Sufjan Stevens sta bene, dopo «due anni di merda»

In una rara intervista, il cantautore statunitense ha raccontato come ha recuperato un po' di serenità dopo un periodo difficile

(Roberto Ricciuti/Redferns)
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Mercoledì Vulture ha pubblicato una lunga intervista al musicista statunitense Sufjan Stevens, che ha 49 anni ed è uno dei più importanti e rispettati cantautori della musica indipendente americana degli ultimi decenni. È una cosa che non succede spesso: Stevens è notoriamente piuttosto riservato e poco incline a parlare con la stampa. Da un paio d’anni è diventato ancora più chiuso a causa di un periodo molto difficile: nell’aprile del 2023 morì il suo compagno, Evans Richardson IV, e poco dopo gli venne diagnosticata la sindrome di Guillain-Barré, una malattia neurologica grave che porta alla paralisi progressiva delle gambe e delle braccia.

Da allora aveva parlato molto poco di sé, limitandosi a pubblicare qualche sporadico aggiornamento sul suo blog personale, dove aveva anche mostrato una parte del suo percorso di fisioterapia.

La parte iniziale dell’intervista si è soffermata soprattutto sulla ristampa di Carrie & Lowell, il suo settimo album, tra i più celebri e acclamati della carriera, che uscirà il 30 maggio in occasione del decimo anniversario del disco: conterrà alcune canzoni inedite, un album fotografico e un saggio di Stevens dedicato a sua madre, la Carrie che dà il titolo all’album, che morì nel 2012.

Stevens ha raccontato che al momento non ha intenzione di tornare a suonare dal vivo, ma che sta iniziando a «vedere la luce» e a ritrovare un po’ di serenità. «Sto bene, sto bene. Sono stati due anni di merda, ma sto bene», ha detto.

In questo periodo si sta dedicando ad «attività quotidiane, ordinarie e banali, cose da adulto insomma». Ha sviluppato una certa passione per il giardinaggio e i lavori manuali, passatempi che in passato aveva sempre trascurato: «l’altro giorno ho dovuto sostituire una pompa per la raccolta dell’acqua, rifare le piastrelle della cucina, comprare degli elettrodomestici e occuparmi delle piantine che ho in garage», ha raccontato in tono divertito. «È bello poter dedicare il mio tempo a queste cose, ora come ora».

Stevens continua anche a occuparsi di musica, ma in modo un po’ diverso: gran parte delle sue giornate è assorbita dalla gestione di Asthmatic Kitty, la casa discografica che fondò nel 1999 insieme al suo patrigno Lowell Brams, che negli ultimi tempi ha dovuto ridurre il proprio impegno a causa della vecchiaia. «Ho lavorato alla musica di altri quest’anno, non alla mia. Credo che il mio tempo debba essere messo al servizio degli altri. Va bene così, è un dovere», ha detto.

Sufjan Stevens in concerto a Barcellona, nel 2015 (Jordi Vidal/Redferns)

Nato nel 1975 a Detroit, Stevens cominciò a farsi notare nel 2000 con A Sun Came, un disco grezzo ma che dava già qualche indicazione dello stile che lo avrebbe reso famoso negli Stati Uniti. La sua musica si ispira al folk tradizionale americano ma include anche l’elettronica e il pop orchestrale, e i suoi testi sono quasi sempre introspettivi: combinano elementi autobiografici, simbolismo religioso e vari riferimenti alla cultura pop americana.

Nei primi anni Duemila raggiunse il successo con due dischi molto apprezzati dalla critica, Michigan (2003) e Illinois (2005), album molto ambiziosi e ispirati a un’idea mai davvero portata a termine: quella di dedicare un disco a ciascuno degli stati americani.

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Il suo lavoro più conosciuto e apprezzato è per l’appunto Carrie & Lowell, un disco acustico e molto intimo dedicato all’elaborazione del lutto per la morte di sua madre. Il suo ultimo disco, Javelin, uscì nell’ottobre del 2023: è un lavoro personale e malinconico, in cui tornano molti dei temi ricorrenti della sua carriera, come la perdita, la memoria e l’identità.

Oltre alla sua produzione da solista, Stevens ha collaborato con altri musicisti in progetti come Sisyphus, gruppo fondato insieme al musicista Son Lux e al rapper Serengeti e dedicato all’hip hop sperimentale. Ha inoltre contribuito alla colonna sonora del film Chiamami col tuo nome (2017), ottenendo una candidatura all’Oscar per la canzone “Mystery of Love”.

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