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  • Giovedì 22 maggio 2025

La disastrosa operazione della polizia marsigliese per catturare un narcotrafficante

Gli agenti volevano attirarlo con 360 chili di cocaina: non ci sono riusciti, e se la sono tenuta, gestendola in modo molto spregiudicato

Un pattugliamento della polizia a Marsiglia (Arnold Jerocki/Getty Images)
Un pattugliamento della polizia a Marsiglia (Arnold Jerocki/Getty Images)
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Un tentativo di arrestare un potente criminale di Marsiglia da parte della locale dell’agenzia antidroga della polizia francese è finito con due agenti condannati per traffico di droga. Tutto sommato si tratta di conseguenze lievi, data la spregiudicatezza con cui è stato gestito il caso, a vari gradi gerarchici dell’agenzia. Il quotidiano francese Le Monde, che ha avuto accesso ai documenti delle indagini interne della polizia, ha ricostruito la vicenda della cosiddetta opération Trident.

L’obiettivo dell’operazione era Mohamed Djeha, una delle figure più rilevanti del traffico di droghe illegali a Marsiglia, una città da cui transitano molte di quelle che arrivano in Francia, ricercato dal 2018. Al tempo, nel 2023, la piazza di spaccio che gestiva nel quartiere La Castellane era considerata una delle più redditizie di tutto il paese. L’OFAST, l’agenzia della polizia francese per il contrasto al traffico di droga, ideò una finta consegna di droga per attirarlo allo scoperto e catturarlo, anche grazie a una soffiata della sua controparte statunitense, la DEA.

La DEA passò all’OFAST delle informazioni secondo cui circa 200 chili di cocaina sarebbero dovuti arrivare a Marsiglia a bordo di una nave cargo partita dalla Colombia, nascosti in due grossi carichi di banane. Gli agenti del Gruppo 8 dell’OFAST di Marsiglia anziché organizzarsi per sequestrare il carico e basta pensarono di usarlo per ingannare Djeha: l’agenzia intendeva impossessarsi della cocaina, proporre agli intermediari di Djeha un grosso acquisto per attirarlo allo scoperto e quindi arrestarlo. L’operazione ricevette il nome in codice Trident, e fu autorizzata dai loro superiori, ma le cose non andarono come previsto.

I primi intoppi si verificarono già prima dell’arrivo della nave a Marsiglia: uno sciopero dei portuali della città fece sì che la nave attraccasse a Barcellona, in Spagna, e non a Marsiglia. Il carico di cocaina fu caricato su un’altra nave e infine arrivò in città. Pesava 360 chili, molti di più di quanto gli agenti si aspettavano. Dopo una settimana di sorveglianza nel porto, fu scaricata a terra e portata in un magazzino in campagna. Qui venne presa da intermediari connessi all’OFAST e messa nel retro di un furgone coi vetri oscurati, su cui venne portata a Marsiglia. Il furgone venne lasciato in un parcheggio all’aperto in periferia.

Agenti di polizia nel quartiere La Castellane a Marsiglia (Laurent Coust/ABACAPRESS.COM)

Il gruppo criminale di Djeha però per qualche motivo non era interessato ad acquistare la cocaina che gli veniva offerta dagli informatori e dai collaboratori sotto copertura dell’OFAST. Forse avevano intuito l’inganno, nonostante la grande riservatezza degli agenti, che rivelarono poche informazioni persino ai loro superiori.

Il tentativo di catturare Djeha era quindi sfumato, ma anziché inscenare un sequestro e sbarazzarsi della cocaina, il Gruppo 8 dell’OFAST locale decise di servirsene per cercare di arrestare altre persone. I 360 chili, sempre conservati nel furgone, divennero così una specie di capitale da cui gli agenti dell’OFAST attingevano cocaina da fornire ai propri informatori per organizzare scambi con persone coinvolte nel traffico di droghe illegali a Marsiglia ma anche in altre zone della Francia, per poi arrestarle. Secondo l’ufficio anti-corruzione della polizia che indagò sull’operazione una volta conclusa, gli agenti si comportarono come se fossero i legittimi proprietari della cocaina, e dovessero venderla al più presto.

Questa fretta si tradusse nel tentativo di fornire la cocaina a più trafficanti possibili, anche lontano da Marsiglia, nel tentativo di identificarli e poi incriminarli, e a cercare di convincere gli informatori a venderne la quantità maggiore che potevano. In un paio di settimane nove diversi gruppi di trafficanti, provenienti da diverse zone della costa sud della Francia, prelevarono cocaina dal furgone per rivenderla nei loro territori di provenienza, finendo nel frattempo sotto la sorveglianza della polizia. Il problema, per gli agenti del Gruppo 8, è che se ne andavano sempre con una quantità ridotta di droga. Finirono così per mettersi in contatto con altri agenti che lavoravano più lontano: fino a Mulhouse, una città al confine con la Germania, a 500 chilometri da Marsiglia.

