La fissazione dei ricchi per la longevità
Con approcci spesso poco scientifici sta nascendo un grande business intorno ai trattamenti per invecchiare il più lentamente possibile

Non ci sono molti dubbi sul fatto che la ricchezza allunghi la vita. È una delle conclusioni di un ampio studio pubblicato a febbraio, che attribuisce alle condizioni socioeconomiche una grande influenza sulla longevità delle persone. Ma negli ultimi anni la stretta relazione tra la ricchezza e la longevità è emersa in un altro senso, e in modo ancora più esplicito, dagli ingenti e raccontati investimenti di alcuni imprenditori nella ricerca di tecniche, dispositivi e trattamenti per rallentare l’invecchiamento e ritardare la morte.
È un settore della ricerca che coinvolge vari ambiti della medicina e della genetica, ma molti dei metodi e dei trattamenti utilizzati per aumentare le probabilità di vivere più a lungo sono il risultato di approcci solo vagamente scientifici. Altri sono trattamenti scientifici ben collaudati, ma utilizzati fuori dalle indicazioni terapeutiche note. In generale sono tutti trattamenti estremamente costosi, fattore che ha sia promosso una feroce competizione tra startup per la ricerca di finanziamenti privati, sia amplificato la popolarità di quei trattamenti tra persone molto facoltose.
In un certo senso, ha scritto il Financial Times, è come se i consigli tradizionali e scientificamente validi per mantenersi in forma fossero diventati meno attraenti rispetto agli approcci più commerciali. La parola “longevità” sta entrando stabilmente a far parte del gergo del marketing e del mondo del lusso: compare sempre più spesso nel nome di hotel e cliniche per il benessere, come il Longevity Health & Wellness Hotel ad Alvor, in Portogallo, o l’area Longevity Lounge della clinica Cloud Twelve a Londra.
La clinica mette a disposizione, tra le altre cose, dei caschi da indossare durante sedute che dovrebbero stimolare la crescita dei capelli e ridurre le difficoltà di concentrazione. Altre strutture propongono trattamenti più conosciuti e affermati, come per esempio l’hotel Corinthia, che ha una partnership con un istituto di ricerca di Londra, il London Regenerative Institute. Tra i trattamenti disponibili c’è l’ossigenoterapia iperbarica, una terapia che consiste nella respirazione di ossigeno puro a una pressione superiore a quella atmosferica, utilizzata di solito nella medicina subacquea per curare embolie e altre patologie da decompressione.
Propone anche test genetici per determinare la velocità di invecchiamento dei tessuti. È un tipo di esame utile e importante come strumento di screening e nella valutazione di determinati problemi di salute, ma allo stato attuale c’è in generale poca scienza e molto marketing intorno alla maggior parte dei test genetici.
Anche hotel e centri di benessere che non utilizzano esplicitamente la parola “longevità” propongono da tempo tra i loro trattamenti terapie descritte, in definitiva, come metodi per allungare la vita. Alcune sono in giro da un pezzo e abbastanza famose, come la «terapia del contrasto», cioè tutti quei trattamenti che prevedono di alternare sul corpo stimoli caldi a stimoli freddi. Altre sono più recenti e molto in voga tra persone famose, come per esempio le flebo di NAD+, una molecola presente negli organismi e studiata per il suo ruolo nell’invecchiamento cellulare.
A rafforzare nell’opinione pubblica il legame tra la ricchezza e l’ambizione di rallentare l’invecchiamento, in tempi recenti, è stato in particolare l’imprenditore del settore tecnologico Bryan Johnson. Nel 2023 si parlò a lungo dei suoi investimenti nella ricerca di metodi scientifici per “invertire” l’invecchiamento, e soprattutto degli esperimenti a cui scelse di sottoporsi con questo obiettivo. Uno tra i tanti, peraltro descritti nel documentario di Netflix su di lui Don’t Die: l’uomo che vuole vivere per sempre, fu ricevere trasfusioni di sangue dal figlio adolescente.
