantani sono stati qualcosa di unico, e per Alberto Tomba si fermava persino Sanremo. Tuttavia, così come altre volte in altri sport, il relativamente improvviso arrivo di tanti nuovi spettatori nel tennis ha portato contesti lontani ad avvicinarsi, incrociarsi e scoprirsi a vicenda.

I telecronisti e le telecroniste del tennis hanno dovuto fare i conti con un pubblico più ampio, ma in media molto meno competente. Le nuove spettatrici e i nuovi spettatori si sono dovuti confrontare con i codici, le regole e le prassi del tennis e del suo racconto televisivo. In certi casi – specie dopo alcune tra le partite più seguite di Sinner – sui social si sono visti commenti critici (a volte perfino insulti) nei confronti di chi facendo una telecronaca oggettiva e imparziale elogiava un avversario di Sinner.

Un maxischermo a Wimbledon, nel 2009 (Hamish Blair/Getty Images)

A prescindere dalle peculiarità del tennis, le telecronache sportive sono un genere a sé, satellite di quel mondo a parte che è il giornalismo sportivo. Nei casi migliori certe telecronache diventano cultura popolare condivisa, parte integrante della storia di certi sport o di determinati sportivi, ed è anche per questo che esiste tutta una letteratura di analisi – a volte molto critica – delle telecronache sportive. Se ne analizzano le pigrizie linguistiche, le derive e i cliché, ma anche stile, ritmo e impatto sul modo in cui parliamo e su come ci ricordiamo di certi momenti di sport. Nell’articolo “Voci a San Siro” pubblicato da Link il docente di Teoria e tecnica dei media Paolo Carelli ha scritto:

«Dal monopolio del servizio pubblico, con la narrazione didattica e rassicurante dei vari Carosio, Martellini e Pizzul, al linguaggio meno ingessato e condito di neologismi delle voci Fininvest (da Dan Peterson a Sandro Piccinini), fino alle “telecronache doppie”, ai tecnicismi, alle iperboli delle pay tv, la telecronaca attraversa non senza traumi i momenti di rottura della storia della tv, riflettendo epoche, costumi, ma anche le strutture industriali del sistema e dei singoli broadcaster».

Carelli analizza vari stili (dal «didascalico-pedagogico» al «tecnico-specialistico») e tratta la necessità, da parte dei telecronisti, di dosare approcci diversi «mescolando, di volta in volta, la funzione più freddamente informativa con il racconto di stampo narrativo, il commento personale con la ricerca dello spettacolo».

In tutto questo il tennis è a sua volta un contesto a parte con le sue rilevanti peculiarità. Anzitutto la lunghezza delle partite, poi il costante susseguirsi di punti nei game e di game nei set (e di tutte le statistiche e gli aggiornamenti di punteggio che li accompagnano). Il tennis è peculiare anche perché è prassi che durante gli scambi (quindi nei momenti di gioco effettivo) i commentatori non parlino, o che comunque lo facciano con estrema parsimonia. Persino in una gara di 100 metri – che dura meno di 10 secondi e dove è ben evidente chi sia davanti e chi dietro – i telecronisti fanno la telecronaca. Nel tennis no: in genere si parla nei vuoti, per riempire le pause.

C’è poi il fatto che il tennis si porta dietro una certa eleganza, l’idea di essere diverso – e migliore – della maggior parte degli altri sport. Una cosa che si vede anche nel commento televisivo, storicamente pacato e garbato, seppur a volte allegro e divertente. C’entra anche il fatto che la storica coppia di commento televisivo del tennis in Italia – formata da Gianni Clerici e Rino Tommasi – ne avesse parecchia, di eleganza. Clerici e Tommasi, ha scritto Carelli, sono stati portatori «di uno stile originale riconosciuto anche al di fuori dei confini nazionali, capace di fondere racconto e fantasia, rigore e commento».

