Cosa succede se si smette di prendere l’Ozempic

I nuovi farmaci per dimagrire dovrebbero essere presi per tutta la vita, ma molti interrompono il trattamento dopo un paio di anni

(Steve Christo - Corbis/Corbis via Getty Images)
(Steve Christo - Corbis/Corbis via Getty Images)
Caricamento player

In poco meno di quattro anni i farmaci per il dimagrimento come l’Ozempic hanno cambiato profondamente il modo in cui vengono trattati l’obesità e altri problemi legati al metabolismo di milioni di persone. I risultati nel breve periodo sono in molti casi senza precedenti e per essere mantenuti si ritiene che il farmaco (così come quelli simili messi in commercio negli ultimi tempi) debba essere assunto per tutta la vita. Alcune analisi hanno però mostrato che il trattamento viene spesso interrotto dopo un paio di anni, con conseguenze ancora difficili da valutare sulla salute dei pazienti nel medio e nel lungo termine.

Uno studio pubblicato a fine gennaio sulla rivista medica JAMA Network Open ha preso in considerazione circa 120mila persone negli Stati Uniti che stavano assumendo farmaci “agonisti del recettore per l’ormone GLP-1” come l’Ozempic, per trattare il diabete mellito di tipo 2 (per il quale erano stati in origine sviluppati questi farmaci) o come trattamento dimagrante. Dall’analisi è emerso che circa la metà aveva smesso di assumere quei farmaci a meno di un anno dall’inizio della terapia, mentre a due anni si arrivava a un abbandono del farmaco da parte dei tre quarti delle persone coinvolte. Il tasso di abbandono era inoltre più alto tra chi aveva usato quel tipo di farmaci per dimagrire, quindi senza avere il diabete: l’85 per cento aveva interrotto l’assunzione entro i due anni.

– Ascolta anche: I sorprendenti effetti dell’Ozempic

La ricerca aveva soprattutto lo scopo di dare una dimensione al fenomeno, mentre offre meno indicazioni sulle cause che portano così tante persone ad abbandonare dopo qualche tempo il trattamento. Il gruppo di ricerca ha comunque ipotizzato che una delle cause principali dell’abbandono sia l’alto costo di questi farmaci, che negli Stati Uniti non sono sempre coperti dalle assicurazioni, specialmente per chi li usa per la perdita di peso senza avere il diabete di tipo 2. È stato riscontrato un minor tasso di abbandono tra le persone con i redditi più alti, che suggerisce che chi può permettersi di pagare ha maggiori probabilità di proseguire il trattamento.

Il trattamento con Wegovy, cioè la versione dell’Ozempic per il dimagrimento, costa negli Stati Uniti intorno ai 600 dollari al mese; ci sono farmaci nella stessa classe che costano meno, ma si rimane comunque intorno ai 500 dollari mensili. In Italia questi medicinali appartengono alla “classe C”, sono quindi completamente a carico del paziente, a differenza della loro versione espressamente indicata per trattare il diabete che è in “classe A”, quindi a carico del Servizio sanitario nazionale. Devono essere prescritti e i prezzi per chi vuole impiegarli per il dimagrimento si aggirano intorno ai 300 euro al mese, con una somministrazione settimanale da effettuare con un’iniezione sottocutanea.

Il minore abbandono emerso dallo studio da parte dei pazienti diabetici è probabilmente spiegato dal fatto che il trattamento è spesso coperto dalle assicurazioni sanitarie, a differenza delle versioni dello stesso farmaco per il dimagrimento. Tra le cause dell’abbandono ci sono anche gli effetti indesiderati, a cominciare da una persistente sensazione di nausea, a volte accompagnata da conati, segnalata da molte persone che assumono questo tipo di farmaci.

L’ormone GLP-1 viene normalmente prodotto nell’organismo dopo un pasto e, intervenendo su uno specifico recettore, stimola la produzione di insulina e blocca la produzione di glucagone, riducendo quindi il livello di zuccheri nel sangue. Il farmaco innesca questo meccanismo anche se non si è assunto del cibo, ed è quindi efficace nella cura del diabete, che comporta una ridotta produzione di insulina e un aumento di zuccheri nel sangue. Dopo l’impiego tra le persone diabetiche, si scoprì che il farmaco contribuiva anche a fare percepire il senso di sazietà, provocando una riduzione del peso corporeo dal 10 al 20 per cento in un periodo di un anno e mezzo circa. L’azienda danese Novo Nordisk fu la prima a intuire le potenzialità per il dimagrimento dell’Ozempic, il capostipite di questi farmaci basato su una molecola chiamata semaglutide, triplicando la propria capitalizzazione di mercato in appena quattro anni.

