Il tour dedicato al suicidio di massa di Jonestown

Dopo anni di dubbi su quanto sia appropriato, da alcuni mesi i turisti possono visitare l'insediamento dove avvenne in Guyana

Una fotografia dell'insediamento di Jonestown fatta a novembre del 1978 (AP Photo, File)
Una fotografia dell'insediamento di Jonestown fatta a novembre del 1978 (AP Photo, File)
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Dall’inizio del 2025 in Guyana, un piccolo stato a est del Venezuela, si può visitare con un tour turistico il luogo dove avvenne il massacro di Jonestown, il più grande suicidio di massa della storia recente in cui oltre 900 persone morirono seguendo il discusso predicatore statunitense Jim Jones. Il massacro avvenne il 18 novembre del 1978 e da allora il paese ha sempre avuto molti dubbi su come gestire l’eredità di questo evento: della possibilità di far diventare il sito una meta turistica si parlava da tempo, ma l’idea aveva suscitato critiche sia da alcuni sopravvissuti e parenti delle vittime, sia da alcuni abitanti della Guyana, che vorrebbero che il massacro non fosse l’unica cosa per cui il paese è conosciuto all’estero.

Il Jonestown Memorial Tour è gestito dall’agenzia guyanese Wanderlust Adventures GY, che già organizzava diversi tour nella zona, e costa 750 dollari (circa 630 euro): include il volo dalla capitale Georgetown, un’ora di viaggio in auto, una notte nella vicina città mineraria di Port Kaituma e il tour guidato dell’insediamento, dove è rimasta ancora la maggior parte delle baracche costruite per volere di Jim Jones, oggi abbandonate. Negli ultimi mesi hanno preso parte al tour diversi giornalisti e i loro racconti sono stati pubblicati, tra gli altri, su New York TimesCNN.

L’esperienza viene raccontata come un tour piuttosto tradizionale, che inizia all’ingresso dell’insediamento, dove si trova ancora il cartello originale con scritto “Welcome to Jonestown”, e procede attraversando tutte le baracche. Il tour comprende anche una visita alla vicina pista d’atterraggio dove il 18 novembre 1978, il giorno del massacro, Jim Jones ordinò alle sue guardie di sparare su una delegazione che era venuta dagli Stati Uniti a visitare l’insediamento dopo ripetute denunce dei parenti degli abitanti di Jamestown: la delegazione era guidata dal deputato statunitense Leo Ryan, che fu ucciso insieme a tre giornalisti e a un seguace di Jones.

A condurre il tour è Chris Persaud, un tecnico informatico guyanese. Negli anni Settanta il nonno di Persaud, un giornalista della Guyana, era stato invitato a Jonestown dal team di Ryan ma aveva rifiutato, intuendo che fosse un luogo pericoloso. Durante il tour Persaud incoraggia i visitatori a immedesimarsi in coloro che avevano lasciato la loro vita negli Stati Uniti e si erano trasferiti in un luogo così sperduto per seguire Jones, a cui avevano dato tutti i loro averi. Persaud fa anche sentire dei pezzi dei sermoni di Jones e fa circolare una foto di Jones sotto a un cartello su cui è scritta la frase «chi non ricorda il passato è condannato a ripeterlo».

Roselyn Sewcharran, proprietaria della Wanderlust Adventures GY, ha detto che l’idea del tour le è venuta perché da quando aveva aperto l’agenzia cinque anni fa aveva ricevuto molte richieste da parte di viaggiatori stranieri di visitare Jonestown (prima di quest’anno il sito era stato visitato quasi solo da giornalisti o da parenti delle vittime). Sewcharran sostiene che l’obiettivo del tour sia educare sui «pericoli della manipolazione, dell’autorità incontrollata e delle circostanze che hanno portato a questo evento devastante».

Per John Cobb, uno dei sopravvissuti al massacro, il tour è «un modo per fare soldi sfruttando una tragedia». Il giorno del suicidio di massa Cobb, che con la sua famiglia faceva parte dei seguaci di Jones, si trovava per caso a Georgetown, e per questo non è morto. Kit Nascimento, che oggi ha 93 anni ed era portavoce del governo guyanese al tempo del massacro, ha criticato la creazione dei tour, dicendo che il suicidio di massa di Jonestown è una tragedia statunitense che è capitata sul suolo della Guyana, ma che non ha niente a che fare con la popolazione guyanese attuale. «Non credo che abbiamo il compito di insegnare al mondo cosa sono le sette», ha detto parlando con il New York Times.

