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  • Giovedì 30 maggio 2024

Le aziende di moda italiane rimaste in famiglia

Molte, come Gucci e Versace, sono state vendute a gruppi o fondi esteri, altre invece sono gestite ancora dagli eredi o dai fondatori, come Missoni, Prada e Armani

Patrizio Bertelli e Miuccia Prada al Teatro Manzoni di Milano, 22 novembre 2010
(Vittorio Zunino Celotto/Getty Images)
Patrizio Bertelli e Miuccia Prada al Teatro Manzoni di Milano, 22 novembre 2010 (Vittorio Zunino Celotto/Getty Images)

Martedì Luciano Benetton si è dimesso da presidente di Benetton Group, l’azienda italiana di abbigliamento più nota semplicemente come Benetton che aveva fondato nel 1965 a Ponzano Veneto (Treviso) insieme ai fratelli Gilberto, Giuliana e Carlo. Nel nuovo consiglio di amministrazione, che sarà presentato a giugno, salvo sorprese non ci sarà alcun membro della famiglia, ma solo manager esterni; l’azienda resterà comunque di proprietà dei Benetton attraverso la holding Edizione, che comprende tutte le loro società, anche se non la gestiranno direttamente.

– Leggi anche: Benetton non sarà più gestita dai Benetton

Negli ultimi anni molte importanti aziende di moda italiane sono state vendute a gruppi o fondi esteri e non appartengono più alla famiglia o ai fondatori. Tra le più rilevanti e famose ci sono Gucci, fondata da Guccio Gucci a Firenze nel 1921 e acquisita dal gruppo del lusso francese Kering nel 1999; Valentino, fondata a Roma nel 1960 da Valentino Garavani e Giancarlo Giammetti, acquisita nel 2012 dalla società di investimento del Qatar Mayhoola, che nel 2023 ne ha rivenduto il 30 per cento a Kering; Fendi, fondata a Roma nel 1925 da Adele ed Edoardo Fendi e venduta nel 2001 al gruppo del lusso francese LVMH che dal 2013 controlla anche Loro Piana, azienda di lusso fondata nel 1924 da Pietro Loro Piana a Quarona (Vercelli); e infine Versace, fondata nel 1978 da Gianni Versace e che dal 2019 fa parte della statunitense Capri Holdings, dello stilista americano Michael Kors.

Lo scorso gennaio si era parlato molto anche della bergamasca Trussardi, in gravi difficoltà e in trattative per essere venduta al gruppo piemontese Miroglio, ma che già dal 2019 non apparteneva più interamente alla famiglia.

La maggior parte delle aziende di moda italiane, però, è ancora di proprietà familiare, come dimostrano i dati raccolti dall’Osservatorio Aub per il Sole 24 Ore nell’aprile del 2024: nel 2022 il 57% delle aziende italiane di moda che avevano fatturato oltre 50 milioni di euro l’anno era gestito dalla stessa famiglia fondatrice. Tra queste ci sono anche i grandi marchi che ogni anno fatturano milioni di euro e che sono noti in tutto il mondo: di seguito i più famosi.

Giorgio Armani
Fu fondata nel 1975 da Giorgio Armani insieme al suo compagno, Sergio Galeotti (morto nel 1985); Armani ne controlla il 99,9 per cento, il restante 0,1 per cento appartiene alla Fondazione Giorgio Armani. Il gruppo ha circa 8.700 dipendenti e ha chiuso il 2022 con un fatturato di 2,35 miliardi di euro (è l’ultimo dato disponibile). È tra le aziende di moda più famose al mondo, nota soprattutto per aver destrutturato la giacca maschile, rendendola più fluida e comoda da portare; negli Stati Uniti il successo fu enorme e arrivò grazie al film American Gigolò, del 1980, in cui l’attore Richard Gere indossava completi Armani. Armani fece diventare di moda il completo giacca pantaloni anche tra le donne, a cui proponeva uno stile più maschile e androgino. È anche noto per i colori neutri che utilizza: il grigio, il beige, il greige (cioè l’unione tra i due) e il blu navy, che indossa praticamente sempre quando si affaccia in passerella dopo una sfilata, ancora oggi che ha 89 anni.

