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  • Giovedì 17 aprile 2025

Israele è lì per restare

Il governo ha detto che continuerà a occupare pezzi della Striscia di Gaza, del Libano e della Siria, confermando quello che sul campo era evidente da tempo

Soldati israeliani su un carro armato, vicino al confine con la Striscia di Gaza, 12 febbraio 2025
(REUTERS/Amir Cohen)
Soldati israeliani su un carro armato, vicino al confine con la Striscia di Gaza, 12 febbraio 2025 (REUTERS/Amir Cohen)
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Mercoledì il ministro della Difesa israeliano Israel Katz ha detto che l’esercito israeliano rimarrà nei pezzi di Striscia di Gaza, Libano e Siria che ha occupato nell’ultimo anno e mezzo, a prescindere da quello che succederà (quindi anche se dovessero essere trovati accordi per mettere fine alle guerre in corso). In sostanza ha confermato a parole quello che già da tempo si è visto sul campo: soprattutto nei territori di confine, l’esercito sta distruggendo edifici, asfaltando strade e costruendo strutture militari. Insomma sta ponendo i presupposti per rimanerci a lungo termine.

Non è chiarissimo quanto territorio Israele abbia occupato in questo modo, anche perché queste zone sono di fatto inaccessibili per i civili e i giornalisti. Un esperto dell’università Ben Gurion di Gerusalemme contattato da Associated Press sostiene che Israele abbia occupato militarmente almeno il 50 per cento della Striscia. L’ufficio delle Nazioni Unite per gli Affari umanitari stima che il 69 per cento della Striscia di Gaza sia sottoposto a ordini di evacuazione da parte dell’esercito israeliano o sia inaccessibile per i civili palestinesi.

Fin dall’inizio dell’invasione della Striscia di Gaza, in seguito agli attacchi di Hamas del 7 ottobre 2023, Israele aveva creato una cosiddetta “zona cuscinetto” nello spazio di confine tra Israele e la Striscia.

In un primo momento la “zona cuscinetto” si estendeva dentro al territorio della Striscia per circa 300 metri. Con il proseguire della guerra si è espansa gradualmente e lo scorso marzo, dopo la fine del cessate il fuoco e la ripresa degli attacchi israeliani sulla Striscia, è arrivata a raggiungere la periferia di due importanti città: Gaza, a nord, e Rafah, a sud. Una cittadina nel nord della Striscia, Beit Hanun, è stata totalmente inglobata. Parlare di “zona cuscinetto” insomma è ormai improprio.

Qualche giorno fa l’associazione Breaking the Silence, che raduna ex membri delle forze armate israeliane, ha pubblicato un rapporto sulle esperienze dei soldati nelle “zone cuscinetto”. Diversi di loro raccontano di avere ricevuto ordini molto precisi dai propri superiori: distruggere tutto quello che si trovavano di fronte. «Edifici residenziali, serre, capanne, fattorie: tutto doveva essere abbattuto», ha detto per esempio un sergente maggiore, rimasto anonimo come tutte le persone citate nel rapporto. «Era questo l’ordine. L’indicazione era che non dovesse rimanere in piedi nulla tranne le scuole dell’UNRWA e i piccoli impianti idrici». L’UNRWA è l’agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di fornire assistenza umanitaria ai profughi palestinesi.

Un altro sergente sentito da Breaking the Silence ha detto che prima in alcuni punti delle “zone cuscinetto” accanto alla Striscia c’erano «campi coltivati o boschetti». Dopo il passaggio dell’esercito israeliano, sono rimaste «sabbia, dune e distruzione». «Mi era molto chiaro quello che stava succedendo, stavamo rosicchiando pezzi della Striscia», ha aggiunto.

Alcuni mezzi corazzati israeliani fotografati dentro la Striscia di Gaza (AP Photo/Ariel Schalit)

Israele sostiene che le zone cuscinetto servano per motivi di sicurezza e per prevenire possibili attacchi in territorio israeliano. È la stessa argomentazione che negli anni ha usato per giustificare l’occupazione illegale di vaste aree della Cisgiordania, un territorio che secondo la stragrande maggioranza della comunità internazionale apparterrebbe ai palestinesi. Oggi nelle colonie israeliane costruite nei territori occupati in Cisgiordania vivono più di 500mila persone.

– Leggi anche: Cosa sono le colonie israeliane