In passato anche il governo guyanese era dello stesso parere, ma da qualche anno sta tentando di incentivare il turismo dopo che nel 2015, al largo delle coste della Guyana, è stato scoperto uno dei più grandi giacimenti di petrolio al mondo che ha contribuito significativamente allo sviluppo economico e delle infrastrutture del paese. In questo contesto, ha permesso la creazione di tour turistici anche per puntare sull’attrattiva di una vicenda che tutto il mondo già conosce.

Militari statunitensi portano via i corpi dei seguaci di Jim Jones dopo il loro suicidio collettivo (AP Photo)

Jonestown si basava sul cosiddetto “Tempio del Popolo”, cioè il culto attorno a Jones, che era originario dell’Indiana, negli Stati Uniti, era bianco e aveva fondato la sua chiesa nel 1954. Jones sosteneva di poter fare miracoli e al picco della sua popolarità, a metà anni Settanta, il culto aveva migliaia di seguaci: fra loro c’erano molte persone afroamericane, attirate dalla retorica di Jones che, in un periodo in cui la segregazione razziale era rigidissima, predicava l’uguaglianza tra le persone e sosteneva che la Bibbia fosse stata scritta dai bianchi per giustificare l’oppressione dei neri.

Jones era però molto paranoico, anche per via del suo costante uso di amfetamine, e questo sfociò in un controllo sempre più rigido e sistematico dei seguaci, che venivano costretti a vendere o a lasciare alla setta tutti i loro beni terreni, ma anche sottoposti a perquisizioni, pestaggi, lavori forzati e altri soprusi. I suoi sermoni intanto erano sempre più cupi e visionari, condizionati soprattutto dal timore di una catastrofe nucleare e dalla convinzione che chiunque all’infuori del culto stesse complottando contro di lui.

Le testimonianze di alcune persone fuoriuscite dal Tempio evidenziarono i lati più opachi del culto e fecero insospettire le autorità statunitensi: così nel 1977 Jones si trasferì in Guyana, e in pochi mesi lo raggiunsero centinaia di seguaci. Il 17 novembre del 1978, dopo diverse segnalazioni dei famigliari dei seguaci di Jones rimasti negli Stati Uniti, il deputato Democratico della California Leo Ryan fece visita a Jonestown con alcuni giornalisti e una decina di parenti degli abitanti della colonia. Jones cercò di impedire la visita di Ryan e quando non ci riuscì fece uccidere Ryan, tre giornalisti e un suo seguace mentre stavano ripartendo. Poco dopo chiamò a raccolta gli abitanti della colonia e annunciò che era giunto il momento di commettere un “suicidio rivoluzionario”, di cui aveva spesso parlato nei suoi sermoni.

I seguaci del culto furono costretti a bere una bevanda contenente cianuro che uccideva in pochi minuti. Jones aveva ordinato di iniziare dai bambini: c’erano degli aiutanti che la somministravano anche con siringhe, mentre altri che disponevano i cadaveri in file ordinate, in modo da fare spazio. Quando quasi tutti furono uccisi si suicidarono anche le guardie di sicurezza. Jones si sparò alla tempia. In totale il 18 novembre del 1978 morirono 913 seguaci del culto: 909 a Jonestown e quattro a Georgetown, di cui 304 minorenni (131 con meno di dieci anni).

La Guyana si rifiutò di seppellire a Jonestown i cadaveri, che furono quindi riportati negli Stati Uniti. Solo la metà venne accolta dai parenti, mentre gli altri furono seppelliti in una fossa comune all’Evergreen Cemetery a Oakland, in California. Il corpo di Jones fu cremato e le sue ceneri sparse nell’oceano Atlantico.

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Dove chiedere aiuto
Se sei in una situazione di emergenza, chiama il numero 112. Se tu o qualcuno che conosci ha dei pensieri suicidi, puoi chiamare il Telefono Amico allo 02 2327 2327 tutti i giorni dalle 9 alle 24, oppure via WhatsApp dalle 18 alle 21 al 324 0117252.

Puoi anche chiamare l’associazione Samaritans al numero 06 77208977, tutti i giorni dalle 13 alle 22.