Tra chi commenta il tennis in tv – da molti anni su Eurosport e più di recente anche Sky Sport – c’è Federico Ferrero, la cui voce e il cui volto sono ben noti a chi segue il tennis. Secondo Ferrero la telecronaca del tennis è a seconda dei casi «una lunga corsa o addirittura un’ultramaratona la cui durata è indefinita» e in cui «si passa da momenti di azione concitata ad altri in cui il ritmo è decisamente più blando», nei quali la bravura del telecronista sta nel capire quando, quanto e come «infilare storie, spunti, aneddoti e ricordi». Lo si può fare, racconta Ferrero, a partire «dall’inquadratura di un vecchio giocatore seduto in tribuna o anche da una giocata che ti fa ripensare a una partita del passato». Ferrero spiega che la telecronaca tennistica consiste soprattutto «nell’allargare e restringere lo spazio del commento e del racconto».

A proposito di tennis e telecronache Ferrero spiega che «una volta si dicevano molte meno cose» e che rispetto ad altri paesi «gli italiani tendono a essere più chiacchieroni anche nel tennis: in Germania o Gran Bretagna spesso stanno zitti per tutto il game e poi, solo alla fine, magari parlano dello scambio fatto al trenta pari».

Autore del libro Parlare al silenzio dedicato al tennis e al racconto che se ne fa, Ferrero aggiunge che in Italia le telecronache del tennis sono comunque meno verbose rispetto a quelle di molti altri sport: «Se nel calcio un telecronista non parla per venti secondi vanno in cabina a vedere se sta bene, a controllare che non gli sia successo qualcosa».

E però, da quando Sinner vince, ad ascoltare le telecronache di Ferrero (e tra gli altri e le altre, di Elena Pero e Barbara Rossi, di Paolo Bertolucci e Jacopo Lo Monaco) è arrivato anche chi era abituato ad altri approcci. Sono quindi nate incomprensioni, piccole polemiche e critiche che nelle ultime settimane hanno avuto come argomento le telecronache italiane di tennis, in particolare quelle delle partite in cui gioca Sinner.

È successo dopo la finale del Roland Garros, quando Barbara Rossi – ex giocatrice e allenatrice, oltre che commentatrice – fu accusata da qualcuno sui social di “tifare per Alcaraz” (protagonista insieme a Sinner di una partita memorabile). Ed è successo di nuovo negli ultimi giorni, quando critiche simili sono state fatte a Elena Pero.

Sempre in questi ultimi giorni un altro tipo di giudizio – in questo caso più composto e ragionato rispetto alle critiche legate al tifo – è arrivato dal critico televisivo Aldo Grasso, secondo il quale «a Sky sono tutti bravi a raccontare e commentare il tennis» ma «manca la grazia della divagazione che sapeva regalare Clerici». Già nel 2022, sempre parlando di tennis, Grasso aveva scritto: «La funzione della telecronaca è regredita a livello scolastico, come se gli spettatori-alunni non fossero più in grado di comprendere quello che stanno vedendo. Bisogna spiegare loro tutto, con piatta verbosità».

Sinner a Wimbledon il 7 luglio 2025 (Daniel Kopatsch/Getty Images)

In merito alle critiche fatte a Rossi il giornalista (e collega a Sky) Stefano Meloccaro ha detto, intervistato da Fanpage:

«Fino all’altro ieri, Barbara Rossi faceva telecronaca per 100.000 persone, adesso le partite le guardano in 6 milioni e questo conta. Faccio un esempio, durante la semifinale [del Roland Garros] tra Djokovic e Sinner, Novak [Djokovic] a un certo punto sbaglia uno smash sulla rete che forse avrei messo a segno anch’io. Barbara Rossi, che è un insegnante di tennis, che è un amante del tennis, che è una persona che conosce il tennis profondamente, si fa scappare un “no” di rammarico. Lo avrebbe detto per chiunque avesse sbagliato quello smash, perché era clamoroso. Tuttavia il pubblico del tennis che non è abituato al tennis tratta questa cosa esattamente come se domani mattina Lautaro Martínez sbagliasse un gol a porta vuota e il telecronista dicesse “No”: immediatamente il telecronista diventerebbe interista».

