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  • Domenica 29 giugno 2025

Hai mica visto un bagno pubblico?

In varie città europee ce ne sono sempre meno: a Lisbona un’associazione sta facendo campagna perché siano gratuiti e mappati

di Antonella Serrecchia

(Foto concessa da Infraestrutura Pública)
(Foto concessa da Infraestrutura Pública)
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Piazza Rossio (ufficialmente piazza Dom Pedro IV) è una delle piazze principali di Lisbona. Attraversata ogni giorno da centinaia di migliaia di persone, turisti e portoghesi, è molto grande, contornata da grossi alberi di jacaranda e un’imponente fontana al centro. Chi ci passa oggi non ne trova traccia, ma proprio ai bordi della fontana fino agli anni Sessanta c’erano due ingressi che attraverso scale portavano ai bagni pubblici sotterranei.

Progettati nel 1921, quelli di piazza Rossio erano tra i molti bagni pubblici di Lisbona. Erano usati dalla gente di passaggio, ma i frequentatori più abituali erano i gestori dei piccoli stand che vendono fiori, una presenza costante nella storia della piazza. Oggi i fiorai ci sono ancora, ma l’ingresso dei bagni è stato coperto e loro raccontano di fare pipì nelle bottiglie di plastica o dentro a secchi che svuotano a fine giornata.

Negli ultimi anni a Lisbona, come in molte altre città europee, il numero di bagni pubblici si è sensibilmente ridotto. Quello che per almeno un secolo è stato considerato un servizio pubblico di base, oltre che uno strumento fondamentale per garantire l’igiene nello spazio urbano, con la diffusione dei bagni nelle case è scomparso o è stato appaltato a privati: grosse società che operano su concessione e con servizi automatizzati, oppure bar e ristoranti.

In giro per Lisbona sono diverse le tracce di strutture di inizio Novecento, spesso anche notevoli da un punto di vista architettonico, che ospitavano bagni pubblici e sono state smantellate o hanno cambiato destinazione d’uso. Una piccola palazzina nei giardini Mario Soares, nella zona nord est, oggi è una pizzeria italiana. In Cais do Sodré, un’area molto turistica vicino al mare, un chiosco in cemento è stato trasformato in una biglietteria di Carris, l’azienda del trasporto pubblico. Oggi il bagno al suo interno è usato solo dai dipendenti.

La struttura che ospitava il bagno pubblico di Cais do Sodré, poco distante dal fiume, e che ora è una biglietteria, Lisbona, 6 giugno 2025 (Antonella Serrecchia/Il Post)

È difficile sapere di quanto siano diminuiti i bagni pubblici nei paesi europei, perché spesso mancano dati che abbiano tracciato la loro presenza nel tempo, ma è un fenomeno noto e diffuso. Oggi, secondo una classifica realizzata da un’azienda britannica del settore, in Portogallo ci sono 13 bagni pubblici ogni 100mila abitanti. L’Italia ne ha soltanto 7, mentre quelli che ne hanno di più sono Islanda (56) e Svizzera (46).

Trovarli è diventato così complicato che le persone hanno iniziato a organizzarsi in modo autonomo. Su internet sono spuntate mappe e guide che permettono di localizzare i bagni pubblici più vicini, ne parlano profili specializzati su TikTok e per trovarli sono nate persino app a pagamento.

A Lisbona se ne occupa l’associazione Infraestrutura Pública, che da tre anni sta raccogliendo informazioni sui bagni pubblici della città e a breve pubblicherà un libro in cui le raccoglie tutte. È un lavoro complicato, spiega Marta Sternberg, attivista dell’associazione, perché nessuno lo ha mai fatto prima. Bisogna incrociare le foto delle strade e delle piazze con le testimonianze delle persone che frequentavano i bagni o ci lavoravano. In alcuni casi solo rileggendo le vecchie piante architettoniche si è scoperto che alcuni edifici un tempo erano bagni pubblici.

Fare attivismo su questi temi, però, non è semplice. «Quando si parla di spazio urbano, di parchi e panchine, tutti trovano l’argomento adorabile. Ma quando inizi a parlare di bagni pubblici, la gente prende le distanze. Non lo considera un tema degno di attenzione, quando in verità è un’esigenza essenziale dell’essere umano». Ancora oggi infatti a Lisbona come in molte altre città a migliaia di persone capita di lavorare per strada: tassisti, rider, postini, operatori della nettezza urbana, operai.

Per riportare il tema al centro del dibattito nel 2024 Infraestrutura Pública ha costruito un bagno pubblico portatile. Realizzato con una struttura di cartone, una sedia senza sedile, una tavoletta da bagno e un secchio con del materiale assorbente (come quelli che si usano nelle toilette a secco), lo hanno portato in giro per la città offrendo alle persone di farne uso gratuitamente. Assieme al bagno mettevano a disposizione anche una bacinella con dell’acqua, sapone, oli essenziali per profumare e ovviamente carta igienica.

