L’ultimo film Dogma 95 fu italiano
La storia dimenticata di “Così x caso”, che chiude la lista dei 35 film che aderirono al famoso movimento di Lars von Trier e Thomas Vinterberg
di Gabriele Niola

Nel 2003 la società indipendente Cinema Distribuzione portò nei cinema italiani Così x caso – Dogma 95, film di Cristiano Ceriello che fu l’ultimo ad aver mai ricevuto il certificato di adesione ai principi del Dogma 95, un celebre manifesto di 10 regole per la realizzazione di un film promosso da quattro registi danesi, tra cui Lars von Trier. Fu pensato in opposizione al dilagare degli effetti visivi nei grandi film, e negli anni a venire influenzò moltissimo tutto il cinema europeo e non solo. Nel momento in cui Ceriello fece il suo film, otto anni e 34 film dopo la proclamazione del manifesto, l’esperimento era considerato concluso dagli stessi promotori. Cristiano Ceriello, tuttavia, volle provare a ottenere la certificazione e finì per essere l’ultimo in assoluto a ottenerla.
Ceriello era in quegli anni un aspirante sceneggiatore e regista che non aveva ancora esordito con un lungometraggio. Conosceva bene il Dogma 95, e come molti in quegli anni era impressionato da quello che Von Trier, Thomas Vinterberg e gli altri avevano ottenuto e da quella nuova idea di come fare film. Quando decise di aderire al movimento non immaginava che sarebbe stato l’ultimo. Proprio il fatto che il movimento fosse arrivato alla sua fisiologica fine però non diede a Così x caso l’attenzione che forse avrebbe avuto anche solo qualche anno prima. Il film girò per alcuni festival ma fu distribuito in maniera indipendente. Dopo qualche altro lungometraggio Ceriello cambiò poi carriera: oggi è un avvocato con esperienza in difesa dei consumatori e nel 2007 ha fondato il Partito Animalista Italiano, di cui è presidente. Così x caso rimane oggi un film sconosciuto, per quanto la stessa società di Ceriello che lo ha distribuito lo abbia caricato per intero su YouTube. Altrettanto dimenticata è la storia di come fu realizzato il film italiano che chiuse il movimento cinematografico più noto e influente degli anni ’90.
Definito dai suoi promotori come un “voto di castità”, il manifesto Dogma 95 fu annunciato e firmato il 13 marzo 1995 dai quattro registi che lo avevano stilato: Lars von Trier, Thomas Vinterberg, Søren Kragh-Jacobsen e Kristian Levring. Il primo film aderente al manifesto arrivò nel 1998: Festen di Vinterberg, un grandissimo successo, vinse il premio della giuria a Cannes e diede immediata visibilità al manifesto che divenne un movimento e uno stile artistico. Vennero prodotti in seguito Idioti di Lars von Trier, Mifune – Dogma 3 e Il re è vivo di Søren Kragh-Jacobsen e Kristian Levring, seguiti da tutti gli altri.
L’obiettivo dei quattro firmatari del Dogma 95 era riportare l’attenzione su film che raccontassero storie comuni, molto legate al momento e al luogo in cui venivano girati, mettendo in secondo piano l’autore e in primo piano la documentazione. Le 10 regole prevedevano tra le altre cose di girare solo nelle location, senza scenografie, di utilizzare solo i suoni registrati in presa diretta (senza aggiungere poi musica in post produzione), di usare solo la cinepresa a mano, e imponevano di evitare l’azione superficiale come espediente gratuito e di non accreditare il regista.
Per molti, il Dogma 95 fu un grande espediente di marketing che portò grandi attenzioni ai film danesi, soprattutto quelli di Von Trier e Vinterberg. Sicuramente con le sue regole castranti e l’imposizione di girare a basso costo, utilizzando nella maggior parte dei casi l’allora emergente tecnologia digitale, è stato uno degli strumenti più importanti nella diffusione dell’estetica a bassa risoluzione. Difficilmente, senza i film Dogma 95, Danny Boyle avrebbe per esempio girato in digitale 28 giorni dopo.
