Il Myanmar ha liberato quasi 5mila detenuti e prigionieri politici per l’inizio del nuovo anno birmano

Persone che accolgono i detenuti liberati a bordo di alcuni autobus fuori dal carcere di Insein a Yangon, Myanmar, 17 aprile 2025 (AP Photo/Thein Zaw)
Persone che accolgono i detenuti liberati a bordo di alcuni autobus fuori dal carcere di Insein a Yangon, Myanmar, 17 aprile 2025 (AP Photo/Thein Zaw)

La giunta militare al governo in Myanmar ha graziato 4.893 detenuti in occasione dell’inizio dell’anno nuovo nel calendario tradizionale birmano. Secondo un organismo di controllo indipendente tra di loro ci sono almeno 22 detenuti politici. Le persone liberate hanno lasciato il carcere di Insein a Yangon – la città più grande del paese – a bordo di alcune decine di autobus, per poi essere accolte da parenti e amici fuori dalla struttura. In un comunicato, la tv di stato MRTV ha detto che verranno liberate e rimpatriate anche tredici persone straniere.

È frequente che la giunta del Myanmar liberi migliaia di persone in occasione di eventi particolarmente significativi: nel 2024 per esempio ne aveva graziate quasi 10mila nel 76esimo anniversario dell’indipendenza dal Regno Unito. La giunta ha detto che le persone sono state graziate «per partecipare al processo di costruzione del paese, per la serenità delle persone e per compassione»; ha aggiunto che la condanna di altre persone detenute verrà ridotta di un sesto, con l’eccezione di quelle che hanno commesso reati gravi come stupro, omicidio, associazione a delinquere e terrorismo.

Il Myanmar si trova nel sud-est asiatico, ha 51 milioni di abitanti e lo scorso 28 marzo è stato colpito da un devastante terremoto che secondo i dati ufficiali ha ucciso più di 3.600 persone e causato un numero imprecisato di dispersi. La giunta che ha preso il controllo del paese con un colpo di stato nel 2021 lo ha reso un paese debole, diviso ed estremamente isolato dall’estero. Da allora peraltro è in corso una violenta guerra civile tra l’esercito del paese e milizie di ribelli contrarie alla dittatura militare.

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