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  • Mercoledì 15 gennaio 2025

Le infezioni causate dai formaggi prodotti con latte crudo

Sono rare e interessano soprattutto i bambini, come dimostra l’ennesimo caso segnalato in provincia di Trento

Una fetta di Puzzone di Moena, formaggio prodotto con latte crudo tipico della Val di Fassa
Una fetta di Puzzone di Moena, formaggio prodotto con latte crudo tipico della Val di Fassa (Ferruccio Zanone/Wikimedia)
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La procura di Trento ha iniziato a indagare su un caso di intossicazione alimentare segnalato dall’ospedale Santa Chiara, dove nei giorni scorsi è stato ricoverato un bambino di 9 anni a causa di un’infezione intestinale: secondo i primi accertamenti, poco prima di sentirsi male il bambino aveva mangiato un pezzo di Puzzone di Moena, un formaggio tipico della Val di Fassa prodotto con latte crudo. Il bambino ora sta meglio, ma la procura vuole risalire alle cause dell’intossicazione perché in Trentino negli ultimi anni ci sono stati altri casi simili, alcuni anche con conseguenze molto più gravi. La maggior parte di queste rare infezioni è causata dalla contaminazione di alimenti, tra cui quelli prodotti con latte crudo, come molti formaggi.

In seguito a un’indagine epidemiologica, l’azienda sanitaria di Trento ha disposto il ritiro dal commercio del lotto di formaggio mangiato dal bambino intossicato. Inoltre ha raccomandato a tutte le persone che lo avevano già acquistato di non farlo mangiare ai bambini, alle donne in gravidanza e alle persone immunodepresse.

L’indagine dell’azienda sanitaria è stata rapida perché è l’ennesimo caso di intossicazione simile avvenuto in provincia di Trento. Uno dei più noti riguardò un bambino di 4 anni che nel 2017 si intossicò dopo aver mangiato del formaggio prodotto con latte crudo e da allora è in stato vegetativo, alimentato artificialmente. Nel settembre del 2022 per lo stesso motivo morì un 18enne, Paolo Rizzolli. Lo scorso novembre è stata segnalata l’intossicazione di una bambina di un anno a Cortina d’Ampezzo.

Le analisi di laboratorio hanno confermato che tutti i casi di intossicazione avevano causato una Sindrome emolitico-uremica (SEU), una malattia rara che porta a sviluppare piccoli coaguli di sangue in tutto l’organismo. Emolitica fa riferimento alla compromissione dei globuli rossi, mentre uremica indica il danno ai reni causato da un accumulo di urea, una sostanza di scarto nel sangue. Nei bambini la Sindrome emolitico-uremica causa prevalentemente una grave insufficienza renale.

I sintomi iniziali nei bambini sono solitamente vomito e diarrea, oltre a forti dolori addominali. Circa la metà dei bambini con questa malattia deve essere sottoposta a dialisi, una terapia per ripulire il sangue tramite un macchinario, in modo da sopperire alla mancata attività renale. Il più delle volte i reni riescono a riprendere le loro funzioni, ma in alcuni casi i danni sono permanenti.

Secondo i dati diffusi dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS), in Italia tra il 1° luglio 2023 e il 30 giugno 2024 sono stati registrati 68 casi di Sindrome emolitico-uremica, tutti a parte uno tra pazienti con meno di 15 anni. Dall’esame dei campioni biologici di 64 dei 68 casi segnalati in Italia è emerso che in quasi il 90 per cento dei casi era stata riscontrata un’infezione da Escherichia coli e in particolare da una tossina chiamata Shiga (STEC).

Escherichia coli appartiene al gruppo degli enterobatteri ed è il batterio più comune che vive nella parte inferiore del nostro intestino, e in quello di migliaia di altri animali. La sua presenza è fondamentale per i processi digestivi, ma a volte alcune sue varianti possono provocare gravi malattie nelle persone e negli altri animali che lo ospitano.

Molti animali, in particolare i bovini, possono essere colonizzati stabilmente da ceppi di questo batterio senza avere sintomi. I microrganismi possono essere eliminati tramite le feci causando la contaminazione di alimenti, acqua e ambiente. La contaminazione degli alimenti, spiega l’ISS, può avvenire in seguito al contatto accidentale con le feci durante la mungitura o la macellazione.

Gli alimenti più a rischio contaminazione sono il latte crudo non pastorizzato e i formaggi a base di latte crudo; carni e prodotti a base di carne specialmente di origine bovina, se consumati crudi o poco cotti. La pastorizzazione è un processo che consiste nel portare il latte a una certa temperatura per un breve periodo di tempo, eliminando in questo modo quasi tutti i microrganismi, compresi i batteri, ma preservando buona parte delle proprietà nutritive. Di solito si impiega la pastorizzazione rapida, che consiste nel portare il latte a circa 72 °C per 15 secondi, mentre altri tipi di pastorizzazione prevedono temperature ancora più alte e un minor tempo di trattamento.

L’ISS ha diffuso un decalogo per prevenire il rischio di infezione da Escherichia coli nei bambini. Tra le altre cose, consiglia di prediligere formaggi e latticini a base di latte pastorizzato o sterilizzato o i formaggi a lunga stagionatura. Si raccomanda anche di cuocere bene la carne evitando la cottura al sangue, e di bollire il latte crudo.

Giovanni Battista Maestri, padre del bambino in stato vegetativo dal 2017, ha chiesto più volte alla provincia di Trento di mettere etichette sui formaggi prodotti con latte crudo per dare informazioni più chiare e di vietare il consumo di questi formaggi negli asili e nelle case di riposo.

Lo scorso novembre, dopo l’intossicazione di una bambina di 9 anni, l’assessore provinciale alla Salute Mario Tonina ha detto che bisognerebbe seguire l’esempio della Francia, dove sulle confezioni dei formaggi prodotti con latte crudo si trovano chiare indicazioni sul divieto per i bambini fino a 10 anni. La proposta di introdurre etichette per sconsigliare il consumo ai bambini è stata presentata in parlamento da Stefano Vaccari del PD e da Matteo Rosso di Fratelli d’Italia.