Johnson promosse una competizione apposita chiamata Olimpiadi del ringiovanimento. Ai partecipanti, quasi tutti ultra-ricchi come lui, è richiesto di misurare e fornire attraverso test genetici e altri esami l’evoluzione della loro «età biologica», un concetto che nella ricerca sulla longevità è contrapposto a quello di «età cronologica». In pratica i partecipanti devono condividere informazioni utili su quanto riescano a rallentare l’invecchiamento modificando il loro stile di vita e la loro alimentazione, o in qualunque altro modo di cui sia possibile tenere traccia. «Vince chi non taglia mai il traguardo», è scritto scherzosamente sul sito della competizione.
La concorrenza tra miliardari nella ricerca di metodi per allungare la vita, secondo il Financial Times, ha stimolato anche un cambiamento culturale attestato dal recente successo del mercato del lusso legato alla longevità. Essere molto affaccendati e sommersi dal lavoro non è più uno status symbol, qualcosa di cui vantarsi. Lo è piuttosto condividere i punteggi ottenuti misurando le ore di sonno tramite dispositivi indossabili, o raccontare di essersi sottoposti a trattamenti anti-invecchiamento costosi e all’avanguardia, descritti come se fossero borse firmate.
Secondo una stima della società di ricerca Market Research Future, il mercato mondiale della ricerca sulla longevità, alimentato dagli investimenti di diverse aziende del settore tecnologico, soprattutto statunitensi, ha avuto un valore di 21,3 miliardi di dollari nel 2024 e potrebbe valere 63 miliardi entro il 2035. Ci sono startup attive nella crioconservazione, cioè la conservazione a temperature bassissime del corpo di persone morte, in attesa che in futuro vengano sviluppate tecnologie in grado di ripristinare completamente le funzioni vitali.
Altre aziende si concentrano sull’editing genetico, cioè la modifica di porzioni del materiale genetico, e sulla rigenerazione degli organi. La più famosa è Altos Labs, che lavora dal 2022 con le cellule staminali, cioè cellule che non sono ancora specializzate e possono essere indotte a differenziarsi per sostituire cellule che non funzionano più bene. Tra i suoi finanziatori ci sono il miliardario russo-israeliano Yuri Milner e il fondatore di Amazon Jeff Bezos, il quale a sua volta ha investito insieme all’imprenditore Peter Thiel anche in un’altra società di biotecnologie statunitense quotata in borsa (Unity Biotechnology).
Il fondatore di OpenAI, Sam Altman, è invece uno dei finanziatori dell’azienda Retro Biosciences, che collabora con OpenAI per addestrare modelli di intelligenza artificiale e integrarli nella ricerca sulla longevità, e ha tra i suoi finanziatori anche attori e musicisti famosi, tra cui John Legend, Pedro Pascal e Zac Efron. Uno degli obiettivi dichiarati dall’azienda è l’intenzione di avviare nel 2025 sperimentazioni cliniche per la ricerca di farmaci contro l’Alzheimer.
C’è però molto scetticismo nella comunità scientifica sul valore delle ricerche sulla longevità. Prima di tutto esiste un limite all’età che gli individui di qualsiasi specie possono avere: questo limite nella specie umana potrebbe essere stato raggiunto, stando a uno studio del 2024 che mostra un rallentamento dell’aumento dell’aspettativa di vita nei paesi più ricchi. Inoltre molte ricerche sulla longevità sono ancora agli inizi. Oltre agli studi seri e rigorosi condotti da laboratori autorevoli, ce ne sono moltissimi altri inaffidabili e pseudoscientifici, che promuovono trattamenti “artigianali” senza sufficienti prove scientifiche.
Nei tentativi di allungare la vita promossi dai miliardari alla Johnson tende infine a prevalere, in un certo senso, un approccio individualista intrinsecamente poco scientifico. In molti casi i loro esperimenti riflettono un interesse, se non proprio un’ossessione, a fermare soltanto il proprio invecchiamento: i risultati riguardano perciò un solo individuo, con caratteristiche specifiche. Ed è un limite che contrasta con un fondamento del metodo scientifico: la possibilità di riprodurre gli esperimenti svolti da altri ottenendo risultati comparabili.



