Il “decreto Sicurezza” è stato convertito in legge, tra molte contestazioni e critiche

Il Senato ha approvato la conversione in legge del cosiddetto “decreto Sicurezza”, che è quindi definitiva (la Camera lo aveva fatto il 29 maggio). Il testo era stato duramente contestato dalle opposizioni e in generale da molte persone, associazioni ed esperti di diritto, che lo considerano eccessivamente repressivo: introduce numerose nuove fattispecie di reato e aumenta le pene per molte altre, secondo i critici limitando anche le possibilità di espressione del dissenso. La seduta al Senato era stata temporaneamente interrotta dalla protesta di alcuni senatori dell’opposizione, che si erano seduti al centro dell’aula e avevano cantato «vergogna! vergogna!» contro il decreto. Ulteriori disordini ci sono stati dopo un intervento del senatore di Fratelli d’Italia Alberto Balboni, che aveva accusato provocatoriamente la sinistra di favorire la criminalità.
Il provvedimento era un decreto-legge, una norma approvata dal governo che entra immediatamente in vigore, ma che deve essere convertita in legge entro 60 giorni dal parlamento altrimenti decade. Sia alla Camera sia al Senato il governo aveva posto la questione di fiducia sulla conversione in legge del decreto, per limitare le modifiche e mostrare compattezza nella maggioranza: se non viene approvata la fiducia infatti un o una presidente del Consiglio deve dimettersi. La conversione in legge è stata approvata dal Senato con 109 voti favorevoli, 69 contrari e un’astensione.
Il testo non ha sempre avuto la forma di decreto-legge: inizialmente era stato presentato dal governo come un disegno di legge, su cui il parlamento avrebbe avuto molta più possibilità di intervento e tempi di approvazioni assai più lunghi. Il disegno di legge (che è in pratica una legge proposta dal governo al parlamento) però aveva suscitato le perplessità del presidente della Repubblica, oltre ad attirare molte critiche e a causare qualche divisione nella maggioranza. Il governo quindi lo aveva ritirato e ripresentato con poche modifiche come decreto-legge, un provvedimento previsto dalla Costituzione per interventi straordinari di necessità e urgenza da parte dell’esecutivo, ma che in questo caso (come altre volte) è stato usato dal governo per limitare la possibilità di modificare il testo da parte del parlamento.
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