Marco Toffaloni è stato condannato a trent’anni per la strage di piazza della Loggia

Secondo la sentenza di primo grado fu lui uno degli esecutori dell'attentato, che nel 1974 uccise otto persone a Brescia

Il tribunale per i minorenni di Brescia, 3 aprile 2025 (il Post)
Il tribunale per i minorenni di Brescia, 3 aprile 2025 (il Post)
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Il tribunale per i minorenni di Brescia ha condannato a trent’anni di carcere Marco Toffaloni per la strage di piazza della Loggia. Per i giudici Toffaloni, che ha 67 anni e all’epoca ne aveva 16, fu uno degli esecutori materiali dell’attentato che il 28 maggio del 1974 uccise otto persone. È una sentenza importante perché in 51 anni i processi non avevano mai stabilito chi fossero gli esecutori materiali della strage, di cui invece si conoscono i mandanti.

La condanna in primo grado per Toffaloni è arrivata così tanti anni dopo la strage perché il fascicolo su di lui è stato aperto soltanto nel 2011, dopo le dichiarazioni di un collaboratore di giustizia che raccontò agli investigatori una confidenza che gli fece Toffaloni stesso.

Difficilmente però la condanna di Toffaloni potrà essere eseguita. Oltre a esserci ancora i prossimi gradi di giudizio (questo è il processo di primo grado) Toffaloni è cittadino svizzero dagli anni Novanta, e a fine ottobre la Svizzera aveva negato il suo trasferimento a Brescia per il processo, come invece aveva chiesto il presidente del tribunale per i minorenni (responsabile del caso poiché Toffaloni nel 1974 era minorenne). Per le autorità svizzere il reato è prescritto, e Toffaloni non andava neanche processato.

La strage di piazza della Loggia fu una delle principali del periodo della cosiddetta “strategia della tensione”, che durante gli anni di piombo fu portata avanti da vari settori dello Stato in segreto e con un esteso ed eterogeneo insieme di iniziative e interventi. Le otto persone vennero uccise dall’esplosione di una bomba messa in un cestino, sotto il porticato della piazza, mentre era in corso una manifestazione antifascista indetta dai sindacati. Toffaloni era accusato di aver piazzato la bomba nel cestino.

Secondo i processi, le stragi, da quella di piazza Fontana a Milano del 12 dicembre del 1969 a quella della stazione di Bologna del 2 agosto 1980, furono compiute da esponenti della destra eversiva con la complicità di apparati deviati dello Stato e di servizi segreti stranieri. Dopo una serie di inchieste giudiziarie e depistaggi durati anni, nel 2017 furono condannati all’ergastolo in via definitiva come ideatori della strage di Brescia Carlo Maria Maggi, medico fascista referente in Veneto dell’organizzazione eversiva Ordine Nuovo, e Maurizio Tramonte, padovano di 71 anni, ex informatore dei servizi segreti e tuttora detenuto (Maggi è morto nel 2018).

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Le motivazioni della sentenza di primo grado saranno rese note più avanti. Contro Toffaloni la procura aveva portato diversi elementi di prova: il primo sono le rivelazioni di Giampaolo Stimamiglio, padovano abitante a Verona, militante negli anni Settanta di Ordine Nuovo e dei Nuclei di Difesa dello Stato, altra organizzazione clandestina di estrema destra. Nel 2010 Stimamiglio iniziò a collaborare con gli investigatori, e raccontò alla procura di avere incontrato Toffaloni alla fine degli anni Ottanta in un motel di un amico comune a Peschiera del Garda, in provincia di Verona. Disse di aver riconosciuto quel giovane che frequentava i militanti di Ordine Nuovo (“ordinovisti”) veronesi, in particolare il giro del generale Amos Spiazzi. E soprattutto disse di aver ascoltato questa frase: «So’ sta mì, a Brescia gh’ero mì» (sono stato io, a Brescia c’ero io, in dialetto). L’avrebbe detta Toffaloni a Stimamiglio parlando della strage di piazza della Loggia.

Un altro elemento è una fotografia scattata in piazza della Loggia negli istanti successivi allo scoppio della bomba in cui sarebbe ripreso anche Toffaloni.

Mostra un uomo, Arnaldo Trebeschi, che si dispera accanto al corpo del fratello Alberto, una delle vittime: dietro di lui, tra i presenti, stando a una perizia antropometrica (cioè una verifica delle identità attraverso l’analisi di immagini e filmati), si distingue il volto di Toffaloni. La fotografia è stata confrontata con un’altra fotografia di lui nello stesso periodo: secondo il consulente della procura, le due immagini sono sovrapponibili soprattutto grazie a due dettagli, un solco nel labbro inferiore e una fossetta sul mento.

Infine, ci sono le recenti dichiarazioni di Ombretta Giacomazzi, che all’epoca della strage era fidanzata con Silvio Ferrari, un giovane fascista bresciano morto nove giorni prima mentre trasportava, sul pianale della sua Vespa, un’ingente quantità di esplosivo. In aula tra le altre cose Giacomazzi ha raccontato di avere visto Toffaloni a Verona nei luoghi frequentati dai servizi segreti italiani e americani, ritenuti coinvolti nella strage di piazza della Loggia.

Oltre a Toffaloni è attualmente a processo nel tribunale ordinario Roberto Zorzi, anche lui accusato di essere uno degli esecutori materiali della strage. Zorzi oggi vive nel Nordovest degli Stati Uniti, nello stato di Washington, dove è titolare di un allevamento di cani dobermann chiamato “Del Littorio”. Nel 1974 aveva 20 anni.

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