Ha senso paragonare l’inquinamento di Milano a quello di Delhi?

Se ne parla in questi giorni di aria molto inquinata nella Pianura Padana, ma senza standard condivisi è difficile confrontarne la qualità con altri posti del mondo

Una giornata con molto inquinamento atmosferico nel 2016 a Delhi, India (Allison Joyce/Getty Images)
Una giornata con molto inquinamento atmosferico nel 2016 a Delhi, India (Allison Joyce/Getty Images)
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Negli ultimi giorni la qualità dell’aria molto bassa nella Pianura Padana è stata paragonata a quella di alcune grandi città note per essere molto inquinate, come Delhi in India e Pechino in Cina. Il confronto in molti casi si basa su alcune classifiche che circolano online, ma è in realtà difficile avere dati coerenti e affidabili da varie parti del mondo che permettano di fare un confronto completo. La qualità dell’aria viene calcolata con metodi diversi e non c’è un unico standard per farlo.

La questione è diventata particolarmente discussa all’inizio della settimana dopo che il sindaco di Milano, Beppe Sala, ha risposto spazientito a un giornalista che gli aveva chiesto che cosa ne pensasse di una classifica che aveva indicato Milano come una delle tre città più inquinate al mondo, davanti a Delhi. Sala ha invitato a non fare affidamento su classifiche gestite da società private, contestando il dato e invitando a tenere in considerazione le rilevazioni ufficiali effettuate dall’Azienda regionale per la protezione ambientale (ARPA) della Lombardia.

La classifica in questione è compilata da IQAir, una società svizzera che, oltre a vendere prodotti come rilevatori e purificatori per l’inquinamento, offre sul proprio sito una mappa interattiva per farsi un’idea della qualità dell’aria in buona parte del mondo. La mappa è realizzata utilizzando sia i dati forniti dalle istituzioni, sia dai sensori che la società vende e che possono essere collegati online per tenere sotto controllo i livelli di inquinamento dell’area geografica in cui si vive.

Nel caso di Milano, IQAir impiega una decina di stazioni: la maggior parte è gestita da privati, mentre un paio è mantenuto da ARPA Lombardia, che pubblica i dati in tempo reale. Se si osserva una stazione di un privato in prossimità di una di quelle “ufficiali”, i dati delle rilevazioni non sono molto diversi per alcuni specifici parametri come per esempio la misurazione dei PM2,5, un tipo di polveri sottili molto presente nelle giornate con tanto inquinamento e che può causare vari problemi di salute. La valutazione delle qualità dell’aria tiene però in considerazione molti altri parametri, senza uno standard definito e condiviso a livello globale.

Il cosiddetto “indice di qualità dell’aria” (IQA) è un indicatore utile per farsi un’idea immediata, per quanto approssimativa, dello stato dell’aria. Di solito prevede tra i 5 e i 6 livelli dal migliore (“qualità dell’aria buona”) al peggiore (“qualità dell’aria estremamente scarsa”), in modo da dare indicazioni alla popolazione su eventuali precauzioni da assumere, come per esempio ridurre l’attività fisica all’aperto e stare il più possibile al chiuso.

Dopo anni in cui ogni stato membro usava IQA lievemente diversi, l’Unione Europea ha lavorato per uniformare il più possibile il calcolo della qualità dell’aria in modo da avere valori comparabili in tutto il proprio territorio. L’iniziativa ha portato nel 2017 alla realizzazione dell’Indice Europeo della Qualità dell’Aria, basato sui valori concentrazione di PM10, PM2,5, biossido di azoto, ozono e anidride solforosa, tra le principali sostanze inquinanti presenti in sospensione nell’aria.

La realizzazione dell’IQA europeo ha reso più facilmente confrontabili le varie aree geografiche dell’Unione in termini di inquinamento, aggiungendosi alle classifiche che vengono pubblicate periodicamente sulla base di alcuni inquinanti. La più recente e completa è riferita agli anni 2021 e 2022 ed è stata realizzata tenendo soprattutto in considerazione i PM2,5, che vengono rilevati con maggiore frequenza e più diffusamente dagli stati membri: più una città è in basso, maggiore è il livello rilevato di questi inquinanti.

Al fondo della classifica ci sono diverse città italiane a cominciare da Cremona, 372esima su 375, preceduta da: Padova (367), Vicenza (362), Venezia (359), Brescia (358), Piacenza (357), Bergamo (357), Alessandria (353), Asti (352), Verona (351), Treviso (350), Milano (349), Pavia (348) e Torino (347). Il risultato è in linea con le rilevazioni sulla Pianura Padana, una delle aree più inquinate di tutta Europa a causa delle sue caratteristiche geografiche e della presenza di numerosi centri urbani e industriali. È bene ricordare che la classifica tiene in considerazione i valori dei PM2,5 e avrebbe probabilmente città in posizioni diverse se fosse basata sull’intero IQA.

L’IQA europeo utilizza soglie diverse rispetto al National Air Quality Index dell’India, di conseguenza le stime sulla qualità dell’aria non sono sempre facilmente confrontabili. I singoli valori che vengono impiegati per fare la stima sono comunque disponibili e da quelli si possono fare valutazioni più ampie, per esempio tenendo in considerazione i limiti indicati dalle principali istituzioni sanitarie come l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS).

Per quanto riguarda i PM2,5, per esempio, l’OMS indica che la media della concentrazione nell’arco di un intero anno non dovrebbe essere superiore a 5 microgrammi per metro cubo. Non si dovrebbero inoltre superare i 15 microgrammi per metro cubo per più di 3-4 giorni consecutivi, sempre secondo l’OMS. In alcune stazioni di rilevamento di ARPA Lombardia a Milano nei giorni scorsi sono stati rilevati in più casi valori ben al di sopra degli 80 microgrammi per metro cubo; negli stessi giorni in un’area centrale di New Delhi i livelli di PM2,5 sono stati di circa 100 microgrammi per metro cubo.