Gli abitanti di Monterenzio si sono stranamente affezionati a un guado

Vogliono impedire la demolizione di un passaggio sul fiume Idice, in provincia di Bologna, eletto a simbolo della loro forza di volontà: ci hanno fatto persino dei gadget

Il guado di Monterenzio
Una foto del guado condivisa sul gruppo Facebook "Valle Idice news"
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Martedì 16 gennaio un centinaio di abitanti di Monterenzio, un comune sull’Appennino bolognese, ha preso parte a una manifestazione contro l’arrivo di una ruspa chiamata per demolire il guado provvisorio costruito sul fiume Idice dopo l’alluvione del maggio 2023. A prima vista il guado non è altro che un passaggio di pochi metri fatto con blocchi di cemento; in realtà negli ultimi mesi per chi abita in tutta la valle dell’Idice si è caricato di un significato forte, è diventato quasi un simbolo della forza di volontà e della solidarietà degli abitanti di Monterenzio, che ora chiedono di non rimuoverlo: dallo scorso settembre sono state organizzate petizioni, diverse manifestazioni, sono state inviate diffide al comune e alla regione per impedirne l’abbattimento. «Il guado non si tocca», si legge su uno striscione appeso contro la demolizione.

Monterenzio è un comune sparso. I suoi seimila abitanti sono distribuiti in 19 paesi, quasi tutti in zona collinare o montuosa: Monterenzio, Bisano, Cà di Bazzone, Cassano, Castelnuovo, Farneto, Pizzano, Rignano, San Benedetto del Querceto, San Clemente, Sassuno, Savazza, Vignale, Villa Sassonero, Cà del Vento, Villa di Cassano, Cà Merla, Cà Corradini e Fiumetto. Durante l’alluvione che colpì l’Emilia-Romagna, in tutto il territorio comunale furono segnalate 800 frane tra piccoli smottamenti e dissesti più estesi e gravi.

Uno dei problemi maggiori fu l’erosione della strada provinciale 7, conosciuta come SP7, dovuta alla piena del fiume Idice che la costeggia. Monterenzio si ritrovò diviso in due, con gli abitanti delle frazioni più a monte costretti a fare un giro lungo fino a 70 chilometri per raggiungere la strada che porta a Bologna.

Alla fine di maggio, due settimane dopo l’alluvione, sette imprenditori edili di Monterenzio proposero al comune di aggirare l’interruzione della strada provinciale con un guado, un passaggio sul fiume per collegare le due sponde tra la piscina comunale e il campo da calcio. L’idea si diffuse nei gruppi Facebook della zona e gli abitanti iniziarono a sostenerla con decisione. I sette imprenditori formarono un’associazione temporanea di imprese (ATI) a cui vennero affidati i lavori urgenti.

La situazione di emergenza consentiva di evitare le consuete procedure e il cantiere aprì immediatamente. In cinque giorni le imprese costruirono un ponte con blocchi di calcestruzzo armato e una striscia sempre di calcestruzzo lunga 16 metri e larga 6. Gli escavatori ripulirono la zona circostante dai detriti e dal fango prima di far passare le auto: i disagi per l’interruzione della strada durarono meno di un mese. «Ci dicevano che l’idea non andava bene, che non sarebbe servito e invece, dopo le insistenze nostre e dei cittadini, il comune ci ha dato l’ok e ci siamo messi al lavoro», disse nel giorno dell’apertura il geometra Silvio Albertazzi, uno dei componenti del comitato nato dopo l’alluvione. Il guado costò circa 79mila euro, coperti in parte da alcuni contributi della città metropolitana e della regione Emilia-Romagna.