Tra il 1998 e il 2004 furono certificati in totale 35 film Dogma (numerati in ordine progressivo). Tra questi si trovano opere di registi già noti (Harmony Korine) e di altri divenuti famosi in seguito (Susanne Bier e Lone Scherfig). I fondatori del movimento, Von Trier e Vinterberg, furono anche i primi ad abbandonare le regole, facendo un solo film Dogma a testa, poiché il grande successo della prima fase del movimento li aveva affermati e, con i film successivi, potevano accedere a star e avere un posto quasi garantito nei grandi festival europei. Vista la grande eco che il premio a Cannes di Festen aveva dato al Dogma, molti film vollero essere certificati sperando di trovare così un modo per farsi notare.
Cristiano Ceriello aveva immaginato e progettato il suo film, Così x caso, senza pensare al Dogma. Solo dopo averlo scritto e aver capito come poterlo finanziare e girare si rese conto che era già, bene o male, in linea con il manifesto, quindi non sarebbe stato difficile aderire a ognuno dei suoi dieci comandamenti. Decise così, insieme alla produzione, di cercare di ottenere la certificazione, ma si resero conto che erano arrivati tardi: le certificazioni erano state interrotte perché il movimento era stato dichiarato concluso. «C’erano un sito ufficiale e una mail ufficiale», spiega oggi Ceriello. «Sapevo che rispondevano a tutti e poi, benché parlassero tutti inglese, io in particolare avevo pure un amico danese. Di solito si faceva tutto tramite mail, ma quando ci risposero che il Dogma era stato chiuso con il film numero 34 decidemmo di andare lì e provare a convincerli».
Ceriello e la sua produzione avevano iniziato la conversazione con i danesi molto tempo prima di quell’ultima mail, quando il Dogma non era ancora finito, ma ci erano voluti mesi per essere sicuri di avere le risorse per fare sul serio il film. Questo cavillo faceva loro pensare che forse avrebbero potuto rientrare nel progetto se ne avessero parlato con la segreteria Dogma, che tuttavia non esisteva realmente. Ne facevano le funzioni le segreterie della Nimbus e della Zentropa, rispettivamente produttori dei film di Vinterberg e Von Trier. In particolare se ne occupava Peter Aalbæk Jensen, cofondatore della Zentropa.
Come spiega Ceriello le due case di produzione avevano sede una di fronte all’altra. Quando arrivarono a Copenaghen tutta l’organizzazione che supervisionava e approvava film Dogma era in fase di smantellamento e gli fu dato appuntamento nella sede di alcuni teatri di posa poco fuori città, dove la Zentropa si era trasferita in preparazione delle riprese di Dogville, che sarebbe uscito nel 2003. Tre anni prima, nel 2000, Von Trier aveva vinto la Palma d’Oro a Cannes con Dancer in the Dark (il film successivo a Idioti) e questo aveva completamente cambiato la sua carriera, tanto che per Dogville aveva ottenuto come protagonista Nicole Kidman, allora l’attrice più famosa e richiesta al mondo.
«C’era grande agitazione, mi ricordo, perché stavano allestendo tutto per il film e di lì a poco sarebbe arrivata Nicole Kidman». La prassi prevedeva che la produzione presentasse il progetto inviando il film accompagnato dalla documentazione tecnica, così da poter verificare l’adesione ai dieci principi. In più occorreva pagare 5mila corone svedesi (circa 500 euro dell’epoca) per le spese di segreteria. Il progetto veniva poi vagliato da un professore di cinema. In Danimarca infatti l’industria del cinema è molto legata al mondo accademico e, nello specifico, il professor Peter Schepelern dell’Università di Copenaghen si occupava di stabilire l’aderenza ai canoni. Alla fine veniva inviata una pergamena che attestava il riconoscimento, e che veniva solitamente inserita all’inizio del film insieme ai titoli di testa.
«Era un ambiente molto giovane e pieno di entusiasmo. Facemmo un incontro per spiegare la bontà del progetto, incrociammo Vinterberg e parlammo con il direttore della fotografia di Lars von Trier. Usavamo quasi lo stesso modello di videocamera digitale, la Sony VX 1000 e VX 2000, quindi supporto DvCam, mentre Vinterberg utilizzava le compatte più piccole. Al direttore della fotografia chiedemmo come gestire le riprese e la post-produzione per non sporcare troppo l’immagine», racconta Ceriello.