Il bagno portatile di Infraestrutura Pública in una stazione della metropolitana di Lisbona (foto di Infraestrutura Pública)

Un’altra cosa che hanno fatto è stata mappare i bagni e stampare delle liste di quelli gratuiti (30, di cui 28 agibili) con giorni e orari di apertura. Dal 2012 infatti la gestione dei bagni pubblici di Lisbona è passata dal comune ai singoli municipi. Questo, spiega Sternberg, ha reso tutto il sistema ancora più confuso e difficile da usare.

Secondo le ricognizioni dell’associazione a Lisbona oggi ci sono 37 bagni gestiti dai municipi: un numero esiguo per una città con più di mezzo milione di abitanti. A questi si aggiungono circa 90 bagni automatizzati gestiti da compagnie private come JCDecaux, una multinazionale francese specializzata nell’arredo urbano: nel 2024 ha stretto un accordo per realizzare 75 nuovi bagni.

Anche il costo è molto vario: quelli pubblici sono gratis o costano dai 50 centesimi a un euro perché presidiati da dipendenti, quelli automatizzati gestiti dalle società private costano 10 centesimi. In tutti i casi però non danno resto. C’è poi un tema di orario: quelli privati sono attivi 24 ore su 24, ma quelli pubblici – più comodi e spaziosi – hanno orari fissi e spesso sono chiusi in pausa pranzo oppure nel weekend.

Uno dei bagni pubblici automatizzati di JCDecaux, con permanenza massima di 15 minuti e difficilmente accessibile a persone con disabilità, Lisbona, 6 giugno 2025 (Antonella Serrecchia/Il Post)

«È assurdo» commenta Sternberg. «È come se il comune spegnesse le luci nel fine settimana». Nel corso di una giornata di lavoro per alcune persone è normale avere bisogno del bagno più di una volta, e con questi presupposti può diventare complesso e costoso. Un tassista di Lisbona racconta di spendere almeno 1,5 euro al giorno per fare pipì, che in un anno sono più di 360 euro. Altri hanno riferito di girare con una bottiglia in auto, altri dicono di aver sviluppato patologie alla vescica per aver trattenuto troppo a lungo la pipì.

L’assenza di una visione d’insieme crea discriminazioni. Per esempio di genere: per gli uomini è molto più semplice fare pipì per strada, mentre per le donne è una pratica censurata, complessa e in alcuni casi pericolosa. Rischi e problemi sono ancora maggiori nel caso delle donne trans.

Per trasformare i bagni gratuiti in bagni a pagamento, poi, sono stati installati dei tornelli: questo li rende poco accessibili per le persone con mobilità ridotta, in carrozzina e per i genitori con passeggini.

Nemmeno quelli automatizzati tengono conto di questi problemi, anzi: dei nuovi bagni che sta costruendo JCDecaux solo il 10 per cento sarà accessibile a persone con disabilità. Alcuni poi prevedono un tempo massimo di permanenza di 15 minuti, dopo di che le porte si riaprono. Alcuni anziani hanno raccontato di aver timore a utilizzarli, perché per loro 15 minuti sono pochi e rischiano di trovarsi in pieno sguardo pubblico in un momento di vulnerabilità.

Il bagno pubblico di Terras do Monte, Lisbona, 6 giugno 2025 (Antonella Serrecchia/Il Post)

Sternberg sottolinea infine anche il ruolo sociale dei bagni pubblici tradizionali. In alcuni quartieri i loro dipendenti diventano dei punti di riferimento per la comunità. «La gente non ci va soltanto per fare la pipì, ma magari anche per lasciare le borse della spesa mentre va a prendere i nipoti a scuola». O per chiedere un’informazione o anche solo fare due chiacchiere.

Le persone che si occupano di tenere puliti questi bagni sono consapevoli di questo ruolo e spesso se ne fanno carico con responsabilità, nonostante contratti precari e senza particolari tutele. Nel bagno pubblico gratuito di via Voz do Operário per esempio lavorano Nuno e Francisca, entrambi veterani di questo mestiere. Curano questo spazio come se fosse il loro. Quest’anno Francisca ha usato i soldi delle mance per tinteggiare il muro del suo studiolo, infestato dalla muffa. Nuno ha riparato da solo un fasciatoio per cui aveva chiesto l’intervento del comune da tempo, senza ottenere risposta.

Francisca, addetta alla pulizia e alla manutenzione del bagno pubblico di Voz do Operário, Lisbona, 6 giugno 2025 (Antonella Serrecchia/Il Post)