Come Alba e Alice Rohrwacher sono arrivate fin qui

E fino a Cannes, dove l'attrice e la regista italiane in questi giorni fanno parte di due diverse giurie

(Vittorio Zunino Celotto/Getty Images)
(Vittorio Zunino Celotto/Getty Images)
Caricamento player

Quest’anno al Festival di Cannes le sorelle Alba e Alice Rohrwacher sono entrambe state scelte come giurate. Alba, attrice, è nella giuria principale che assegna i premi ai film in concorso e quindi anche la Palma d’Oro; Alice invece è la presidente della giuria che assegna il premio Caméra d’Or al miglior film di un regista esordiente e a cui concorrono le opere prime provenienti da tutte le sezioni di Cannes, non solo da quella principale. Nonostante i film premiati con la Caméra d’Or siano per loro natura meno noti e meno importanti di quelli premiati dalla giuria principale, si tratta comunque di un riconoscimento molto rilevante, il più prestigioso al mondo per un regista esordiente.

La coincidenza della loro presenza in due giurie dello stesso festival rappresenta, in sé, un riconoscimento al loro lavoro, sia individuale che in coppia.

Per buona parte della loro carriera le sorelle Rohrwacher non hanno lavorato insieme. Alba, che ha 46 anni ed è più grande di tre anni, ebbe successo molto presto. Si era diplomata al Centro Sperimentale di Cinematografia nel 2003 e già nel 2004 ebbe un piccolo ruolo in un film di rilievo nazionale, L’amore ritrovato di Carlo Mazzacurati. Subito fu notata dal cinema d’autore. Nel 2005 recitò in Melissa P. di Luca Guadagnino, nel 2006 in Il regista di matrimoni di Marco Bellocchio, nel 2007 in Mio fratello è figlio unico e nel 2008 in Caos calmo, con parti di importanza crescente. Nel 2008 vinse anche il David per la miglior attrice non protagonista in Giorni e nuvole di Silvio Soldini. Il film che cambiò tutto per lei però fu Il papà di Giovanna di Pupi Avati, in cui ha un ruolo da coprotagonista ma quasi al pari del protagonista Silvio Orlando: interpreta una ragazza con problemi di salute mentale. Per questo film, nel 2009, vinse nuovamente il David, stavolta come miglior attrice principale. Fu quello il momento in cui iniziò la sua carriera da protagonista.

Alice Rohrwacher invece non ha frequentato scuole di cinema convenzionali: ha iniziato a lavorare sui set nel 2005, come sceneggiatrice e direttrice della fotografia di documentari, realizzandone uno suo breve all’interno di un film collettivo intitolato Checosamanca, nel 2006. Tra questa prima regia e il suo esordio nel lungometraggio di finzione passarono tre anni, durante i quali lavorò anche come montatrice. Quindi, quando nel 2011 completò il suo esordio, Corpo celeste, non sembrava un’opera prima ma un lungometraggio di un regista di esperienza. Fu selezionato dalla Quinzaine des Réalisateurs di Cannes di quell’anno e, nonostante nessuno la conoscesse e il film venisse presentato fuori concorso, il giorno della proiezione la sua locandina fu sulla copertina dei giornali stampati quotidianamente per il pubblico del festival. Quello della copertina dei giornali di trade, che servono a pubblicizzare i film in vendita al mercato, è uno spazio a pagamento, ma fu comunque il segno che chi doveva venderlo aveva capito che era un film su cui investire.

Le quattro presidenti di giuria a Cannes: Maren Ade, Juliette Binoche, Alice Rohrwacher e Molly Manning Walker (Stephane Cardinale – Corbis/Corbis via Getty Images)

Nel 2014 Alice Rohrwacher arrivò al concorso principale di Cannes con un film per la prima volta fatto insieme alla sorella: Le meraviglie. Racconta, in un certo senso, qualcosa di vicino alla storia della loro infanzia e formazione. I protagonisti appartengono a una famiglia che vive rifiutando la modernità e dedicandosi all’apicoltura finché, a rompere l’equilibrio della loro vita, non arrivano un adolescente e un programma televisivo. Anche la famiglia di Alba e Alice Rohrwacher era composta da apicoltori nomadi, e il padre è tedesco (come nel film).

C’è quindi una componente fortemente biografica nel tipo di vita e di situazioni raccontate e nei sentimenti provati dalle bambine protagoniste del film, di cui Alba interpreta la madre. L’immagine più celebre del film, presente anche nel poster, una bambina che tiene pacificamente un’ape nella bocca semichiusa e poi la fa uscire e camminare sul suo viso, è un trucco che le sorelle Rohrwacher avevano imparato con le loro api. Quella è anche una delle invenzioni visive che meglio riassumono lo stile e la poetica di Alice Rohrwacher: lo stupore di fronte a un’altra idea di vita e il rapporto con l’ambiente.

