Organizzare il pellegrinaggio di due milioni di persone alla Mecca
Il governo saudita prova da tempo a centralizzare la gestione dello Hajj e a renderlo più sicuro, riuscendoci poco

In Arabia Saudita cominciano oggi i sei giorni dello Hajj, il pellegrinaggio annuale verso la Mecca, città sacra per le persone di religione musulmana. Il pellegrinaggio è uno dei cinque pilastri dell’Islam e ogni anno porta negli stessi luoghi, in pochi giorni, quasi due milioni di pellegrini da tutto il mondo. Prevede varie tappe nel deserto saudita. Folla e temperature altissime rendono lo Hajj pericoloso per i viaggiatori più anziani o meno attrezzati: l’anno scorso per esempio morirono più di 1.300 persone.
Il governo saudita cerca da anni con poco successo di rendere il pellegrinaggio un’esperienza più sicura e di limitare i viaggi fatti in autonomia, cioè senza registrarsi ufficialmente sui canali predisposti e senza andare con le agenzie di viaggio. Per questo nel corso del tempo ne ha accentrato l’organizzazione.
L’organizzazione dello Hajj è un’operazione enorme e i luoghi di culto sono anche le principali risorse turistiche del paese. Ai pellegrini dello Hajj si aggiungono quelli dell’Umrah, la visita religiosa alla Mecca che può essere svolta in qualsiasi momento dell’anno. Lo Hajj (la cui radice in arabo significa “dirigersi verso”) si svolge invece tra l’ottavo e il tredicesimo giorno dell’ultimo mese del calendario islamico, che ha circa 10 giorni in meno del calendario gregoriano e fa sì che il pellegrinaggio si svolga in un periodo leggermente diverso ogni anno.

L’area della Grande Moschea della Mecca (Muhannad Fala’ah/Getty Images)
Lo Hajj, che rappresenta un momento di purificazione, dovrebbe essere compiuto da ogni fedele musulmano almeno una volta nella vita.
È composto di sette passaggi rituali, in località diverse. Si apre e si chiude all’interno della Grande Moschea della Mecca con la circumambulazione della Kaaba, la sacra struttura cubica centrale (ci si gira intorno sette volte). Prevede anche un percorso a piedi fra le colline di Safa e Marwa; una preghiera sul monte Arafat; una permanenza nella piana di Mina, dove quasi 2 milioni di pellegrini vengono ospitati in meno di 5 chilometri quadrati in tende climatizzate di lusso o più spartane; e la lapidazione simbolica, a Jamarat, di pilastri che rappresentano Satana (deve essere prenotata una fascia oraria in cui lanciare le pietre, in seguito a incidenti accaduti per l’eccessiva folla).

Preghiere sul monte Arafat nel 2023 (AP Photo/Amr Nabil)
Tutti questi riti, che prevedono lo spostamento contemporaneo di enormi folle su percorsi a piedi lunghi anche 15 chilometri, avvengono in condizioni climatiche dure, con temperature intorno ai 40 gradi, ma che possono arrivare fino ai 50. Negli anni scorsi il caldo è stato la principale causa di morte fra i pellegrini.
Per partecipare allo Hajj è necessario essere musulmani: i luoghi sacri sono vietati ai non musulmani. Fino a qualche anno fa già sull’autostrada che porta alla Mecca alcuni cartelli segnalavano corsie “solo per musulmani” (in seguito sono stati sostituiti). Bisogna anche arrivare apposta per l’occasione, perché i normali visti per l’Arabia Saudita non valgono in quei sei giorni. Anche i cittadini sauditi devono seguire percorsi di registrazione.

Pellegrini dopo la preghiera serale, il 2 giugno 2025 (AP Photo/Amr Nabi)
Per partecipare al pellegrinaggio bisogna muoversi con un discreto anticipo. Ogni anno ci sono quote di posti destinate dal governo saudita ai cittadini di vari paesi, in base alla grandezza della comunità musulmana: l’Indonesia, il più grande paese islamico al mondo, ha 200mila permessi a disposizione. Bisogna quindi iscriversi a un portale dedicato, Nusuk, e comprare lì “pacchetti Hajj” che possono contenere tutto, dal viaggio al soggiorno ai trasferimenti interni, oppure soluzioni più limitate, da integrare.
In passato c’era stata una specie di lotteria. Per l’edizione del 2025 i posti sono stati assegnati fino a esaurimento, e i pacchetti più economici sono stati i primi a finire. Peraltro, sono tutti mediamente molto costosi: vanno dai 7 ai 15mila euro a persona.
Per questo in molti provano comunque a compiere il pellegrinaggio senza registrazione. Domenica le autorità saudite hanno detto di aver espulso oltre 200mila persone non registrate (i pellegrini arrivano alla Mecca alcuni giorni prima). Sono previste multe fino a 5mila euro e il divieto di ingresso nel paese per dieci anni: alcuni pellegrini decidono consapevolmente di rischiare, altri vengono ingannati da falsi operatori, che promettono prezzi più bassi (anche un quarto) e servizi che poi non vengono forniti. Secondo l’Arabia Saudita la maggior parte dei morti del 2024 erano pellegrini non registrati: centinaia venivano dall’Egitto, quasi 200 dall’Indonesia, un centinaio dall’India.
Quest’anno sono stati aumentati i checkpoint lungo i trasferimenti, verranno utilizzati strumenti di riconoscimento facciale e intelligenza artificiale per regolare i flussi, i pellegrini saranno monitorati da droni e dovranno portare con sé una card in cui sono registrati tutti i dati e le prenotazioni.

Un trasporto in bus fra la Mecca e il monte Arafat (AP Photo/Amr Nabil)
Sono state annunciate anche misure di prevenzione: 700 letti supplementari negli ospedali per curare i casi più gravi, un aumento delle zone ombreggiate (50mila metri quadrati), la creazione di 400 “stazioni di raffreddamento” (aree equipaggiate con aria condizionata) e l’impiego di 50mila fra medici e personale amministrativo.

La preparazione della Kiswa, tessuto che copre la Kaaba, la struttura cubica al centro della Grande Moschea (AP Photo/Amr Nabil)
Negli anni scorsi tutto il sistema ha mostrato spesso parecchie falle, con enormi differenze fra le esperienze dei pellegrini con i pacchetti più cari e gli altri. Ma ci sono stati grossi investimenti, anche a livello di infrastrutture (treni ad alta velocità e strade pedonali multipiano, fra le altre cose). Il governo saudita da tempo sta cercando di dare un’immagine più moderna e presentabile di sé, anche per rispondere alle pressioni occidentali e per proporsi come una destinazione turistica di lusso, nel progetto a lunga scadenza di superare la propria dipendenza da petrolio e gas naturale.
La monarchia saudita, guidata di fatto dal principe ereditario Mohammed bin Salman, governa il paese in modo fortemente autoritario, reprimendo ogni forma di dissenso.



