Cosa vuol dire che Meloni va al seggio per i referendum ma non vota
Dice che non ritirerà le schede con i quesiti: è una possibilità prevista dalle regole ed è un altro modo per astenersi

Lunedì la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha detto che andrà al seggio dei referendum dell’8 e del 9 giugno ma non ritirerà la scheda per votare. Così facendo, Meloni contribuirà in maniera attiva a non far raggiungere al referendum il quorum, cioè la soglia di votanti necessaria perché sia considerato valido, che è fissata al 50 per cento degli aventi diritto (cioè circa 25 milioni di persone).
Quelli dell’8 e del 9 giugno sono cinque referendum abrogativi, cioè con cui si può chiedere di eliminare totalmente o in parte una norma, e riguardano cittadinanza e diritti sul lavoro: Meloni e i suoi alleati politici, che sono contrari alle modifiche proposte dai referendum, stanno invitando da tempo i propri elettori ad astenersi dal voto affinché il referendum non sia valido e finisca quindi in nulla. È una scelta politica ampiamente utilizzata anche in passato, sia da governi di destra che di sinistra.
Rispondendo a una domanda di alcuni giornalisti durante le celebrazioni per la festa della Repubblica, Meloni ha detto «Vado a votare, non ritiro la scheda: è una delle opzioni».
Meloni si riferiva al fatto che in sostanza nei referendum ci sono quattro opzioni: due implicano l’espressione di un voto, favorevole o contrario, e quindi l’essere conteggiati come votanti contribuendo al quorum per rendere il referendum valido. Altre due opzioni sono di non andare proprio a votare oppure, come dice di voler fare Meloni, presentarsi al seggio ma non ritirare la scheda, risultando quindi in ogni caso non votante.
La possibilità di cui parla Meloni è prevista anche nelle istruzioni per gli uffici di sezione pubblicate dal ministero dell’Interno (al punto 17.7), che si basano sulla Costituzione e sulle leggi vigenti per i referendum: un elettore o un’elettrice può presentarsi al seggio, fare le procedure di riconoscimento con i propri documenti e poi rifiutare le schede. Può rifiutarle tutte o solo alcune, visto che si vota contemporaneamente per cinque diversi quesiti: se le rifiuta tutte, non si riceve nemmeno il timbro sulla tessera elettorale e la persona in questione non viene considerata come votante, quindi non contribuisce al quorum. Se invece ritirasse le schede e poi le restituisse al presidente di sezione senza nemmeno passare dalla cabina elettorale, allora le schede si considererebbero nulle, e quindi anche quel “non-voto” contribuirebbe al quorum.
Rispetto al non andare proprio al seggio l’opzione di Meloni ha ovviamente un maggior significato politico e simbolico: è una forma di astensionismo attivo, con cui far capire che si è conoscenza dell’esistenza di un referendum ma che si intende boicottarlo. La decisione di Meloni è coerente con quanto espresso nelle ultime settimane dai suoi alleati politici: il presidente del Senato Ignazio La Russa, di Fratelli d’Italia, ha detto di voler «Fare propaganda affinché la gente se ne stia a casa»; il ministro degli Esteri Antonio Tajani, di Forza Italia, ha parlato di «astensionismo politico».
I partiti di centrosinistra, e ancor più il sindacato della CGIL, che è il principale promotore di 4 dei 5 referendum indetti per l’inizio di giugno, hanno criticato duramente queste prese di posizione: disapprovano soprattutto il fatto che ci siano importanti esponenti delle istituzioni che invitano di fatto all’astensione, cioè al distacco da una pratica democratica tra le più importanti com’è quella del voto.
La campagna per l’astensione in ogni caso è del tutto legittima: gli autori della Costituzione pensarono il quorum al 50 per cento proprio per evitare che una minoranza di persone potesse esercitare un’influenza troppo grande, o che un gruppo di interesse ristretto cercasse di modificare a proprio vantaggio specifici articoli di legge, peraltro su materie tecniche e controverse come lo sono spesso quelle dei referendum abrogativi.
È insomma previsto che le persone scelgano liberamente se partecipare attivamente o meno al voto: infatti anche andando a votare per il “no” si contribuisce di fatto al “sì”, visto che si aiuta il raggiungimento del quorum (e in quel caso è piuttosto probabile che la maggioranza delle persone votanti abbia espresso una preferenza per il sì).
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