Una sentenza che potrebbe capire anche un bambino di 10 anni
L'ha scritta una giudice spagnola secondo cui i magistrati hanno l'obbligo di adattare il loro linguaggio ai destinatari delle loro decisioni

Questa settimana la giudice Gloria Poyatos del Tribunale superiore di giustizia delle Canarie (TSJC), il più importante tribunale nella regione spagnola, ha riscritto e letto in aula una sentenza che poteva essere compresa anche da un bambino di 10 anni. Non si trattava di uno scenario ipotetico: il caso su cui Poyatos e gli altri giudici dovevano pronunciarsi riguardava davvero un bambino di 10 anni, a cui il ministero locale dei Diritti sociali e della Gioventù aveva negato il riconoscimento di un’invalidità del 45 per cento anche se aveva un disturbo dello spettro autistico certificato.
Secondo Poyatos il bambino, chiamato con il nome di fantasia di Aureliano e a cui il tribunale ha dato ragione, aveva il diritto di capire il contenuto di una sentenza che lo riguardava: questo però sarebbe stato impossibile se il documento fosse stato scritto nel comune linguaggio giuridico, assai complicato e artificioso e praticamente incomprensibile per chiunque non lavori in questo ambito (è un problema che esiste anche in Italia e in molti altri paesi). Da tempo Poyatos, che è stata anche presidente dell’Associazione delle donne giudici e oggi è presidente della sezione lavoro e previdenza sociale del TSJC, è fra i giudici che sostengono che la giustizia debba «adattarsi ai cittadini destinatari delle nostre decisioni e non il contrario».
La sentenza riscritta da Poyatos e riportata dal País iniziava così: «Ci rivolgiamo a te, Aureliano. Siamo il team giudiziario incaricato di decidere in merito alla tua richiesta. Ci hai raccontato che ti costa un po’ più degli altri bambini stare attento in classe, studiare, obbedire a tua madre e a tuo padre, dare retta a tuo fratello, non arrabbiarti all’improvviso senza sapere perché, e che in generale ti è difficile seguire il ritmo delle attività a casa, per strada o a scuola. Abbiamo studiato il tuo caso e hai perfettamente ragione, Aureliano, ti sosterremo perché ora capiamo perché ti costa di più fare le cose».
Poyatos ha letto il suo testo dopo che la sentenza ufficiale era stata presentata in aula, dato che gli altri giudici non avevano acconsentito a modificarne il linguaggio. Quella di Poyatos infatti era ufficialmente un’opinione dissenziente (o voto particular, in spagnolo), ossia un’opinione che un giudice ha il diritto di esporre se è in contrasto con quella presa dalla maggioranza degli altri componenti di una corte. In realtà, in questo caso, Poyatos era d’accordo con la sentenza finale, ma questo era l’unico mezzo disponibile per raggiungere il suo scopo.
Prima di arrivare alla parte in cui la sentenza era stata “tradotta”, Poyatos ha fatto una premessa in cui ha definito non una scelta, ma «un obbligo» l’adattamento e la semplificazione del linguaggio delle decisioni giudiziarie che riguardano i minori, e ha citato alcuni trattati internazionali, come la Convenzione sui diritti dell’infanzia, e alcune leggi spagnole che includono questo obbligo o lo sottintendono. Fra queste c’è la Legge sul diritto alla difesa, approvata dal parlamento spagnolo a novembre del 2024, secondo cui gli atti e le comunicazioni procedurali devono essere «redatti in un linguaggio chiaro, in modo semplice e universalmente accessibile» in modo da permettere alle persone destinatarie di comprendere il loro oggetto e le loro conseguenze. La legge specifica che il linguaggio delle sentenze deve essere adattato in modo appropriato e specifico per ciascun caso se i destinatari delle decisioni giudiziarie sono minori o persone con disabilità.
– Leggi anche: Le sentenze sono scritte per “il popolo italiano”?



