Il cambio di marchio da Twitter a X è un flop

Sono passati più di 200 giorni da quando Elon Musk ha annunciato il nuovo nome, ma praticamente per tutti Twitter continua a chiamarsi così

(Justin Sullivan/Getty Images)
(Justin Sullivan/Getty Images)
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Il 23 luglio 2023 Elon Musk annunciò che Twitter aveva appena cambiato nome e che da quel momento si sarebbe chiamato X. Circa duecento giorni dopo, le persone che usano il nuovo nome del social network sono pochissime, sia per vecchie abitudini sia perché l’indirizzo del sito continua a essere twitter.com, con il dominio x.com che rinvia a quello storico e più conosciuto. Il cambiamento del marchio non ha avuto un grande successo a conferma di quanto fosse radicata la versione originale rimasta in circolazione per più di 17 anni.

Nel corso della propria esistenza il social network aveva costruito intorno alla parola “Twitter” buona parte della propria immagine e in un certo senso della propria essenza. In inglese “twitter” significa “cinguettio” e non a caso fino allo scorso anno il logo della società era un uccellino stilizzato, facile da riconoscere e presente in moltissime sezioni del social network e sui tasti per condividere i contenuti ospitati da una enorme quantità di siti. Dal nome del social network era poi derivata la parola “tweet” per indicare i contenuti pubblicati dagli utenti. Era diventata così nota e condivisa da far capire praticamente a chiunque che un tweet non poteva essere altro che un contenuto pubblicato su Twitter, a differenza del nome più generico “post” usato per indicare un aggiornamento su qualsiasi altro social network.

La parola “tweet” poteva essere pronunciata più o meno allo stesso modo in tutto il mondo e questo aveva contribuito al suo successo. Vocabolari in varie lingue la inserirono tra i neologismi, compreso il Vocabolario Treccani che nel 2018 la aggiunse con la definizione: «Breve messaggio di testo inviato servendosi della rete social Twitter». Lo stesso vocabolario aggiunse anche “twitstar”: «Chi è molto noto nell’ambiente di Twitter».

Da Twitter erano derivate numerose altre forme per descrivere azioni, adattate a seconda delle lingue nel paese. In italiano scrivere e pubblicare un tweet era diventato “twittare/tuittare”, mentre condividere un contenuto già pubblicato da un utente sul social network era “ritwittare”. In ambito anglosassone aveva avuto successo per un certo periodo la parola “tweeps” (una fusione tra “Twitter” e “peeps”, cioè “pigolio” in inglese tra i suoi vari significati e modo di indicare informalmente le persone) per indicare i follower dei singoli profili. Oltre al logo c’erano poi altri riferimenti agli uccelli, come una piuma nel tasto che consentiva di aprire il modulo per scrivere un nuovo tweet.

Musk, che aveva acquisito Twitter nell’ottobre del 2022 dopo una travagliata e costosa operazione finanziaria, aveva da subito mostrato una certa insofferenza per i numerosi riferimenti a uccelli, piume e cinguettii. In più occasioni aveva anticipato di essere al lavoro per cambiare il marchio, anche se nei primi mesi dopo l’acquisizione la situazione all’interno dell’azienda era caotica tra licenziamenti di massa e modifiche agli algoritmi, che avevano portato a vari malfunzionamenti.

Dopo avere ritirato Twitter dalla borsa, all’inizio del 2023 Musk cambiò il nome da Twitter Inc. a X Corp., mostrando ancora una volta di avere una certa fissazione con la lettera X. All’inizio della propria carriera aveva infatti realizzato il sito x.com per una banca online che si sarebbe in seguito fusa con una concorrente portando alla nascita di PayPal, oggi uno dei servizi più utilizzati per i pagamenti su Internet. In seguito Musk valutò la possibilità di costituire una holding chiamata X e che includesse SpaceX e Tesla, le sue principali aziende. Nel 2017 rientrò in possesso del dominio x.com acquistandolo da PayPal per una cifra mai rivelata e lasciandolo per lungo tempo inutilizzato, fino al cambiamento di marchio di Twitter.

Oggi se si visita x.com si viene automaticamente reindirizzati su twitter.com, il dominio con il vecchio nome del social network che continua a esistere e a essere visibile ai suoi milioni di iscritti. Trasportare un sito online da 17 anni verso un nuovo indirizzo non è semplice, soprattutto per garantire che tutti i vecchi contenuti continuino a funzionare, e di conseguenza è probabile che la fine di twitter.com non sia ancora avvenuta soprattutto per motivi tecnici. L’annuncio dello scorso luglio da parte di Musk fu del resto improvviso e, come avrebbero raccontato in seguito alcuni ex dipendenti e osservatori, non tutti all’interno di Twitter erano al corrente della decisione del suo nuovo proprietario.

