Si stima che almeno 150 persone siano state massacrate a Wad al-Nourah, in Sudan, durante la guerra civile

Mercoledì oltre un centinaio di persone sono state massacrate nello stato di Gezira, nella parte orientale del Sudan, dove da oltre un anno è in corso una sanguinosa guerra civile tra l’esercito regolare e il gruppo paramilitare Rapid Support Forces (RSF). Su cosa sia successo esattamente si sa poco: mercoledì alcuni attivisti locali per la democrazia, noti come Comitati di resistenza di Wad Madani, hanno diffuso un video che mostra decine di corpi avvolti in teli bianchi e preparati per la sepoltura a Wad al-Nourah, paese nello stato di Gezira. Si stima che i corpi siano circa 150 e gli attivisti hanno accusato le RSF di aver attaccato il villaggio «in due ondate»: le RSF non hanno commentato le accuse, ma giovedì si sono vantate di aver attaccato quelle che hanno descritto come due posizioni militari.
In Sudan l’esercito regolare è comandato dal presidente del paese Fattah al Burhan, mentre le RSF, che di fatto sono un esercito parallelo, sono comandate dal vicepresidente Mohamed Hamdan Dagalo, noto anche come Hemedti.
Prima dell’inizio della guerra il Sudan era governato da una giunta militare detta Consiglio Sovrano, che prese il potere con un colpo di stato militare nell’ottobre del 2021 e di cui facevano parte gli stessi al Burhan ed Hemedti. Il gruppo paramilitare RSF nacque dai cosiddetti janjawid, miliziani di etnia araba che nel corso della guerra nella regione del Darfur, cominciata nel 2003, furono accusati di genocidio.
Tra al Burhan ed Hemedti andava avanti da tempo un duro scontro politico sul destino del governo sudanese, e in particolare sulle condizioni con cui sarebbe dovuta avvenire la transizione a un governo civile. Ad aprile del 2023 lo scontro è rapidamente degenerato in una guerra che secondo stime aggiornate all’inizio dell’anno ha ucciso almeno 15mila persone.
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