«Non stiamo insieme, è più una situationship»

Cosa si intende con la parola con cui da alcuni anni i più giovani descrivono un tipo di rapporto sentimentale piuttosto diffuso

Una scena di (500) giorni insieme  (Fox Searchlight Pictures)
Una scena di (500) giorni insieme (Fox Searchlight Pictures)
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Nel 2017 la giornalista Carina Hsieh, esperta di relazioni, raccontò su Cosmopolitan una situazione confusa in cui si era trovata. «Mi portava a cena con i suoi amici e i suoi colleghi, restavo a dormire da lui quattro notti a settimana, avevo pure lasciato da lui uno spazzolino, e non era strano. Facevamo un sacco di cose adulte insieme, che nella mia testa fino a quel momento erano esistite nella categoria “cose che solo le coppiette fanno insieme”, ma non riuscivo a scrollarmi di dosso il fatto che quando andavamo a cena con i suoi amici non mi presentava mai come la sua ragazza».

Soltanto mesi dopo la fine di quel rapporto, parlandone a una festa, un amico di Hsieh le disse che lui per quel genere di rapporto usava la parola “situationship”, dall’unione di “situation” (situazione) e “relationship” (relazione).

Anche se, secondo Google Trends, la parola veniva usata di tanto in tanto online almeno dal 2014, quello di Hsieh è considerato il primo momento in cui il termine situationship ha cominciato a entrare nel vocabolario comune, prima tra i giovani anglofoni e poi, soprattutto attraverso i social network, anche tra quelli del resto del mondo. Oggi la parola si può trovare tanto nei testi delle canzoni di Taylor Swift o Ariana Grande quanto in quelle di Marracash. E viene utilizzata spesso e volentieri dai più giovani, anche un po’ a sproposito.

Secondo i linguisti dell’Oxford University Press, che nel 2023 l’avevano scelto tra le finaliste della “parola dell’anno”, situationship è un termine ombrello in cui ricadono tutte le relazioni romantiche e sessuali «che non sono state ufficializzate o consolidate», e «cattura l’incertezza e la mancanza di formalizzazione che molte persone avvertono nei loro rapporti interpersonali». È raro che le persone che stanno in una situationship la chiamino così tra loro, è un termine che si usa di più quando si descrive il rapporto ad altri.

Essendo un neologismo piuttosto recente, la sua definizione precisa è ancora in via di definizione, e c’è chi usa la parola anche per descrivere fasi molto embrionali di una relazione, anche quando tra due persone non è successo nulla di davvero sentimentale o sessuale. Nell’uso più comune in assoluto, però, una situationship è un rapporto di coppia di durata variabile (pochi mesi o anche anni) in cui le persone coinvolte mantengono degli atteggiamenti normalmente associati a coppie consolidate e ufficiali – come, per esempio, lasciare lo spazzolino a casa del partner, andarci in vacanza insieme, conoscerne i rispettivi genitori – senza per questo considerarsi in una relazione stabile.

Per fare un esempio tratto dalla cultura pop: i due protagonisti di (500) giorni insieme, celebre commedia romantica del 2009 con Joseph Gordon-Levitt e Zooey Deschanel, non definiscono il proprio rapporto una situationship, ma il modo in cui si sviluppa (e poi finisce) la loro relazione rientra perfettamente nella definizione. Si incontrano, lui si innamora immediatamente, lei gli dice che non sta cercando nulla di serio, ma i due cominciano comunque a uscire insieme e a condividere attività che Tom (il personaggio di Gordon-Levitt) interpreta come segnali di un interesse romantico, come andare insieme all’Ikea fingendo di essere una coppia sposata. Summer, la ragazza, continua a insistere che non è necessario definire il tipo di relazione in cui sono perché l’importante è che siano entrambi felici. Alla fine, comunque, i due si lasciano (anche se non sono mai stati veramente insieme), e Tom soffre moltissimo per la separazione.

