C’è un primo ricorso alla Corte costituzionale sul nuovo codice della strada
È stata messa in dubbio in particolare la norma molto contestata che punisce chi usa sostanze stupefacenti

L’8 aprile la giudice per le indagini preliminari del tribunale di Pordenone Milena Granata ha chiesto alla Corte costituzionale di valutare la legittimità del nuovo codice della strada, in particolare la contestata norma che punisce chi usa sostanze stupefacenti.
Lo ha fatto su richiesta di un magistrato, Enrico Pezzi, che aveva chiesto di condannare una donna risultata positiva agli oppioidi dopo un incidente stradale. La donna aveva spiegato al magistrato di non aver mai assunto sostanze stupefacenti, ma di essere in cura con un antinfiammatorio e di aver preso un ansiolitico subito dopo l’incidente. Il magistrato non aveva potuto chiedere l’archiviazione per via delle norme contenute nel nuovo codice della strada e per questo aveva sollecitato la giudice a inviare il caso alla Corte costituzionale per chiarire se il nuovo codice della strada rispetti la Costituzione.
Il punto centrale della questione, di cui si è molto discusso nei mesi scorsi, è che la riforma del codice della strada ha eliminato le parole “stato di alterazione psico-fisica” dalle sanzioni relative alla guida dopo aver assunto sostanze stupefacenti: basta quindi un test positivo per vedersi sospendere la patente, anche giorni dopo aver assunto la sostanza. Ora la procedura seguita da carabinieri e polizia prevede l’utilizzo di un test salivare per accertare la positività, e successivamente l’invio di campioni di saliva a un laboratorio per confermare l’assunzione. Non serve più la visita di un medico o di una medica per accertare lo stato di alterazione psico-fisica.
Il problema è che in molti casi le tracce di sostanze stupefacenti rimangono nell’organismo giorni o settimane dopo l’assunzione: molto dipende dalla dose assunta, dalla frequenza d’uso e dal metabolismo.
La vicenda di Pordenone è esemplare. In seguito a un incidente stradale da lei provocato, una donna era stata ricoverata in ospedale dove aveva assunto tre gocce di ansiolitico EN (il principio attivo è il delorazepam) e aveva detto di essere in cura con Tachidol, un antidolorifico a base di codeina, per trattare una malattia cronica.
Le analisi tossicologiche fatte su un campione di urine avevano rilevato una positività agli oppioidi, mentre le analisi del sangue avevano dato un risultato negativo. In base alle nuove regole del codice della strada, che non fanno distinzione sul tipo di test, il magistrato ha chiesto un decreto penale di condanna per guida sotto effetto di sostanze stupefacenti.
Nella richiesta inviata alla Corte costituzionale, la giudice Granata ha messo in dubbio i principi di ragionevolezza e proporzionalità previsti dalla Costituzione: secondo la giudice, le nuove regole sono irragionevoli perché sproporzionate rispetto allo scopo di tutelare la sicurezza stradale. Il codice, insomma, punisce una serie di comportamenti – come l’uso personale di sostanze, non vietato dalla legge – che non c’entrano con la finalità della legge.
Anche il magistrato Pezzi ha sottolineato come le nuove regole equiparino condotte sanzionabili, come l’uso di sostanze prima di mettersi alla guida, e altre che sono del tutto estranee agli obiettivi, come l’assunzione di sostanze diversi giorni prima di guidare oppure l’assunzione di oppioidi a scopo terapeutico.
Già a gennaio la società italiana di psichiatria aveva scritto al ministero dei Trasporti per chiedere un’esenzione o una deroga specifica riservata alle persone che assumono psicofarmaci. «Questo provvedimento rischia di ingenerare confusioni pericolosissime per i milioni di italiani in cura con trattamenti psicofarmacologici», avevano scritto gli psichiatri.
La richiesta della giudice Granata sarà valutata dalla Corte costituzionale, chiamata innanzitutto a stabilire se la domanda sia ammissibile oppure no. In caso di accoglimento, i giudici valuteranno nel merito la questione e stabiliranno se il nuovo codice della strada rispetta la Costituzione. Non si sa quanto tempo servirà per arrivare a una decisione.