Le meraviglie vinse il Gran Premio della Giuria, evento raro per un secondo lungometraggio. Le fu consegnato dalla presidente di giuria di quell’anno Jane Campion, che lo amò molto. Qualcosa di simile accadde anche nel 2018, quando Alice Rohrwacher era in gara col suo terzo film, Lazzaro felice, e la presidente di giuria Cate Blanchett le assegnò il premio per la miglior sceneggiatura. La scrittura non era proprio il punto forte del film, tanto che lei stessa nel ritirare il premio si disse stupita che fosse stata premiata una sceneggiatura «bislacca». Anche in quel film recitava la sorella Alba, e fece parte del cast in quello ancora successivo (l’ultimo per il momento), La chimera, e in un cortometraggio del 2022 che Alice Rohrwacher ha girato per Disney+, intitolato Le pupille, tratto da una lettera che Elsa Morante scrisse a Goffredo Fofi. Inoltre Alice ha diretto alcuni episodi della seconda stagione di L’amica geniale, serie in cui la sorella Alba è presente dall’inizio come voce narrante e poi come attrice protagonista.

L’insieme di questi lavori, la grande risonanza internazionale ottenuta grazie a Cannes e ai premi vinti, e infine lo stile delle due sorelle, le rendono oggi due dei nomi del cinema italiano più rilevanti a livello internazionale. Alice, nonostante in Italia fatichi a trovare un pubblico più ampio degli appassionati di cinema, è considerata un talento affermato. I suoi film raccontano molto spesso storie che esplorano sottoboschi e piccole comunità poco note o marginali, di frequente con un rapporto particolare e molto viscerale con la natura, e il contrasto tra questi stili e una società che fatica ad accettarli.

Nei film di Alice Alba ha interpretato ruoli diversi ed è stata sia protagonista che antagonista (per esempio in La chimera), ma questo interesse per il racconto di storie che mostrano come si può vivere senza aderire ai modelli sociali più diffusi, e quanto possa essere complicato, è una cosa che le ha sempre accomunate.

Più importante della trama nei film di Alice è lo stile. I dieci anni trascorsi dal suo esordio sono bastati perché influenzasse molti altri cineasti. Il regista finlandese Juho Kuosmanen, autore di uno dei film più amati degli ultimi anni, Scompartimento n. 6 (vincitore del Grand Prix a Cannes nel 2021), ha raccontato di averle chiesto consiglio su come manipolare i colori per ottenere anche lui l’effetto che riesce a creare. I registi italiani Alessio Rigo de Righi e Matteo Zoppis, in questi giorni a Cannes con il film Testa o croce, hanno esordito con un film intitolato Re Granchio che trae chiaramente ispirazione dall’estetica di Alice Rohrwacher. Infine Hélène Louvart, la direttrice della fotografia con cui Alice Rohrwacher collabora sempre e che ha una carriera da ben prima, è oggi molto richiesta da numerosi cineasti italiani. Proprio con uno di questi ha vinto un premio al Festival di Berlino, per la fotografia del film Disco Boy.

Halle Berry, Jeremy Strong, Juliette Binoche e Alba Rohrwacher (Samir Hussein/WireImage)

Alba invece è regolarmente presente nei film italiani pensati per una distribuzione europea o internazionale, come quelli di suo marito Saverio Costanzo, di Nanni Moretti, di Laura Bispuri o di Daniele Luchetti. Insieme a Toni Servillo, Valeria Golino e Pierfrancesco Favino, è una delle poche attrici italiane con una carriera che possa dirsi internazionale. Non tanto per la partecipazione a film stranieri (cosa che comunque non capita spesso ad attori italiani), quanto per il fatto che i film a cui prende parte vengono acquistati in tutto il mondo: tra gli appassionati di cinema gode di una notorietà che non è solo italiana. Il suo stile di recitazione è molto minimalista: riesce a trasmettere molto con poche espressioni e una grande economia di gesti. Ha interpretato una vasta gamma di ruoli: ragazze introverse ma anche troppo estroverse, madri, figlie, donne controcorrente e altre perfettamente integrate. Il film che forse meglio di tutti dimostra ciò che la distingue dalle altre attrici e quanto sia capace di essere importante per i film in cui recita è La solitudine dei numeri primi, del 2010, in cui attraversa diverse età, trasformazioni fisiche e stati d’animo con una intensità non comune e tenendo testa all’altro attore protagonista del film: Luca Marinelli.