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  • Venerdì 11 luglio 2025

Il successo delle catene che imitano Starbucks e McDonald’s in Russia

Sono state fondate dopo che i marchi originali avevano lasciato il paese per evitare le sanzioni, e vanno addirittura meglio delle originali

Un punto vendita di Stars Coffee a Mosca (AP Photo/Alexander Zemlianichenko)
Un punto vendita di Stars Coffee a Mosca (AP Photo/Alexander Zemlianichenko)
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Quando a febbraio del 2022 la Russia invase l’Ucraina, centinaia di aziende occidentali abbandonarono il paese per evitare le sanzioni economiche introdotte per danneggiare l’economia russa. Di questo hanno rapidamente approfittato varie aziende russe, che hanno iniziato a imitare i marchi occidentali con l’obiettivo di attrarre la loro clientela: come ha raccontato Bloomberg, i casi più eclatanti sono i plagi delle catene McDonald’s e Starbucks, che hanno del tutto sostituito gli originali e che ora hanno persino più successo.

Molte multinazionali hanno dovuto svendere le loro strutture perché l’alternativa era l’esproprio da parte del governo. McDonald’s, per esempio, ha venduto i suoi ristoranti a un’azienda locale, per un prezzo stracciato: ora al suo posto c’è Vkusno i Tochka, che in russo significa “gustoso, e basta”. Sebbene abbia comprato solo la rete di punti vendita e non il marchio, non si sforza molto di differenziare i suoi prodotti da quelli della catena americana.

Il logo evoca la lettera M, nonostante nel nuovo nome non ce ne sia neanche una, richiamando la famosa M del logo di McDonald’s: la sua versione del Big Mac si chiama Big Hit e l’Happy Meal è diventato il Kidz Combo. Anche i punti vendita sono rimasti molto simili al passato. Le poche differenze riguardano l’introduzione di alcuni dolci locali tra i dessert.

Un ristorante di Vkusno i Tochka a Mosca (AP Photo/Dmitry Serebryakov)

Vkusno i Tochka va benissimo: dal 2022 ha aperto 50 ristoranti all’anno, il fatturato è più che raddoppiato e i profitti si sono moltiplicati. A dire di Bloomberg il vantaggio della nuova catena sarebbe in gran parte legato a un’economia che tutto sommato va bene: sebbene recentemente le cose stiano un po’ cambiando, in Russia l’economia di guerra ha di fatto aumentato i posti di lavoro, generato reddito, e anche gli aumenti dei prezzi alla fine sono stati almeno in parte compensati dall’aumento degli stipendi. I russi, soprattutto quelli che prima non ne avevano, ora hanno denaro per permettersi un po’ di svaghi e un po’ di consumi in più.

Gli imitatori puntano a consolidare il proprio potere di mercato in modo che i consumatori continuino a sceglierli anche se e quando la guerra finirà, e anche se e quando le aziende originali torneranno in Russia. In questo caso tra l’altro è probabile che il governo continui a favorire le aziende russe.

In un recente incontro con gli imprenditori russi il presidente Vladimir Putin ha detto, parlando di McDonald’s: «È scappato, e ora, se vuole tornare, dovremmo stendergli anche il tappeto rosso? Certo che no». Per Putin la sostituzione dei prodotti occidentali è importante anche dal punto di vista simbolico, perché significa dimostrare che la Russia può fare a meno dell’Occidente, anche se implica copiarne spudoratamente le intuizioni e i prodotti.

Un altro caso è Stars Coffee, la catena che ha sostituito le caffetterie di Starbucks e che non si sforza neanche di nascondere di esserne una copia. Il marchio è praticamente lo stesso con solo qualche dettaglio diverso: è marrone invece che verde, e la persona raffigurata non ha più la corona ma un copricapo tradizionale russo, un kokoshnik. Anche il nome è cambiato di poco, e sui suoi profili social la catena russa ci gioca anche: «I Bucks se ne sono andati, le stelle restano».

Stars Coffee ha aperto più di 80 nuovi negozi, decidendo di espandersi anche fuori dalle solite grandi città. Gli affari di imitazioni di questo tipo vanno dunque molto bene, ma in altri settori non c’è stata la stessa fortuna.

Il logo di Stars Coffee, su una vetrina di un punto vendita a Mosca (AP Photo/Dmitry Serebryakov)

È il caso per esempio dell’abbigliamento. Un gruppo degli Emirati Arabi Uniti ha comprato le attività russe di Inditex, la multinazionale che detiene tra gli altri il marchio Zara, ma le vendite vanno male e i rivenditori sono in grossa perdita. Uguale per Just Clothes, il brand che ha sostituito il marchio giapponese di abbigliamento Uniqlo: tutti i 13 negozi o sono stati chiusi o hanno cambiato nome in un tentativo di rebranding.

L’abbigliamento e lo stile occidentale, particolarmente ambìto dai clienti russi, è infatti più difficile da imitare, e in più i prodotti originali si trovano ancora online. Grazie anche all’aggiramento delle sanzioni e all’e-commerce infatti la popolazione russa non ha mai davvero rinunciato ai prodotti occidentali.

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