Per la prima volta da decenni la Chiesa ortodossa albanese ha un leader di etnia albanese
E non è più guidata da un arcivescovo greco: è una notizia con importanti implicazioni simboliche e politiche

Il 16 marzo il Santo Sinodo della Chiesa ortodossa albanese ha eletto come nuovo primate, ossia come capo della Chiesa, Fatmir Pelushi, già metropolita di Korça (Corizza). Pelushi, il cui attuale nome ecclesiastico è arcivescovo Joan di Tirana, è il primo religioso di etnia albanese a diventare primate da più di trent’anni: dal 1992 a oggi infatti la Chiesa era stata guidata dall’arcivescovo greco Anastasios, morto lo scorso gennaio. Nonostante Pelushi abbia posizioni simili a quelle del suo predecessore, la sua elezione ha una grossa importanza simbolica e politica per la Chiesa albanese.
Da anni infatti in Albania si discute sull’influenza della Chiesa ortodossa greca su quella nazionale: i due paesi hanno da decenni rapporti piuttosto complicati anche per le frequenti accuse del governo greco contro quello albanese di non rispettare i diritti della minoranza greca in Albania. Inoltre la Chiesa ortodossa albanese, per via dei suoi stretti legami con quella greca, in passato veniva vista come un mezzo per lo Stato greco di interferire nelle questioni interne albanesi.
La religione ortodossa è di gran lunga la più popolare in Grecia, mentre è minoritaria in Albania, dove quasi la metà della popolazione aderisce all’Islam. Secondo l’ultimo censimento, nel 2023 il 7 per cento della popolazione albanese, su circa 2,4 milioni di abitanti, si definiva cristiano ortodosso.
La Chiesa ortodossa albanese fu fondata ufficialmente nel 1922 e fu riconosciuta nel 1937 dal patriarca ecumenico di Costantinopoli, che è in breve il capo della Chiesa ortodossa globale, divisa in diverse chiese autonome. Il suo raggio d’azione fu però estremamente ridotto durante il regime comunista albanese, dal 1946 al 1991, e specialmente a partire dalla metà degli anni Sessanta, quando il regime vietò la professione di qualsiasi religione.
Nonostante in questo periodo alcuni continuarono a praticarla in segreto (fra cui Pelushi che a 23 anni, nel 1979, si convertì e fu battezzato), dopo la fine del comunismo in Albania mancavano delle personalità in grado di riformare la Chiesa ortodossa: chiese e monasteri erano stati distrutti o usati come magazzini, i membri del clero erano stati perseguitati, imprigionati o esiliati, e altri, fra cui Pelushi, erano emigrati all’estero. Così il patriarcato ecumenico di Costantinopoli decise di attingere dalla Chiesa ortodossa greca e nominare nel 1992 Anastasios come nuovo primate e tre metropoliti greci (ossia dei vescovi ortodossi) come membri del Santo Sinodo, l’organo decisionale della Chiesa.
A loro fu affidato il compito di rifondare la Chiesa ortodossa in Albania, nonostante le profonde critiche da parte della società e della politica albanese: la decisione fu vista come un tentativo da parte della Grecia di esercitare una qualche influenza sull’Albania in un momento delicato come quello del passaggio dal regime comunista alla democrazia. Già nel 1998 fu obbligatorio che il Santo Sinodo fosse formato per metà da membri albanesi, e nel 2006 la Chiesa adottò un nuovo statuto che vietava a chiunque non avesse la cittadinanza albanese di diventare primate (lo statuto non si applicava ad Anastasios, che era già primate, e che divenne cittadino albanese solo nel 2017, fra molte polemiche).
Negli ultimi anni una delle principali posizioni che la Chiesa ortodossa albanese ha preso, distanziandosi da quella greca, è quella sullo scisma avvenuto nella Chiesa ortodossa russa in Ucraina: a partire dall’invasione russa della Crimea nel 2014 un pezzo rilevante della Chiesa ortodossa ucraina scelse di sganciarsi dall’autorità del patriarca di Mosca, e chiese ed ottenne dal patriarca di Costantinopoli di rendersi autonoma. In Ucraina nacquero così due chiese: la Chiesa ortodossa dell’Ucraina, indipendente e sostenuta, fra gli altri, dalla Chiesa ortodossa greca, e la Chiesa ortodossa ucraina, rimasta fedele a Mosca e sostenuta da quella albanese. Su questo tema è previsto che l’arcivescovo Joan rimanga fedele alla linea di Anastasios, di cui è stato uno stretto alleato per molti anni.