All’epoca infatti il video digitale non era ancora ad alta definizione. Nessun professionista lo usava per girare film perché, una volta trasferito su pellicola per essere proiettato in un cinema, le immagini risultavano molto sgranate. Inoltre non esisteva ancora la possibilità di stabilizzarle, quindi se si girava a mano erano molto mosse. Thomas Vinterberg racconta spesso che, proprio per questa difficoltà nel mantenere l’immagine stabile, per Festen chiese di fare da operatore a un amico che praticava Tai Chi, e quindi aveva una mano molto ferma. L’uso del digitale al posto della pellicola tuttavia era una scelta comune a quasi tutti i film del Dogma, perché il suo basso costo era considerato un mezzo di democratizzazione del cinema.
Ogni film Dogma poteva infrangere una regola a scelta tra le dieci: «Era una cosa quasi apprezzata, proprio ce lo suggerirono. Così ci mettemmo apposta la voce fuori campo, che in realtà non avevamo previsto. Anche perché non era facile rispettare tutte le regole, e molti non aderivano al manifesto non perché non volessero, ma perché non ci riuscivano. Per questo motivo, specie dall’America, arrivavano più che altro cortometraggi». Gli stessi Von Trier e Vinterberg, nei loro due film Dogma, in certi punti non usarono la macchina a mano, violando una delle regole.
Il film di Ceriello, Così x caso, si intitola così perché nacque per caso, lavorando a un’altra sceneggiatura. Avendo cambiato progetto in corsa, ottenere la certificazione era per loro una maniera di «rientrare in una famiglia: era come una laurea, ti faceva entrare nel novero dei “Dogma Brothers”». Inoltre Ceriello pensava che l’adesione al manifesto potesse attirare l’attenzione sul suo film. La storia è quella di un ragazzo affetto da autismo e di suo fratello aspirante attore: nell’arco di alcuni giorni i due si perdono e, mentre il primo gira freneticamente per la città cercando l’altro, il secondo incontra una ragazza reduce da una delusione sentimentale e instaura con lei un legame strano e particolare. Il ricongiungimento finale diventa anche l’occasione per uno sfogo dei protagonisti e per l’esposizione delle cause reali delle loro insoddisfazioni.
Per Ceriello la cosa più difficile di girare un film Dogma era la continuità. Non potendo ricostruire un interno o un esterno, ma essendo obbligati a utilizzare gli ambienti reali senza modificarli, girare una stessa scena in un bar per più giorni poteva essere complicato. Le riprese si fecero tra Napoli e Caserta, ma anche nella stessa location la luce poteva cambiare o gli elementi di arredo potevano non essere più gli stessi: «Alcune scene girate lungo più giorni erano inutilizzabili, tanto erano diverse, e le abbiamo dovute buttare».
Alla fine Così x caso ebbe una distribuzione molto marginale: uscì per due settimane in cinque città in modi non convenzionali, coalizzando una rete di sale indipendenti (cioè non legate ai grandi gruppi) tra Roma, Avellino e alcune città dell’Emilia-Romagna. Non avevano un reale distributore, così fu creata appositamente una società per trattare con gli esercenti: «Qualche anno prima del nostro film c’era stato il caso di Diapason, l’altro film italiano Dogma. Non era andato bene, e le grandi distribuzioni non volevano saperne di un altro Dogma».

(Cristiano Ceriello)
Non è chiaro quindi se ottenere quella certificazione sia stato un vantaggio o meno per Ceriello e il suo film. Lui però la considera una questione di soddisfazione personale e crescita artistica: «Fare un film Dogma ti segna e ti fa entrare nella storia del cinema. Molti festival erano curiosi proprio perché eravamo gli ultimi. Mi fece piacere che loro fossero contenti di un altro film italiano, perché l’ispirazione originale del Dogma 95 era il neorealismo italiano».