Una foto di Giorgio Armani che si affaccia a salutare il pubblico dopo la sfilata donna autunno/inverno 2024/25 a Milano, 25 febbraio 2024

Giorgio Armani si affaccia a salutare il pubblico dopo la sfilata donna autunno/inverno 2024/25 a Milano, 25 febbraio 2024 (Vittorio Zunino Celotto/Getty Images)

Prada
Miuccia Prada è tra le stiliste più influenti e originali al mondo, nota per aver diffuso l’ugly chic (cioè l’idea per cui il brutto è più interessante del bello) e per aver rivoluzionato la moda femminile e maschile da quando, nel 1978, ha ereditato l’azienda di famiglia. Era nata nel 1913 a Milano come un negozio di lusso stravagante e sfizi di importazione coloniale aperto in galleria Vittorio Emanuele II dai fratelli Mario e Martino Prada nel 1913. Mario ebbe due figlie, Luisa e Nanda; la prima, che rilevò il negozio, è la madre di Maria Bianchi, detta Miuccia, che diventò infine Miuccia Prada negli anni Ottanta, quando fu adottata da Nanda per dare continuità al cognome.

Il successo dell’azienda si deve anche all’incontro con Patrizio Bertelli, suo compagno, poi marito e amministratore delegato di Prada, che si occupa di tutti gli aspetti pratici mentre lei si dedica soprattutto a quelli creativi. Nel 1979 disegnò la prima collezione di scarpe e gli innovativi zainetti in nylon detto pocono, nel 1988 disegnò la prima collezione di abbigliamento per la donna e nel 1993 quella da uomo; nel 1992 fondò il marchio Miu Miu, destinato alle ragazze. Il gruppo controlla anche le aziende di scarpe Church’s e Car Shoe, la pasticceria Marchesi 1824, le barche a vela Luna Rossa e la Fondazione Prada, un centro culturale ed espositivo; è quotato in borsa e la famiglia ne detiene il 79,98 per cento delle azioni. I due figli della coppia lavorano nell’azienda, ma l’amministratore delegato, Andrea Guerra, è esterno alla famiglia. Nel 2023 il gruppo ha registrato ricavi per 4,7 miliardi di euro e un utile netto di 671 milioni di euro, il 44 per cento in più rispetto all’anno precedente.

Una foto di Miuccia Prada che si affaccia in passerella dopo la sfilata di Miu Miu a Parigi, 8 marzo 2022

Miuccia Prada dopo la sfilata di Miu Miu a Parigi, 8 marzo 2022 (Pascal Le Segretain/Getty Images)

Dolce & Gabbana
Fondata a Legnano nel 1985 dallo stilista siciliano Domenico Dolce e dal milanese Stefano Gabbana, ora ha sede a Milano. È famosa soprattutto per uno stile sensuale e tradizionalmente femminile, con corpetti, pizzi, tubini, stampe volutamente kitsch ispirate a stereotipi legati all’Italia e in particolar modo alla Sicilia, che è fonte di continua ispirazione per Dolce. D&G divenne famosa in tutto il mondo quando la cantante Madonna indossò un loro corpetto fatto di gemme e una loro giacca nera nel 1991; sempre per lei, nel 1993 realizzarono 1.500 costumi per il suo tour mondiale in cui presentava il disco Erotica. Dolce e Gabbana possiedono il 40 per cento l’uno del gruppo, mentre il restante 20 per cento appartiene ai due fratelli di Dolce, Alfonso e Dora, che lavorano nell’azienda. Nell’anno fiscale 2022/2023 Dolce & Gabbana ha fatturato 1,59 miliardi di euro.

