Il comune di Napoli tenta di limitare gli affitti brevi a modo suo
Con più controlli e per ora senza divieti, per evitare i ricorsi che stanno rallentando le regole in altre grandi città

Dopo Bologna, Firenze, Venezia e Roma, anche a Napoli stanno tentando di limitare la proliferazione degli affitti brevi nel centro storico, attraverso un nuovo regolamento approvato la scorsa settimana dalla giunta. Potrebbe sembrare un provvedimento tardivo, almeno se paragonato all’interventismo delle altre grandi città. In realtà il regolamento è arrivato solo ora perché è stato preceduto da diversi mesi di approfondimenti giuridici e urbanistici per evitare ricorsi delle associazioni che rappresentano i proprietari immobiliari. L’obiettivo è lo stesso delle altre città, ovvero limitare la diffusione degli affitti turistici brevi, ma il modo per raggiungerlo è leggermente diverso e – forse – immune ai ricorsi che finora hanno rallentato l’iniziativa dei comuni.
Secondo i dati pubblicati da Inside Airbnb, un progetto indipendente che misura l’impatto degli affitti brevi in molte città, a Napoli gli affitti brevi sono oltre 10mila, cresciuti dell’800 per cento negli ultimi 9 anni. Il 90 per cento degli alloggi è concentrato nel centro storico, in particolare nei Quartieri Spagnoli e alla Sanità, che sono le zone con la più alta densità abitativa di Napoli: 14mila abitanti in meno di un chilometro quadrato nei Quartieri Spagnoli, 32mila abitanti in due chilometri quadrati nel rione Sanità.
Come è accaduto in molte altre grandi città, anche a Napoli i b&b si sono moltiplicati negli ultimi anni, spesso ignorando i requisiti prescritti dalla legge, tra cui il numero minimo di metri quadrati in relazione ai posti letto offerti. Molte strutture non sono in regola e il loro numero si espande o si contrae a seconda dei periodi, da 10mila fino a 14mila nei mesi estivi.
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Già dal 2023 il sindaco Gaetano Manfredi sosteneva la necessità di limitare la diffusione degli affitti brevi per preservare la residenzialità e quindi la socialità nelle zone più centrali. Da presidente nazionale dell’ANCI, l’associazione nazionale dei comuni italiani, Manfredi si è confrontato più volte con colleghi sindaci di grandi città che da anni chiedono al governo di concedere più poteri ai comuni. Tutti gli appelli sono rimasti inascoltati, e per questo motivo molti dei regolamenti introdotti negli ultimi anni sono stati depotenziati o bloccati dai ricorsi ai tribunali amministrativi regionali (TAR) di imprenditori o associazioni che rappresentano i proprietari immobiliari.
Il principio su cui si basano molti altri regolamenti è l’equiparazione degli affitti brevi ad attività imprenditoriali, come gli alberghi. Sulla base di quell’impostazione, molto contestata dai proprietari e oggetto di ricorsi, molti comuni hanno previsto standard qualitativi degli alloggi più elevati, nuove autorizzazioni da ottenere per affittare un appartamento, più controlli e un aumento delle sanzioni.
Il regolamento di Napoli è leggermente diverso. Gli affitti brevi rimarranno nella categoria residenziale – quindi non saranno equiparati agli alberghi, almeno formalmente – ma dovranno rientrare in una sottocategoria chiamata “residenza per usi turistici”. Chi vorrà trasformare un appartamento in un alloggio per gli affitti brevi dovrà presentare una pratica edilizia in comune, come la Scia, e non solo una semplice comunicazione allo sportello delle attività produttive (SUAP), come avviene ora.
Nei prossimi mesi verrà poi proposta una variante al piano urbano comunale, il vecchio “piano regolatore”: è un documento che definisce le regole e le previsioni urbanistiche della città. La modifica serve a inserire un limite all’espansione degli affitti brevi nel caso in cui gli alloggi superino una certa percentuale del totale delle case all’interno del centro storico. Questa percentuale – chiamata soglia di tolleranza – non è stata ancora decisa, ma nei mesi scorsi sia il sindaco che la vicesindaca Laura Lieto avevano ipotizzato di fissare un massimo di 30 per cento di alloggi turistici, lasciando almeno il 70 per cento di case.
Per ora non è previsto un blocco al rilascio delle licenze, che potrebbe esporre il comune a contenziosi: l’idea è di tenere osservata l’eventuale espansione e nel caso intervenire disincentivando la trasformazione di appartamenti residenziali con strumenti che il comune non ha ancora annunciato, ma che potrebbero essere legati alle tasse. Repubblica Napoli ha definito questa strategia «una via di mezzo» tra chi lascia estrema libertà ai proprietari delle case e chi invece ha introdotto divieti.
Secondo Agostino Ingenito, presidente dell’ABBAC, l’Associazione dei bed & breakfast e affittacamere della Campania, lo sforzo del comune di individuare un modello innovativo è apprezzabile, ma il settore degli affitti brevi è già molto controllato e la richiesta di chiedere una pratica edilizia non rispetterebbe la normativa regionale della Campania. Per ora, però, non sono stati annunciati ricorsi.