La sede di Novo Nordisk a Bagsvaerd, Danimarca (Mads Claus Rasmussen/Ritzau Scanpix via AP)

In poco tempo i farmaci come l’Ozempic hanno mostrato non solo di rendere possibile un rapido dimagrimento, ma anche di ridurre problemi cardiaci e diverse altre patologie. Si è però osservato che nel caso di un’interruzione del trattamento le persone tendono a guadagnare nuovamente peso, con conseguenze per la loro salute in generale. Valutare tutte le conseguenze non è però semplice, perché questi farmaci sono disponibili e utilizzati per il dimagrimento da poco tempo.

Gli studi svolti finora hanno coinvolto una quantità ridotta di pazienti, ma secondo gli esperti sono comunque utili per fornire qualche indizio. Nel 2022 uno studio clinico ha seguito 200 persone che avevano assunto per almeno un anno la semaglutide e che avevano in media perso il 17 per cento del loro peso corporeo. Alcuni dei partecipanti che avevano smesso di assumere il farmaco avevano recuperato il 12 per cento del loro peso corporeo entro un anno. La perdita netta di peso era comunque rimasta intorno al 5 per cento, un dato positivo per ridurre gli effetti del diabete e dell’iperglicemia, ma non sufficiente per ridurre alcuni rischi legati a queste condizioni.

Altre ricerche hanno studiato gli effetti dell’interruzione nell’assunzione di questi farmaci dopo cinque mesi, notando come la maggior parte dei partecipanti avesse ripreso quasi tutto il peso che aveva perso a un anno di distanza dalla fine del trattamento. Il recupero del peso in questo caso era stato più graduale, un possibile indicatore del cambiamento di alcune abitudini favorito dal dimagrimento, come la tendenza ad assumere meno calorie in una giornata o a fare più attività fisica con minore fatica.

Gli studi di questo tipo sono utili per provare a capire gli effetti immediati, mentre non dicono molto sulle conseguenze nel lungo periodo. Alcuni dati sembrano indicare che maggiore è la perdita di peso all’inizio del trattamento, più è probabile che si mantengano benefici per la salute anche nel caso in cui le persone tornino a ingrassare dopo avere interrotto l’assunzione del farmaco. Come ha ricordato una dietista su Scientific American: «Questa non è una cura, è un trattamento. Smetti di farlo, e il tuo problema di salute ritorna. È ciò che stiamo vedendo anche in questo caso».

La necessità di continuare a prendere potenzialmente per tutta la vita questi farmaci è ciò che ha portato al considerevole aumento del valore in borsa di aziende farmaceutiche come Novo Nordisk, con la prospettiva di potersi garantire molti ricavi dalla vendita dei loro prodotti nel tempo. La concorrenza è comunque agguerrita, con aziende farmaceutiche che hanno rivisto pesantemente le attività di ricerca per sviluppare propri farmaci, che intervengano sugli stessi meccanismi del metabolismo come fa la semaglutide. Hanno anche intensificato le attività di marketing, soprattutto nei confronti dei medici che devono poi fare le prescrizioni per avviare i trattamenti.

Come spesso avviene nei primi anni dall’introduzione di un nuovo farmaco, o dal suo impiego per qualcosa di diverso da ciò per cui era stato sviluppato, i medici si chiedono come gestire i dosaggi e la frequenza di somministrazione. Si ipotizza per esempio che una riduzione nel tempo della dose settimanale potrebbe aiutare a mantenere i risultati raggiunti, sia in termini di dimagrimento sia di miglioramento della salute. Non è però ancora chiaro di quanto ridurre i dosaggi e per ora non ci sono molti studi su questi aspetti.

Una ricerca presentata a maggio dello scorso anno al Congresso europeo sull’obesità ha segnalato i risultati osservati in alcuni pazienti, che avevano ridotto la quantità di semaglutide in media nel corso di nove settimane, fino ad azzerarla: a distanza di circa sei mesi il loro peso corporeo era ancora stabile. I pazienti avevano ricevuto nella fase di riduzione del farmaco consigli e indicazioni sulla dieta da mantenere e sugli esercizi fisici da fare, con l’obiettivo di aiutarli a cambiare le loro abitudini e a mantenerle una volta che fosse finito l’effetto della semaglutide.