L’apertura del ponte fu festeggiata con una cena che in dialetto emiliano viene chiamata bandiga, cioè una lunga tavolata per celebrare la fine di un progetto importante. La bandiga fu organizzata proprio sul guado, a cui nel frattempo era stato dato anche un nome: “guadolo”. Ma la popolarità del guado è andata anche oltre. Sono state realizzate magliette e portachiavi per raccogliere fondi da donare alla Pubblica assistenza, l’associazione che gestisce il trasporto di malati e i soccorsi sanitari. I sette imprenditori che avevano proposto di realizzarlo furono chiamati “i magnifici sette” o “i guadaioli”.

Alla fine di luglio, dopo alcuni lavori di pulizia e ripristino del tratto danneggiato, fu riaperta la strada provinciale 7 che era stata sostituita dal guado. Da allora è ripreso il passaggio di auto e tir, anche se con alcune restrizioni come il senso unico alternato. Nonostante la fine della fase di emergenza, molti abitanti iniziarono a opporsi all’abbattimento del guado. «Finché non c’è un’alternativa sicura il nostro guado non si tocca», è uno degli slogan della protesta ripetuto anche nelle ultime settimane. Fino a quando la strada provinciale 7 non sarà del tutto sicura da altri possibili dissesti, dicono gli abitanti, il guado non deve essere demolito.

Il comune di Monterenzio la pensa diversamente, così come la struttura commissariale gestita da Francesco Figliuolo e la regione Emilia-Romagna, che hanno sollecitato più volte la demolizione del passaggio. Il 19 settembre 2023 il comune ha ricevuto una nota dalla regione: in caso di piena dell’Idice, hanno scritto i tecnici regionali, il guado rischia di intasarsi, di ostruire il passaggio dell’acqua e di causare nuove piene. A subire le conseguenze di un’esondazione grave sarebbe soprattutto la scuola che si trova a poche decine di metri dal fiume. «A causa del guado è aumentato il rischio idraulico rispetto ai luoghi e alla scuola citata, rispetto alla situazione precedente», si legge nella lettera.

Sostenuto dal parere vincolante della regione, il comune di Monterenzio ha affidato i lavori di demolizione del guado alla ditta Marchesi per circa 30mila euro, che saranno poi restituiti dallo Stato attingendo dagli aiuti assicurati alle zone alluvionate. La demolizione era prevista a gennaio, poi la ruspa si è fermata per la protesta degli abitanti.

Nelle ultime settimane è stato costituito un comitato informale “no-demolizione” che ha presentato una diffida in comune, alla città metropolitana e alla regione contro l’abbattimento. Nove persone del comitato si sono affidate a un avvocato per presentare un ricorso al tribunale amministrativo regionale (TAR). Di solito nei comuni, soprattutto in quelli più piccoli, mobilitazioni così partecipate e agguerrite nascono per impedire la costruzione di opere che interferiscono con il paesaggio: autostrade, inceneritori, pale eoliche, nuovi poli logistici. Nel caso di Monterenzio la protesta è spinta dal motivo opposto, cioè dalla volontà di mantenere un’opera che ormai ha un valore quasi solo emotivo e simbolico.

«Ho firmato sulla Costituzione e sono responsabile della salute dei cittadini: non posso non tenere conto dei rischi dovuti alla presenza del guado», dice il sindaco di Monterenzio Ivan Mantovani. Il comune sta organizzando un’altra giornata per iniziare l’abbattimento, ma prima bisogna capire come gestire il ricorso al TAR. «Ci siamo affidati a un legale per presentare tutte le relazioni ai giudici. Nei giorni di forte pioggia l’acqua si è alzata fino alla sommità del guado e ha cominciato a esondare. È evidente che la situazione è a rischio, speriamo non capiti nulla».

Secondo il sindaco la mobilitazione degli ultimi mesi nasconde anche fini politici: le proteste, sostiene Mantovani, sono istigate da alcuni componenti dell’opposizione in vista delle elezioni comunali del prossimo giugno. «Il guado è un pretesto per fare campagna elettorale in anticipo», dice. «Abbiamo ancora progetti da completare per 18 milioni di euro, che sono moltissimi per un comune come il nostro: mi ricandiderò perché voglio portarli a termine».