Cinque grossi problemi delle carceri italiane
Alcuni si conoscono da tempo, altri invece sono più recenti e hanno a che fare con riforme introdotte dal governo Meloni

L’associazione Antigone, che si occupa di tutelare i diritti delle persone che si trovano in carcere, ha pubblicato il suo rapporto annuale in cui analizza le condizioni delle carceri italiane e delle persone detenute, fornendo molti dati e testimonianze raccolte sul campo per capirle. Si intitola Senza respiro. I problemi principali sono da anni sempre gli stessi: le carceri sono strapiene, le condizioni dei detenuti peggiorano e il personale (agenti di polizia penitenziaria, educatori, psicologi, mediatori culturali e personale sanitario) è carente.
Ogni due mesi si potrebbe riempire un nuovo carcere
Il 30 aprile del 2025 le persone detenute erano 62.445, a fronte di una capienza regolamentare pari a 51.280 posti. Poiché le carceri italiane hanno una capienza media di circa 300 posti, scrive Antigone, la popolazione detenuta sta crescendo dell’equivalente di un nuovo carcere ogni due mesi.
Il tasso di affollamento ufficiale sarebbe del 121,8 per cento, ma poiché i posti non disponibili per inagibilità o ristrutturazioni sono almeno 4.500, il tasso medio effettivo di affollamento è almeno del 133 per cento. Andando a vedere i dati per struttura risulta che delle quasi 190 carceri italiane quelle non sovraffollate sono solo 36, mentre quelle con un tasso di affollamento uguale o superiore al 150 per cento sono 58. L’istituto più affollato è Milano San Vittore: 220 per cento.
L’affollamento, spiega Antigone, è alimentato in larga parte dalla recidiva, «che rappresenta il fallimento sistemico del carcere come strumento di risocializzazione». La mancanza di personale adeguato impedisce di fatto lo sviluppo di percorsi efficaci, favorendo il ritorno in carcere di chi, una volta liberato, non ha avuto reali opportunità di reinserimento.
Ci sono sempre più detenuti giovani e minorenni
Sono molto aumentate le persone detenute che Antigone definisce «giovanissime» e che hanno tra i 18 e i 24 anni (del 6,4 per cento nel 2024). È un problema non indifferente, perché per la mancanza di spazio è difficile garantire la separazione tra adulti e giovani adulti che sarebbe prevista per legge, e perché gli istituti generalmente non hanno un’offerta di attività e di sostegno specifica per questi ragazzi.
Degli istituti penali per minorenni, invece, 9 su 17 sono sovraffollati: è un dato che non si era mai registrato prima del “decreto Caivano” approvato dal governo di Giorgia Meloni nel settembre 2023. Il decreto aveva l’obiettivo di contrastare la criminalità minorile: di fatto ha introdotto pene più severe e reso più facile per i minori finire in carcere, soprattutto perché ha ampliato la possibilità di applicazione della custodia cautelare per i minorenni e ridotto l’uso delle alternative al carcere.
– Leggi anche: Ora in Italia anche le carceri minorili sono sovraffollate
I suicidi e gli atti di autolesionismo sono molto aumentati
Nel 2024 l’autolesionismo è aumentato del 4,1 per cento rispetto al 2023, mentre i tentativi di suicidio sono cresciuti del 9,3 per cento. Gli istituti in cui si sono verificati più tentativi di suicidio sono quelli sovraffollati.
Nel 2024 si sono suicidate almeno 91 persone che si trovavano in carcere, il dato più alto mai registrato. Tra gennaio e maggio del 2025 sono state almeno 33. Il sovraffollamento, la mancanza di personale e servizi, gli spazi chiusi e la difficoltà di gestire le persone con fragilità incidono fortemente sulla sopportabilità della vita in carcere, che ha un impatto molto negativo anche sugli agenti di polizia penitenziaria.
Le carceri sono sempre più chiuse, i detenuti sempre più isolati
Antigone spiega che negli ultimi anni sono aumentati i numeri dei provvedimenti di isolamento disciplinare, con la conseguente esclusione dei detenuti dalle attività in comune: è stata una delle principali risposte repressive che gli istituti penitenziari hanno messo in atto dopo le proteste avvenute in carcere all’inizio della pandemia.
Sono aumentate anche le chiusure, cioè le celle chiuse per tutta la giornata eccetto le 4 ore d’aria previste. Antigone scrive che si sono progressivamente moltiplicati gli spazi di isolamento, spesso ricavati da una riconversione di altri spazi interni al carcere come infermerie e stanze di prima accoglienza. Oggi sono in isolamento anche soggetti che dovrebbero stare nelle sezioni comuni, ma che finiscono lì per mancanza di spazi. Sono in isolamento anche le persone che – spesso a causa di fragilità psichiche – non riescono a inserirsi nei processi di convivenza con le altre persone detenute.
Per Antigone il 2024 è «l’anno in cui il carcere si è realmente chiuso», è l’anno cioè in cui in base a una circolare del ministero della Giustizia del 2022, si è imposto il modello a custodia chiusa, confermato poi da una circolare del febbraio del 2025. Le celle non sono aperte per almeno 8 ore al giorno nel 47,2 per cento delle sezioni, il dato più alto registrato negli ultimi sei anni. Questo significa che il 60,55 per cento delle persone attualmente detenute all’interno delle carceri italiane è sottoposto a custodia chiusa.
I dati dimostrano che non c’è alcuna evidenza che le crescenti chiusure abbiano prodotto maggiore sicurezza. Vale semmai il contrario: la repressione usata come risposta agli incidenti che in carcere avvengono quotidianamente si accompagna a una crescita delle conflittualità. Il nuovo reato di “rivolta in carcere” introdotto dal governo con il “decreto Sicurezza” potrebbe peggiorare la situazione.
Mancano persone che lavorino in carcere
In generale il rapporto mostra quanto il personale che lavora dentro al carcere con vari ruoli sia carente: sono agenti di polizia penitenziaria, educatori, psicologi, mediatori culturali e personale sanitario. A maggio del 2025 gli educatori ed educatrici erano 963, a fronte dei 1.040 previsti. Manca il 16 per cento degli agenti di polizia penitenziaria previsti. In totale il personale effettivamente presente è di 30.964 persone su 34.162 previste.
Sia per gli educatori che per il personale di polizia penitenziaria c’è una situazione di disomogeneità di organico sul territorio nazionale. Ci sono situazioni di grave carenza, ma anche istituti dove il numero di agenti è uguale o superiore a quello dei posti previsti.