Una foto di Domenica Dolce e Stefano Gabbana dopo la sfilata del loro marchio a Milano, 23 febbraio 2014

Domenico Dolce e Stefano Gabbana dopo la sfilata del loro marchio a Milano, 23 febbraio 2014 (Vittorio Zunino Celotto/Getty Images)

Missoni
Fu fondata a Gallarate nel 1953 da Ottavio Missoni e dalla moglie Rosita Jelmini come laboratorio di maglieria. È probabilmente l’azienda di moda italiana che più di tutte si è proposta come una grande famiglia, a partire da quando nel 1992 i fondatori si fecero ritrarre dal noto fotografo Oliviero Toscani con i figli e i nipoti, tutti vestiti Missoni, per una campagna pubblicitaria. Nel 1997 la guida dell’azienda passò ai tre figli, Angela, Vittorio e Luca, mentre la nipote Margherita (figlia di Angela) divenne protagonista di alcune campagne pubblicitarie.

Oltre a questo, Missoni è nota in tutto il mondo per la sua maglieria coloratissima, in particolare per l’abito lungo, con i bottoni e le righe dalle tante tinte accese, spesso in rayon e viscosa. Nel 1967 fece scandalo una collezione che presentò alla fiera di Pitti a Firenze: le modelle sfilarono senza reggiseno e la luce dei riflettori rese le maglie trasparenti, anticipando il cosiddetto nude look reso famoso dallo stilista francese Yves Saint-Laurent.

Oggi Missoni è ancora controllata dalla famiglia fondatrice, che possiede il 58,8 per cento delle azioni mentre il restante 41,2 è del fondo italiano FSI. Dal 2021 Angela Missoni non è più direttrice creativa e anche l’amministratore delegato è un manager esterno, Livio Proli; nel 2023 l’azienda ha fatturato 126 milioni di euro.

Una foto di Ottavio e Rosita Missoni, la figlia Angela e la nipote Margherita e Venezia, 8 settembre 2022

Ottavio e Rosita Missoni, la figlia Angela e la nipote Margherita, Venezia, 8 settembre 2002 (Alfonso CATALANO / FARABOLAFOTO/ANSA)

Only The Brave
Detto anche gruppo OTB, è una delle poche multinazionali della moda di lusso in Italia in espansione. Fu fondato nel 2002 dall’imprenditore Renzo Rosso, che nel 1985 aveva acquistato l’azienda di abbigliamento Diesel; da allora ha continuato ad aggregare marchi di moda, come la francese Maison Margiela, l’italiana Marni, la tedesca Jil Sander e l’olandese Viktor&Rolf. Nel 2023 ha fatturato 1,9 miliardi di euro, il 10,2 per cento in più rispetto all’anno precedente.

Una foto di Renzo Rosso a Venezia nel settembre 2021 (Jacopo M. Raule/Getty Images for OTB)

Renzo Rosso a Venezia nel settembre 2021 (Jacopo M. Raule/Getty Images for OTB)

Brunello Cucinelli
Nel 1978 lo stilista perugino Brunello Cucinelli fondò l’omonima azienda per realizzare capi da donna in cashmere colorato, che allora era molto raro. Iniziò a diversificare l’offerta dagli anni Novanta, introducendo l’abbigliamento maschile, quasi solo di maglieria; dagli anni Duemila ha ampliato la sua offerta ed è diventato uno dei marchi di lusso più famosi al mondo, simbolo del cosiddetto quiet luxury (cioè un lusso discreto, da veri ricchi). Cucinelli è noto anche per le sue posizioni e pratiche rispettose dell’ambiente e per le condizioni di lavoro dei suoi dipendenti, che hanno orari contenuti e salari superiori alla media. Dal 2012 l’azienda è quotata in borsa, Cucinelli ne possiede il 50,05 per cento. Nel 2023 l’utile netto è stato di 114 milioni di euro e ricavi superiori al miliardo.

Una foto di Brunello Cucinelli a Milano nel 2014(AP Photo/Antonio Calanni)

Brunello Cucinelli a Milano nel 2014 (AP Photo/Antonio Calanni)

Max Mara
Fu fondata a Reggio Emilia nel 1951 da Achille Maramotti con il nome Confezioni Maramotti, che cambiò in Max Mara nel 1957. È nota per aver modernizzato la sartoria italiana, introducendo i processi industriali nella produzione e innovando la distribuzione; è considerata, infatti, tra le aziende italiane ad aver inventato il prêt-à-porter, o ready-to-wear, cioè i vestiti già confezionati in taglie standard che si trovano nei negozi e non fatti su misura da un sarto o da una sarta. Il suo capo più famoso è il cappotto, in particolare il celebre modello 101801 color cammello.

