L’esercito israeliano ha ammesso il suo totale fallimento nel prevenire l’attacco del 7 ottobre
In un primo rapporto ufficiale, in cui spiega anche di aver sottovalutato le capacità militari e l'intenzione di Hamas

L’esercito israeliano ha pubblicato un primo resoconto ufficiale sulle proprie carenze e falle nella sicurezza nel prevenire l’attacco di Hamas del 7 ottobre del 2023, quando i miliziani del gruppo superarono con facilità le difese israeliane e dalla Striscia di Gaza entrarono nel paese, uccidendo quasi 1.200 persone. Israele rispose poi all’attacco con un’invasione militare della Striscia, durante la quale almeno 48.365 persone sono state uccise. Il rapporto si conclude con l’ammissione del «totale fallimento» delle Forze di difesa israeliane (IDF) «nell’adempiere alla loro missione di proteggere i civili»: sia prima dell’attacco che durante.
Il rapporto consegnato ai giornalisti è lungo 19 pagine e non contiene grosse novità rispetto a quanto già emerso nei mesi scorsi, ma descrive nel dettaglio la percezione errata che l’esercito aveva di Hamas. Sostiene che l’esercito considerasse Gaza una minaccia secondaria per la propria sicurezza e che le priorità erano invece rappresentate dall’Iran e da Hezbollah. Si dice anche come l’esercito israeliano avesse scelto un approccio di «gestione del conflitto» per trattare con Gaza, dando per scontato che Hamas «non fosse né interessata né si stesse preparando per una guerra su larga scala», che la sua rete di tunnel fosse notevolmente degradata e che qualsiasi minaccia transfrontaliera sarebbe stata sventata dalla recinzione di confine ad alta tecnologia di Israele. L’indagine ha evidenziato dunque un divario sempre più ampio tra la percezione di Hamas da parte delle IDF e ciò che Hamas stava realmente facendo.
Le prove che dal 2018 in poi suggerivano che Hamas – già indicato come gruppo terroristico da Israele, Stati Uniti, Regno Unito e altri paesi – stesse effettivamente sviluppando un piano ambizioso contro Israele erano state interpretate come «irrealistiche o irrealizzabili», come riflesso delle «aspirazioni a lungo termine di Hamas» piuttosto che come «una minaccia attuabile». Il rapporto afferma che, nei mesi precedenti all’attacco e alla successiva invasione, la direzione dell’intelligence militare iniziò comunque a modificare le proprie valutazioni, basate fino a quel momento su una sottovalutazione di Hamas, ma dice anche che queste differenti percezioni non furono portate all’attenzione dei principali funzionari dell’intelligence militare. Alla vigilia del 7 ottobre, l’IDF aveva identificato «cinque segnali di attività insolita di Hamas», che non furono però valutati come premesse di un attacco.
L’inchiesta rileva che l’attacco di Hamas del 7 ottobre avvenne in tre ondate: la prima comprendeva più di mille miliziani di Hamas «che si sono infiltrati sotto la copertura di un fuoco pesante». La seconda ondata è stata portata avanti da 2.000 miliziani e la terza ha visto l’arrivo di centinaia di militanti, insieme a diverse migliaia di civili. In totale, circa 5.000 miliziani di Hamas si sono infiltrati nel territorio israeliano durante l’attacco, si legge nel rapporto in cui si stabilisce che Hamas cominciò a pianificare l’attacco nell’aprile del 2022, che a settembre del 2022 il gruppo era pronto all’85 per cento e che la decisione di passare all’azione proprio il 7 ottobre venne presa nel maggio del 2023.
Si dice anche che le IDF faticarono a organizzare una risposta e che, anche a causa della «brutalità» dell’attacco, la capacità dell’esercito di comprendere cosa stesse succedendo in quelle ore e di rispondere in modo efficace fu compromessa in modo significativo. Precisa che l’aeronautica rispose rapidamente, ma che «ci fu una notevole difficoltà nel distinguere tra truppe dell’IDF, civili e terroristi». Ci vollero ore alle forze israeliane per riprendere il controllo delle aree lungo la recinzione perimetrale di Gaza e giorni per liberarle completamente.
Dopo aver presentato i risultati del rapporto, il capo di stato maggiore uscente delle IDF, il generale Herzi Halevi, ha detto in un video pubblicato dall’esercito di volersi assumere la piena responsabilità di questo fallimento: «La responsabilità ricade su di me. Ero il comandante dell’esercito il 7 ottobre e ho la piena responsabilità davanti a tutti voi» per quanto accaduto. Il mese scorso, il generale aveva annunciato le proprie dimissioni chiedendo una commissione d’inchiesta per svolgere un’indagine più ampia e approfondita sul processo decisionale e politico precedente all’attacco. Il primo ministro Benjamin Netanyahu, che non si è mai assunto la responsabilità di quanto accaduto, ha affermato che tale inchiesta potrebbe essere fatta solo dopo la fine della guerra.
L’impreparazione dell’esercito e dell’intelligence israeliani in occasione del 7 ottobre fu considerata piuttosto sorprendente: il sistema di intelligence del paese era considerato tra i migliori del Medio Oriente, e in passato il governo israeliano era stato in grado di sorvegliare con una certa efficacia i movimenti di Hamas e delle altre forze che ne minacciavano la sicurezza, avviando operazioni preventive mirate e cruente. Nel caso degli attacchi del 7 ottobre, invece, non riuscì per sua stessa ammissione a intercettare alcuna informazione sulla consistente preparazione necessaria per l’attacco.
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