Perché anche gli attori italiani protestano contro Netflix

Per lo stesso motivo per cui lo avevano fatto quelli di Hollywood, e cioè il calcolo dei diritti d'autore sui contenuti visti sulla piattaforma di streaming

Elio Germano alla Mostra del cinema di Venezia del 2022. (Gian Mattia D'Alberto - LaPresse)
Elio Germano alla Mostra del cinema di Venezia del 2022. (Gian Mattia D'Alberto - LaPresse)
Caricamento player

La società di riscossione del diritto d’autore Artisti 7607 ha annunciato di aver citato in giudizio la piattaforma di streaming Netflix presso il tribunale civile di Roma, chiedendo «un compenso adeguato e proporzionato come indicato dalla legge». Da otto anni Artisti 7607 è in trattativa con Netflix senza che le due parti abbiano raggiunto un accordo. Secondo Artisti 7607, la piattaforma viola la normativa europea e nazionale sulla proporzione dell’equo compenso, ovvero la parte di diritto d’autore che spetta agli attori per lo sfruttamento delle opere a cui prendono parte.

La questione che lamenta Artisti 7607 è la stessa che ha spinto attori e sceneggiatori di Hollywood a scioperare per alcuni mesi l’anno scorso: cioè il fatto che Netflix come altre piattaforme renda noti solo parzialmente i dati di fruizione dei propri contenuti. In coincidenza con lo sciopero degli attori di Hollywood, che si era accavallato a quello degli sceneggiatori, Netflix aveva infine accettato di rendere pubblici i dati sulle riproduzioni di tutti i suoi contenuti, due volte all’anno (il CEO Ted Sarandos aveva negato che questa rinnovata trasparenza dipendesse però dalle proteste). Il problema è che quei dati sono piuttosto sporadici e generici – riportano solo le ore totali per le quali un contenuto è stato visto nei sei mesi precedenti – e non riguardano gli anni passati.

La società di riscossione ritiene quindi che sia sostanzialmente impossibile calcolare se il compenso versato sia davvero “adeguato e proporzionato” allo sfruttamento che è stato fatto delle opere in questione. Ciò che viene versato è a discrezione di Netflix, che sostiene di calcolarlo in base alle effettive ore di visione.

Netflix, in un comunicato, ha detto di aver cercato di raggiungere un accordo con Artisti 7607 senza successo e ha negato di essere in violazione della legge, sostenendo anzi «di aver fornito loro tutte le informazioni previste dalla legge, come riconosciuto dall’AGCOM».

Artisti 7607 dal 2012 ha mandato di riscuotere il diritto d’autore per conto dei propri associati. È una società di collecting nata quando nel 2009 era stato liquidato l’IMAIE, cioè l’ente che si occupava in precedenza di riscuotere il diritto d’autore per interpreti ed esecutori. Nata come associazione, diventò una società di riscossione per l’appunto dal 2012, quando il mercato fu liberalizzato. La chiusura dell’IMAIE, che era un gestore monopolistico, fu motivata dall’incapacità di quella società di redistribuire effettivamente i compensi raccolti. L’IMAIE sosteneva in molti casi di non essere in grado di rintracciare gli aventi diritto.

Nei 16 anni durante i quali l’IMAIE ha raccolto l’equo compenso quasi 100 milioni di euro sono stati trattenuti dall’ente senza distribuirli agli aventi diritto. La chiusura dell’IMAIE coincise con la nascita di una sua versione riformata: il Nuovo IMAIE, che oggi è la società che ha il mandato di raccogliere e redistribuire i diritti connessi per il maggior numero di interpreti e doppiatori italiani. Come ha fatto notare Netflix nella sua nota di risposta ad Artisti 7607, da anni la piattaforma ha raggiunto un accordo con il Nuovo IMAIE e paga a loro i diritti dovuti.

Artisti 7607 ritiene però che quell’accordo sia insufficiente perché non in linea con i principi di compenso “adeguato e proporzionato”. Negli anni Artisti 7607 si è scontrato diverse volte con il Nuovo IMAIE, accusandolo di concorrenza sleale. Nel 2019 invece era stato il Nuovo IMAIE a denunciare Artisti 7607, che poi era stata giudicata colpevole di aver riscosso l’equo compenso per alcuni associati per i quali in realtà non aveva mandato per farlo.

In Italia, come negli Stati Uniti e nel resto del mondo, la maggior parte degli attori non è famosa, e lavora con piccole parti in molte produzioni o in spot pubblicitari, video musicali e altre forme di audiovisivo. Una parte sostanziosa del reddito di questi attori non viene dai singoli ingaggi, necessariamente bassi, ma dal diritto d’autore che possono maturare negli anni dai diversi lavori a cui hanno preso parte, specie quando alcuni di questi sono molto replicati in televisione o molto visti in piattaforma. In precedenza l’equo compenso era calcolato in base alle repliche televisive. Ma ora che andrebbe calcolato sapendo quante volte ogni singolo film o ogni puntata di ogni serie è stata vista, e quindi riprodotta singolarmente sulle varie piattaforme in cui può essere disponibile, le cifre percepite dagli attori si sono molto abbassate.

Già a marzo del 2023 la società aveva annunciato un’azione legale contro Netflix, sempre per la mancata comunicazione dei dati di fruizione. E poi a luglio, in corrispondenza degli scioperi di attori e sceneggiatori americani, aveva aderito a una lettera aperta insieme a cinque altre associazioni di categoria che rappresentano attori, registi e sceneggiatori (Unita – Unione Nazionale Interpreti Teatro e Audiovisivo, 100autori, AIR3 – Associazione Italiana Registi, Writers Guild Italia e ANAD – Associazione Nazionale Attori Doppiatori), chiedendo alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni, al sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano e al ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano un incontro.

Tra gli attori più noti e più attivi nel rappresentare Artisti 7607 e nel promuovere le molte battaglie sostenute in questi anni ci sono Elio Germano, Valerio Mastandrea, Neri Marcorè e Claudio Santamaria.