Oltre a chi lavorava all’interno del social network, non erano evidentemente pronti al cambiamento nemmeno gli utenti di Twitter e i principali mezzi di comunicazione, a cominciare dalle testate giornalistiche tra le quali la piattaforma aveva un notevole successo soprattutto per la sua immediatezza e l’accesso a numerose fonti per raccontare i fatti mentre accadevano in tempo reale. Ancora oggi molte testate usano formule come «X (in precedenza Twitter)» per far capire ai loro lettori che si parla dello stesso social network, molto più conosciuto con il suo vecchio nome.

Il vecchio account @twitter bloccato con l’invito a seguire quello nuovo @x

Cambiare tutte le indicazioni all’interno della piattaforma per rimuovere tutti i riferimenti a Twitter non è stato semplice e nonostante gli sforzi qualcosa del vecchio marchio riaffiora ancora, non solo nelle parti più evidenti come il dominio twitter.com. Le persone abbonate alla versione a pagamento, per esempio, hanno ricevuto per diverso tempo comunicazioni con formulazioni come «X (già Twitter)», indizio del fatto che ci sia ancora una certa incertezza all’interno dell’azienda su quanto sia diffuso e conosciuto il nuovo marchio.

Secondo diversi esperti di comunicazione, marchi e marketing consultati di recente da CNN, Musk in pochi mesi ha rinunciato a un grande patrimonio costruito negli anni intorno all’identità di Twitter. Il cambiamento è inoltre avvenuto in un momento in cui Twitter non aveva nulla di nuovo da offrire rispetto alle solite funzionalità. «Penso che una cosa sia fare un rebrand della tua azienda quando stai presentando un prodotto completamente nuovo e vuoi davvero ampliare la portata del tuo marchio. È invece un’altra cosa appiccicare un nome nuovo a un vecchio prodotto», ha detto Zoë Schiffer – autrice di un libro sull’acquisizione di Twitter da parte di Musk – a CNN.

Attualmente X fa esattamente le cose che faceva prima Twitter. Le funzioni aggiuntive presentate negli ultimi mesi non hanno cambiato l’identità e i concetti di base che fanno funzionare il social network, e che hanno contribuito a renderlo così famoso in buona parte del mondo. Musk ha più volte annunciato che nel corso del tempo X diventerà una cosa molto diversa da un social network, trasformandosi in una «applicazione per il tutto», basata cioè su sistemi di intelligenza artificiale e utilizzabile per effettuare facilmente pagamenti online. È un obiettivo ambizioso perfettamente nello stile di Musk, ma non è chiaro se e quando sarà raggiunto e a che prezzo per chi è ancora appassionato al Twitter di una volta.

Musk ha alluso alla possibilità di avere un sistema per i pagamenti attivo entro la fine dell’anno, mentre non ci sono tempi chiari per l’aggiunta di Grok, il sistema di intelligenza artificiale simile a ChatGPT che sta sviluppando un’altra azienda di Musk. Le novità potrebbero contribuire a differenziare di più X da Twitter, ma questo non implica che le persone smettano di chiamare la piattaforma con il suo vecchio nome, più immediato e meno generico di X.

X è in fin dei conti una lettera dell’alfabeto e non attira più di tanto l’attenzione, se confrontata con i nomi di alcuni dei marchi più famosi al mondo come Coca-Cola o Nike. Non evoca nessun riferimento diretto a ciò che offre e a differenza di Twitter non può essere utilizzata in vari modi: si “twitta” per pubblicare un tweet, si “gugola” per fare una ricerca online, si “instagramma” qualcosa, ma non c’è un equivalente per X (almeno al momento nessuno “icsa” qualcosa).

Gli utenti storici di Twitter che hanno deciso di rimanere anche dopo i numerosi problemi riscontrati sulla piattaforma, tecnici e di moderazione, usano quasi sempre il vecchio nome del social network e in alcuni casi invitano a boicottare l’uso del nuovo marchio X. C’è chi lo fa per abitudine, chi per nostalgia e chi ancora per motivi pratici, ma al di là delle motivazioni ciò che conta è che le persone iscritte al servizio continuano a usare un nome che quello stesso servizio vorrebbe non venisse usato più. Sostituire un’abitudine con un’altra non è mai semplice, specialmente se questa è stata costruita su un marchio diventato familiare cui i suoi utilizzatori attribuiscono a torto o a ragione un certo valore.