L’Armenia ha riconsegnato all’Azerbaijan quattro cittadine di confine che occupava dagli anni Novanta

Un soldato vicino a una bandiera del Nagorno Karabakh, nel 2020 (AP Photo/Sergei Grits)
Un soldato vicino a una bandiera del Nagorno Karabakh, nel 2020 (AP Photo/Sergei Grits)

L’Armenia ha riconsegnato all’Azerbaijan quattro cittadine di confine che occupava dagli anni Novanta, conquistate durante una guerra fra le due ex repubbliche sovietiche nel Caucaso. Lo scambio è considerato un passo avanti per avviare dei colloqui di pace tra i due paesi, coinvolti in disputa trentennale attorno al Nagorno Karabakh, un territorio separatista collocato in Azerbaijan, fino a pochi mesi fa controllato dall’Armenia e abitato principalmente da persone di etnia armena. L’Azerbaijan lo aveva riconquistato con una rapida operazione militare lo scorso settembre, spingendo circa 100mila abitanti di etnia armena a rifugiarsi in Armenia.

La cessione è uno dei primi atti concreti nel processo di normalizzazione dei rapporti fra i due paesi. Ha portato alla modifica di un tratto di confine lungo 12 chilometri, ed è stata confermata da entrambi i paesi, che hanno fatto sapere che le rispettive guardie di frontiera si sono spostate sui nuovi confini. I quattro villaggi in azero sono noti come Baghanis Ayrum, Ashaghi Askipara, Kheyrimli e Ghizilhajili: sono considerati di importanza strategica per l’Armenia perché ci passa un’autostrada che la collega con la Georgia, molto importante dal punto di vista commerciale.

La decisione del governo armeno di restituire i villaggi è stata criticata da molti armeni, e migliaia di persone hanno partecipato a manifestazioni di protesta. Gli armeni nazionalisti da tempo criticano il primo ministro Nikol Pashinyan, al potere dal 2018, per la sua gestione dei conflitti con l’Azerbaijan. Nel 2020 l’Azerbaijan riconquistò buona parte del Nagorno Karabakh: già allora Pashinyan fu molto criticato da chi pensava che non avesse difeso abbastanza decisamente il territorio.

– Leggi anche: L’episodio di Globo, il podcast di esteri del Post, sul Nagorno Karabakh