A Ventimiglia arrivano meno migranti ma in condizioni più gravi
Sono uomini con problemi psicologici e dipendenze gravi, e non sanno dove stare perché mancano i servizi

A Ventimiglia, la città ligure al confine con la Francia, nell’ultimo anno si è aggravata la situazione di vulnerabilità sociale e psicologica delle persone migranti, nonostante siano diminuiti gli arrivi. Ne parla un report pubblicato a fine marzo da un gruppo di associazioni che da anni si occupa delle persone migranti bloccate alla frontiera. La stragrande maggioranza sono uomini soli, che spesso hanno problemi di salute o dipendenze da sostanze. Alcuni sono solo di passaggio, altri invece si fermano per mesi perché vengono respinti dalla Francia, chiedono asilo o aspettano di entrare in un centro di accoglienza.
Molti finiscono per accamparsi sotto al cavalcavia di via Tenda, vicino al fiume Roia: sono circa settanta in queste settimane, anche se i numeri cambiano rapidamente. Uno dei problemi, scrivono le associazioni Diaconia Valdese, Caritas Intemelia, WeWorld e Medici del Mondo Italia, è che a Ventimiglia mancano i servizi essenziali dedicati alle persone senza casa, che sono quindi costrette a vivere in condizioni igienico-sanitarie precarie.
Nel report “Ventimiglia ai margini” si legge che sono diminuiti gli arrivi di persone migranti a Ventimiglia, in linea con i dati relativi all’Italia. Di questi inoltre sono meno quelli che vengono respinti dalla Francia nel tentativo di passare il confine. Serena Regazzoni, di Caritas Intemelia, ha detto che nel 2024 c’è stato «un calo vertiginoso rispetto alla presenza di persone in viaggio che si approcciavano ai nostri sportelli, circa l’80% in meno rispetto al 2023». I problemi però rimangono e richiedono servizi e strutture diverse. Christian Papini, direttore della Caritas di Ventimiglia, ha spiegato che «ci troviamo spesso di fronte a persone con problemi gravi esistenti già al loro arrivo qui, ad esempio disturbi post traumatici da stress. Trovandosi in una situazione di questo tipo tali individui sviluppano altre problematiche».
I migranti che si fermano a Ventimiglia a volte ci stanno per mesi e fanno richiesta d’asilo: in media bisogna aspettare 120 giorni per ottenere i documenti e poi altro tempo per riuscire ad accedere a una delle strutture d’accoglienza. Nel frattempo ci sono poche alternative, soprattutto dopo la chiusura nel 2020 di Campo Roja, un grosso centro di prima accoglienza gestito dalla Croce Rossa che era stato aperto nell’estate del 2016 e dove si fermavano molte persone in transito.
L’unica organizzazione sanitaria stabile sul territorio è Medici del Mondo, che oltre agli ambulatori in via San Secondo opera vicino alla stazione e lungo il fiume Roia, dove si rifugiano molte persone migranti. Nelle 746 visite fatte nel 2024 Medici del Mondo ha riscontrato patologie di tipo muscolo-scheletrico, infezioni delle alte vie respiratorie, traumi legati a risse o a violenze e soprattutto problematiche di disagio psichico e dipendenza.

Tre migranti respinti al confine con la Francia tornano verso Ventimiglia, 20 settembre 2023 (LaPresse/Andrea Alfano)
Da oltre dieci anni Ventimiglia è uno dei punti di riferimento nel percorso seguito dai migranti provenienti dal Medio Oriente e dall’Africa. La maggior parte di loro è diretta in Francia e verso altri paesi europei. Per anni però migliaia di persone sono rimaste bloccate a Ventimiglia dopo che nel 2015 la Francia aveva chiuso la frontiera, introducendo dei controlli sistematici al confine malgrado l’accordo di Schengen, che stabilisce la libera circolazione di merci e persone in quasi tutti i paesi dell’Unione Europea. La polizia francese non faceva passare chi era senza documenti e riportava oltre il confine chi era già passato se riusciva a dimostrare che era arrivato dall’Italia.
Secondo le regole europee un paese ha il diritto di sospendere temporaneamente la libertà di movimento prevista da Schengen «come misura di ultima istanza» e «in situazioni eccezionali», come fu per esempio la pandemia di Covid. Dal 2015 la Francia ha rinnovato la sospensione di sei mesi in sei mesi. Nel settembre del 2023 la Corte di giustizia dell’Unione Europea ha però accolto un ricorso presentato da molte associazioni e ha imposto alla Francia di rispettare le regole sui rimpatri. Per la Corte, i migranti che arrivano in Francia passando illegalmente per le frontiere con paesi confinanti che fanno parte dell’Unione Europea non possono essere respinti subito, ma devono poter «beneficiare di un certo termine per lasciare volontariamente il territorio». Il Consiglio di Stato francese ha preso atto di questa sentenza il 2 febbraio del 2024.
Le associazioni Caritas e Diaconia Valdese hanno stilato un elenco di azioni prioritarie da attuare come l’accesso alle cure e alle strutture di accoglienza, e hanno fatto sapere che chiederanno un incontro con la prefettura per ottenere un intervento più sistematico delle istituzioni sui problemi presentati.