L’atmosfera negli uffici dell’OFAST di Marsiglia si fece tesa, come raccontato da diversi membri all’IGPN, l’ufficio che indagò sull’operazione. Il carico di cocaina venne gestito con grande riservatezza dagli agenti del Gruppo 8, gli ideatori dell’operazione, noti solo con il grado e l’iniziale: brigadiere G. e maggiore D.; e dal loro diretto superiore, il capitano P. Per l’operazione il capitano non faceva rapporto al suo superiore, il comandante della divisione, ma direttamente al direttore dell’ufficio marsigliese dell’OFAST. Il comandante confermò all’IGPN di essere stato tenuto all’oscuro delle attività dei suoi sottoposti.

Agenti di polizia perquisiscono una macchina a Marsiglia (AP Photo/Claude Paris)

La direzione dell’OFAST, che ha sede a Nanterre, vicino a Parigi, inviò alcuni agenti dagli uffici centrali a Marsiglia per assistere il dipartimento locale a gestire un grosso aumento degli omicidi legati al traffico di droghe illegali. Da Nanterre non vedevano di buon occhio l’operazione Trident, che però venne comunque lasciata proseguire per alcune settimane.

Il 12 aprile 2023 però un informatore dell’OFAST coinvolto nell’operazione, che stava portando a casa della cocaina, venne aggredito in strada da un gruppo di uomini col volto nascosto, che lo picchiarono e minacciarono e si presero la cocaina per poi ripartire. L’incidente spinse la direzione dell’OFAST a ritirare il proprio sostegno e alcuni membri del ramo marsigliese a chiedere l’interruzione dell’operazione. Un comandante disse al commissario a capo della divisione che sequestrando la cocaina ancora contenuta nel furgone e arrestando le persone che avevano comprato il resto l’operazione comunque non sarebbe stata vana. Il commissario non acconsentì, e Trident proseguì.

Il 27 aprile la polizia giudiziaria marsigliese (di cui l’OFAST locale fa parte) decise di sospendere l’operazione. E qui inizia una fase ancora più incredibile dell’operazione.

Quella notte il tracciatore satellitare sul furgone carico di cocaina indicò sorprendentemente che il mezzo venne spostato in una zona residenziale dove era impossibile per la polizia sorvegliarlo direttamente. Venne quindi installata una telecamera, che secondo l’IGPN fu l’unico dispositivo di sorveglianza a essere regolarmente autorizzato da un magistrato nell’ambito dell’operazione.

L’avvenimento spinse l’allora capo dell’OFAST a chiedere l’interruzione dell’operazione, che però il magistrato che seguiva il caso non concesse. Il furgone rimase abbandonato per cinque giorni, e poi venne rimosso dalla polizia municipale come un qualsiasi veicolo abbandonato. Rimase quindi per due mesi in un parcheggio di Marsiglia prima di essere ispezionato dalla polizia, che però controllò solo l’abitacolo, perché non aveva il telecomando per aprire il portellone posteriore dietro a cui si trovava la cocaina. Questo venne aperto solo ad agosto: dentro c’era meno di un chilo di droga, una quantità incompatibile con le modeste quantità prelevate dagli informatori. In qualche modo, nonostante la sorveglianza del furgone mancavano 359 chili di cocaina, molti dei quali spariti senza che la polizia se ne accorgesse.

Per diversi mesi la cosa non causò provvedimenti disciplinari, finché alla fine del 2023 un fabbro e riservista della polizia che collaborava strettamente con l’OFAST non si rivolse al commissario a capo degli uffici marsigliesi dell’agenzia. Il fabbro, il cui nome non è stato reso pubblico, vide in prima persona diverse delle pratiche più problematiche del Gruppo 8, fra cui la consegna di un pacco di contanti al maggiore D. Insospettito dal comportamento di alcuni agenti, registrò video, audio e foto, che divennero preziosissimi nell’indagine dell’ufficio anticorruzione sull’operazione.

Agenti di polizia nel quartiere La Castellane in occasione di una visita del presidente Emmanuel Macron il 19 marzo 2024 (Christophe Ena/Pool/ABACAPRESS.COM)

L’IGPN scoprì quindi quelle che considerò prove della gestione totalmente illegale dell’operazione: calcolò che gli agenti trasferirono fra gli 80 e i 100 chili di cocaina ai propri informatori, alcuni dei quali non inquadrati ufficialmente come tali, come ricompensa, al di fuori di ogni parametro legale. Secondo l’indagine dell’IGPN le pratiche illecite degli agenti erano tollerate e validate dai loro superiori. Secondo la procura, che ha assunto il caso dopo la fine dell’indagine dell’IGPN, le azioni degli agenti avvennero al di fuori del controllo gerarchico. L’indagine quindi non è stata estesa ai loro superiori.

Il processo è iniziato ad aprile e non si è ancora concluso. Per ora sono stati incriminati solo due informatori, accusati di traffico di droga, e due agenti, il brigadiere G. e il maggiore D, accusati di traffico di droga organizzato, riciclaggio, associazione a delinquere, falso e sorveglianza illegale. I quattro sono incarcerati in attesa di giudizio.

Nonostante il clamoroso fallimento dell’operazione Trident, che non portò a nessun arresto a Marsiglia, Mohamed Djeha, il trafficante obiettivo iniziale dell’operazione, venne comunque arrestato nel giugno del 2023. Non fu catturato però dalla polizia francese, ma da quella algerina, vicino a Orano. Per quel che se ne sa, si trova ancora in carcere in Algeria.

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