Nel 1980 Maramotti fondò il gruppo Max Mara Fashion, che gestisce tra gli altri i marchi Sportmax, MAX&Co., Marella, Marina Rinaldi, Weekend Max Mara, Intrend. Dopo la morte del fondatore nel 2005, l’azienda è gestita dai suoi tre figli; il maggiore, Luigi, è il presidente del gruppo. Nel 2022, anno dell’ultimo bilancio disponibile, il fatturato è stato di 898 milioni di euro, il 13,63 per cento in più rispetto al 2021.

Una foto di Luigi Maramotti e Lisbona, Portogallo, nel giugno 2022(Carlos Rodrigues/Getty Images)

Luigi Maramotti a Lisbona, Portogallo, nel giugno 2022 (Carlos Rodrigues/Getty Images)

Salvatore Ferragamo
È tra le aziende di scarpe di lusso più note al mondo. Il suo fondatore, Salvatore Ferragamo, era uno stilista calzaturiere di Avellino emigrato negli Stati Uniti che nel 1923 fondò un’attività a Hollywood, lavorando presto per le attrici del cinema. Nel 1927 tornò in Italia e spostò l’azienda a Firenze, che nei primi anni produceva solo scarpe da donna per il mercato americano, soprattutto per attrici famose tra cui Marilyn Monroe (che apprezzava molto i suoi tacchi a spillo), Greta Garbo, Audrey Hepburn e Judy Garland (per cui realizzò il famoso sandalo rainbow, con il tacco e la suola colorati come un arcobaleno). Nel 1948 aprì il suo primo negozio a New York e dal 1955 iniziò a offrire anche accessori e capi di abbigliamento.

Ferragamo morì nel 1960 e la gestione dell’azienda passò alla moglie Wanda mentre la figlia Fiamma si occupò della parte creativa; successivamente furono coinvolti anche gli altri cinque figli del fondatore. Nel 2006 il figlio Ferruccio prese il posto della madre e nel 2011 l’azienda viene quotata in Borsa, dove vendette il 48 per cento delle azioni mentre il resto rimase alla famiglia. Dal 2022 l’azienda ha un amministratore delegato esterno, Marco Gobetti, mentre Ferruccio Ferragamo ne è il presidente. Nel 2023 l’utile è stato di 26 milioni di euro, con un fatturato superiore al miliardo.

Una foto di Wanda Ferragamo a Firenze nel 2007(ANSA)

Wanda Ferragamo a Firenze nel 2007 (ANSA)

Ermenegildo Zegna Group
Nel 1910 Ermenegildo Zegna fondò un lanificio a Trivero (Biella) che oggi è diventato una delle aziende più note al mondo per l’abbigliamento di lusso maschile; è anche tra le poche a controllare l’intera filiera produttiva, a partire dalle pregiate materie prime. Dal 2016, con l’arrivo di Alessandro Sartori alla direzione artistica, se ne parla spesso per l’eleganza contemporanea delle collezioni; è di Zegna anche una delle scarpe quiet luxury di maggior successo degli ultimi anni, la Triple Stitch. La gestione dell’azienda è arrivata alla terza generazione: Ermenegildo, detto Gildo, Zegna è il nipote del fondatore e ricopre il ruolo di presidente e amministratore delegato. La famiglia detiene il 62 per cento del capitale del gruppo, che si è quotato in borsa nel 2021.

Negli ultimi anni il gruppo ha acquisito altri marchi importanti di abbigliamento: Thom Browne nel 2018 e Tom Ford Fashion nel 2023, entrambi statunitensi. Ha circa 7000 dipendenti e nel 2023 ha fatturato di 1,9 miliardi di euro.

Una foto di Ermenegildo Zegna, detto Gildo, nel negozio di Zegna a Manhattan, New York, 17 dicembre 2021(Desiree Rios/The New York Times)

Ermenegildo Zegna, detto Gildo, nel negozio di Zegna a Manhattan, New York, 17 dicembre 2021 (Desiree Rios/The New York Times)