Essere in una situationship non implica di per sé l’insoddisfazione di una delle parti, o la scarsa volontà di impegnarsi in una relazione propriamente detta. «Su un piano puramente teorico non è un termine positivo né negativo», spiega Vincenzo Ligresti, educatore sessuale che scrive da anni di relazioni ed è autore di una rubrica al riguardo per VD News. «A monte, socialmente, siamo abituati a pensare che una relazione tra due persone debba essere proiettata verso quella che la studiosa Amy Gahran definisce “la scala mobile relazione” che porta, gradino dopo gradino, a delle tappe obbligate». Essere in una situationship invece può semplicemente voler dire che «non vuoi frequentare qualcuno in quel senso lì, e può essere il principio di rapporti consensuali e rispettosi in cui si apprezza l’altra persona e si comunica con lei con piacere».

Dal punto di vista pratico, soprattutto quando si parla di persone che cercano rapporti a due – e molto meno delle relazioni che rientrano nello spettro della non-monogamia etica – il problema frequente, che viene denunciato e lamentato da anni da chi ne soffre, ha a che fare piuttosto con le aspettative delle persone in questione e con la loro capacità (o intenzione) di comunicare.

«La situationship di solito finisce nel momento in cui dichiariamo le nostre aspettative: siamo sulla stessa lunghezza d’onda? Vogliamo essere amici o qualcosa di più? Io voglio di più, lo vorresti anche tu?», spiega Ligresti. Quello che può succedere è che una delle due persone sia reticente a parlare di ciò che desidera per la relazione, nel timore che l’altra possa tirarsi indietro. «Ma se ciò che si vuole è una relazione, galleggiare in un suo surrogato a lungo andare non è la soluzione. E al contrario, se l’altra persona ha dichiarato che vorrebbe di più di quel che si è disposti a dare, tenerla “appesa” non è corretto», dice Ligresti.

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La questione centrale che ha portato il termine situationship ad assumere un’accezione principalmente negativa online è che, molto spesso, questa comunicazione manca, da una parte o da entrambe. Alcune persone sono convinte che non sia necessario prendersi cura della persona con cui formano un rapporto se quel rapporto non è, a loro avviso, romantico o “serio”, e quindi evitano il più possibile di fare conversazioni che le potrebbero mettere in posizione di vulnerabilità o intimità.

Dall’altra parte esiste il timore diffuso che esprimere i propri sentimenti o desideri esponga troppo al rischio di essere delusi o rifiutati. Hsieh, la giornalista di Cosmopolitan, ha scritto per esempio che nel suo caso a lungo non aveva voluto chiedere al ragazzo con cui usciva che genere di rapporto immaginasse per loro, «per non rischiare di agitare le acque e smettere di sembrare una ragazza cool. Volevo che etichettassimo il nostro rapporto, ma non ero sicura di volerlo così tanto da rischiare di perdere la relazione nel caso in cui lui mi avesse detto che non voleva farlo».

Rimanere in una situazione di cui non si è soddisfatti pur di non rischiare di scoprire che l’altro non prova i propri stessi sentimenti, stravolgendo così l’equilibrio del rapporto, è molto comune tra chi è in una relazione che rientra nelle cosiddette situationship. Nella canzone “Casual”, per esempio, la cantante statunitense Chappell Roan racconta di un rapporto “occasionale” con una persona che non vuole stare davvero con lei, anche se le ha presentato la famiglia: è considerata, non a caso, «l’inno delle situationship».

Carolina Bandinelli, autrice del saggio Le postromantiche: Sui nuovi modi di amare, crede che le situationship rientrino in una più ampia ricerca contemporanea di rapporti alternativi che evitino la sofferenza e le delusioni legate a quelli più “tradizionali”. «Le generazioni più giovani hanno visto tantissime coppie scoppiare e genitori separarsi, e c’è chi tenta di creare relazioni in cui esiste dell’intimità senza però replicare la formula della coppia tradizionale. E quindi se si crede che la sofferenza derivi dal lasciarsi, dalla minaccia costante della fine, possiamo leggere la situationship come una forma di relazione che evita di scontrarsi con questo. Perché una cosa che non inizia mai non può finire», dice.

«Alla fine, però, si finisce per essere solo tristi in modo diverso e felici in modo diverso: la delusione che viene dalla fine di una situationship da cui si sperava di ottenere una relazione non è molto diversa da quella di una fidanzata che si aspettava una proposta di matrimonio che non arriva mai. E mostrare i propri sentimenti e affermare il proprio desiderio di condivisione, soprattutto per le donne, è visto come un segno di vulnerabilità, di debolezza poco attraente da molto prima delle situationship».

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