Concetti simili li ha espressi, sempre a Fanpage, Bertolucci: «Quando si allarga la platea c’è qualcuno che è arrivato all’ultimo momento e con tre partite pensa di aver capito tutto».

Tra chi nel tennis ci sta da ben prima di Sinner un’idea piuttosto condivisa è che in tutta questa necessità di tifo e partigianeria c’entrino il calcio e il modo in cui lo si segue dall’Italia, mettendo spesso il tifo davanti a tutto il resto, fino al punto da tifare-contro tanto quanto si fa il tifo-per. «Lo dico da ammiratore di Sinner» ha scritto Francesco Zani su Rivista Undici: «Tra vederlo vincere tre set a zero la finale in un’ora e mezza e l’epifania tennistica avvenuta domenica [la partita persa al Roland Garros], io preferisco sempre queste cinque ore. E le preferirò sempre».

L’interesse (e il tifo) per Sinner rappresentano insomma un fenomeno nuovo, di cui  si stanno ancora prendendo le misure.

– Leggi anche: Sinner, Sinner ovunque

Ferrero dice che fino a qualche anno fa molte telecronache erano «un rito per iniziati» mentre «ora l’interesse è quasi morboso, e per il 90, forse anche il 95 per cento, a questo nuovo pubblico interessa Sinner, non il tennis». In questi ultimi mesi a Ferrero è capitato quindi di ragionare su come e quanto adeguare le sue telecronache per andare incontro al nuovo pubblico: «È ovvio che questo pensiero ci sia, e infatti mi succede un po’ più spesso di spiegare qualcosa in più. Soprattutto quando gioca Sinner io so benissimo che davanti alla tv c’è un numero di spettatori paragonabile a quelli del calcio, e che il gergo tennistico può a volte essere respingente. Se qualcosa è complicato e la partita lo permette apro parentesi e cerco di spiegare rapidamente, soprattutto quello che può generare equivoci».

Ferrero fa un esempio recente: «Nel quarto di finale di Wimbledon contro Sinner, Ben Shelton ha colpito due volte la palla con la racchetta: una volta non l’avrei spiegato, invece mi è venuto da spiegarlo. Lo stesso vale per le regole sull’invasione aerea: certe volte neanche i giocatori le conoscono, figurati uno che è alla terza partita della sua vita».

Al contempo Ferrero – secondo cui c’è anche un problema dovuto al fatto che «alcuni giornalisti che arrivano al tennis per Sinner portandosi dietro le categorie dagli altri sport» – dice di non volersi «snaturare». Un po’ per rispetto di chi già c’era e il tennis lo conosce bene, un po’ perché «il tennis è complicato e controintuitivo» e richiede tempo per essere apprezzato. «Se domani mi metto a guardare la scherma senza saperne niente e non so cos’è una stoccata, non posso dare la colpa al telecronista».

A proposito del tifo, Ferrero è categorico: «Godere per la sconfitta degli avversari nel tennis non esiste, non puoi seguire il tennis in quel modo. Faccio davvero fatica a immaginare una ipotetica “Tele Sinner”, dove vai e trovi la cronaca tifosa che esulta a ogni doppio fallo di Alcaraz».

Ferrero precisa poi due cose su Sinner e sulle telecronache del tennis. Di Sinner dice che «alla fine, in mezzo a tutto questo casino, è il più sereno di tutti, uno che a 23 anni ha perso una finale che avrebbe strappato il cuore a chiunque ed è riuscito a mantenere la sua classe». Delle telecronache dice: «Trovo sbagliato volersi aggiungere o sostituire a chi gioca. Il telecronista deve togliersi dalla testa l’idea di avere a che fare con la partita. Ha il privilegio e l’onere di raccontarla ma deve ricordarsi che è un arredo della partita, non ci si deve imbucare».

– Leggi anche: Dizionario minimo per seguire le telecronache del tennis