È nato il figlio di una donna cerebralmente morta ma tenuta in vita a causa della legge della Georgia contro l’aborto

Una protesta per il diritto ad abortire davanti alla Corte Suprema degli Stati Uniti (AP Photo/Jose Luis Magana)
Una protesta per il diritto ad abortire davanti alla Corte Suprema degli Stati Uniti (AP Photo/Jose Luis Magana)

In Georgia, negli Stati Uniti, è nato il bambino figlio di una donna cerebralmente morta che i medici hanno tenuto in vita per la legge contro l’aborto dello stato. Il caso era stato fin dall’inizio molto discusso, dato che evidenzia i problemi etici delle restrittive leggi contro l’aborto entrate in vigore in molte parti degli Stati Uniti. Il bambino si chiama Chance ed è nato attraverso un parto cesareo di emergenza: al momento della nascita pesava meno di un chilo e si trova in terapia intensiva neonatale. È nato il 13 giugno, attorno alla 32esima settimana di gravidanza (tipicamente una gravidanza ne dura 40), ma la notizia della sua nascita è stata annunciata dalla nonna a un’emittente locale solo alcuni giorni dopo.

La donna si chiamava Adriana Smith. Il 19 febbraio era stata ricoverata e le furono rilevati dei coaguli di sangue nel cervello: il giorno stesso fu dichiarata cerebralmente morta, una condizione non reversibile e dopo la quale viene normalmente dichiarato il decesso. La gravidanza però aveva già superato la sesta settimana, momento oltre il quale non è più legale abortire in Georgia, e la donna è stata mantenuta in vita tramite apparecchi di sostegno vitale (in Italia è possibile abortire in tutti i casi fino alla dodicesima settimana di gravidanza, e in casi particolari fino alla viabilità del feto, cioè fino a quando il feto avrebbe possibilità di sopravvivere al di fuori dell’utero). I sistemi di sostegno vitale che tenevano in vita Smith sono poi stati spenti.

La famiglia di Smith ha detto che avrebbe voluto poter decidere a febbraio se mantenere attivo il trattamento di sostegno vitale della donna, e che questa scelta non avrebbe dovuto essere presa dallo stato. Il quadro legale in cui ha agito l’ospedale in realtà è pieno di incertezze: l’istituto ha detto di essersi affidato al «parere clinico di esperti, alla letteratura medica e a consigli legali», ma il procuratore generale della Georgia ha detto che in questo caso l’interruzione del trattamento di sostegno vitale non era vietata dalla legge.