Un’altra canzone di David Bowie

Quando la band funziona e il pubblico è felice

(Evening Standard/Getty Images)
(Evening Standard/Getty Images)

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Sono a New York e come il più pivello dei turisti sono puntualmente stato stroncato dal jetlag: sveglio dalle cinque del mattino, a un certo punto ho avuto bisogno di un espresso doppio e per stare alla larga dai caffè fanatici che fanno qui mi sono rifugiato in un bar di Venchi a Union Square, con tutte le sue convenzionali italianità. Epperò sono stato accolto dall’assolo di Like a hurricane che suonava rinfrancante per tutta la sala: ho chiesto, mi hanno detto che è una playlist aziendale, bravi così (tra l’altro in coincidenza e sintonia con la newsletter di oggi di Michele Serra, che parlava di far convivere tradizioni e nomadismi).
Invece ieri sull’aereo ho guardato – per via di una cosa che stavo leggendo che me ne aveva incuriosito – Chi ha paura di Virginia Woolf, che forse non avevo mai visto. E ho realizzato a questa età – immagino, voi lo sapevate, sono il primo a essere imbarazzato – che il titolo Who’s afraid of Virginia Woolf è un gioco di parole intorno a ” Who’s afraid of the big bad wolf “, la filastrocca che altro non è che ” Siam tre piccoli porcellin “. E ora mi piacerebbe sapere quali pensieri (metrica? rima?) abbiano fatto decidere allora di spostare il soggetto, nel titolo e nel refrain, dal lupo ai porcellini, nella traduzione italiana.
Tra l’altro, le musiche del film le scrisse Alex North, di cui parlammo qui qui, dato il suo curriculum.
È uscito quel rifacimento pieno di ospiti di Going home di Mark Knopfler, di cui dicevamo la settimana scorsa.
Vent’anni fa oggi uscì Eternal sunshine of the spotless mind, gran bel film con gran bella cover di Beck.

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