Gli Stati Uniti potranno riprendere le espulsioni dei venezuelani, per ora
In seguito a una decisione della Corte Suprema che però consentirà nuove e maggiori contestazioni legali in futuro

La Corte Suprema degli Stati Uniti ha deciso che l’amministrazione di Donald Trump potrà continuare almeno per ora a usare una legge di guerra del Settecento per espellere dal paese i migranti venezuelani che sospetta essere membri di gang criminali. La legge era stata usata nelle scorse settimane per espellere senza processo alcune centinaia di venezuelani che erano stati portati in un carcere di massima sicurezza in El Salvador, dove le violazioni dei diritti umani sono sistematiche. La pratica era stata bloccata successivamente da un giudice della corte federale di Washington, e questo aveva provocato un grosso contrasto con il governo.
L’amministrazione Trump potrà riprendere le espulsioni, ma non potrà più farlo senza processo: la Corte ha deciso che, prima di essere espulsi, i venezuelani devono avere tempo a sufficienza per fare ricorso presso un tribunale statunitense. Ci saranno comunque altre controversie legali, perché la decisione della Corte è di fatto una soluzione temporanea, che non dirime le questioni costituzionali.
Alcune settimane fa Trump aveva firmato un ordine esecutivo in cui invocava l’Alien Enemies Act, una legge del 1798 che consente al presidente di espellere persone che appartengono a un paese che si trova in guerra con gli Stati Uniti. Per giustificarne l’utilizzo contro i migranti venezuelani, Trump aveva decretato che le attività delle gang criminali venezuelane negli Stati Uniti fossero un’«invasione» e un «atto ostile», e che questo garantiva la facoltà di espellere persone senza processo.

Prigionieri nel CECOT, il carcere di massima sicurezza in El Salvador dove sono stati inviati i venezuelani (AP Photo/Salvador Melendez, File)
Dopo la partenza dei primi tre aerei di persone espulse, il giudice di Washington James Boasberg aveva bloccato tutto, ritenendo improprio l’utilizzo della legge. La decisione era stata confermata da una corte d’appello. L’amministrazione aveva allora fatto ricorso d’urgenza alla Corte Suprema, sostenendo che il caso presenta «questioni fondamentali riguardo a chi decide come condurre delicate operazioni di sicurezza nazionale in questo paese: il presidente o il giudiziario».
In realtà la Corte non ha davvero deciso. Votando 5 a 4 (cinque giudici conservatori contro tre giudici progressiste e una conservatrice) la Corte ha stabilito soltanto che la sentenza del giudice Boasberg non è valida perché il ricorso è stato fatto nel tribunale sbagliato: non avrebbe dovuto essere presentato a Washington ma in Texas, dove i migranti erano stati detenuti l’ultima volta. La Corte non si è espressa invece sulla costituzionalità dell’applicazione dell’Alien Enemies Act.
Questo ha consentito a Trump di sostenere di avere vinto la disputa, perché le espulsioni potranno formalmente ricominciare: «UN GRANDE GIORNO PER LA GIUSTIZIA IN AMERICA», ha scritto sul suo social Truth. Al tempo stesso anche associazioni come l’American Civil Liberties Union (ACLU, una delle più importanti organizzazioni per i diritti civili) hanno parlato di una «grande vittoria». Gli avvocati che difendono i venezuelani potranno presentare un nuovo ricorso in Texas, cosa che probabilmente aprirà un’altra trafila legale. Soprattutto, i difensori dei diritti civili ritengono molto positivo il fatto che i migranti non potranno più essere espulsi senza possibilità di ricorso: questo cambierà e rallenterà notevolmente tutto il processo di espulsione.
Le quattro giudici che hanno votato contro la sentenza (perché avrebbero voluto mantenere attivo il blocco alla legge deciso dalla corte di Washington) hanno scritto nella loro opinione legale: «Se il governo continuerà a rimuovere anche un solo individuo senza offrirgli comunicazioni anticipate e un’opportunità significativa (di contestare l’espulsione), lo farà in diretta violazione di un decreto della Corte Suprema degli Stati Uniti».



