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  • Venerdì 26 gennaio 2024

Si fanno sempre meno gol su calcio di punizione

Sono stati solo 7 in più di metà campionato di Serie A, ma succede un po' ovunque in Europa: c'entrano portieri, coccodrilli e un'attenzione maggiore alle statistiche

Alessandro Del Piero tira una punizione durante un Juventus-Bari del 2011
Alessandro Del Piero tira una punizione durante un Juventus-Bari del 2011 (M. Raimondi / FARABOLAFOTO)
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Nella Serie A di calcio maschile 2023-2024 si è dovuto aspettare dieci giornate (e quasi cento partite) per vedere il primo gol segnato su una punizione diretta, ottenuto cioè tirando verso la porta un calcio di punizione. Lo ha segnato il 29 ottobre scorso l’attaccante italiano del Napoli Giacomo Raspadori nella partita finita 2-2 contro il Milan, interrompendo un periodo senza gol segnati in questo modo che durava dal campionato precedente, dal gol di Antonio Candreva in Salernitana-Udinese 3-2 del 27 maggio 2023. Arrivati alla ventunesima giornata, la seconda del girone di ritorno, i gol su punizione diretta nel campionato in corso sono diventati in tutto sette. A Raspadori si sono aggiunti Marco Brescianini e Matias Soulé del Frosinone, Albert Guðmundsson del Genoa, Charalampos Lykogiannis del Bologna, Luca Pellegrini della Lazio e Dusan Vlahovic della Juventus.

Sette gol segnati su punizione in più di metà campionato sono un numero molto basso, ma in linea con la tendenza delle ultime stagioni: in Serie A e in tutti i principali campionati europei si segna sempre meno su punizione diretta. La scorsa stagione le punizioni vincenti erano state appena 17, nel 2021-2022 erano state 22 e 19 nel 2020-2021. Negli anni a cavallo del 2000, per dire, i gol segnati in Serie A su punizione diretta erano stabilmente più del doppio: 43 nel campionato 2000-2001, 45 nel 1999-2000 e 47 nel 1998-1999, nonostante in quegli anni ci fossero 18 squadre in Serie A invece delle 20 attuali, e quindi 74 partite in meno a stagione. È una tendenza in gran parte spiegabile con la modernizzazione dello sport e un approccio più attento all’analisi delle statistiche sui tiri e su come si segna in modo più probabile.

Nella percezione di uno spettatore una punizione vicina al limite dell’area può sembrare un’occasione importante per segnare un gol, ma nella realtà le cose sono abbastanza diverse un po’ ovunque, almeno per quel che riguarda il calcio di più alto livello. Come faceva notare un approfondimento sul calo dei gol su punizione diretta uscito nel 2022 sul sito sportivo statunitense The Athletic, «nei cinque principali campionati europei, il tasso medio di conversione di un calcio di punizione diretta è stato solo del 6% dal 2016-2017»: appena sei gol ogni cento punizioni calciate in porta tra il 2016 e il 2022, quindi.

A volte ci si mettono pure gli spettatori coi laser (AP Photo/Gregorio Borgia)

Nel calcio moderno l’analisi dei dati sta diventando per le squadre sempre più importante nella scelta delle strategie di gioco. Considerate le basse probabilità di fare gol tirando in porta una punizione (e in generale calciando da fuori area, anche in azioni di movimento), non è quindi sorprendente che negli ultimi anni stiano diminuendo i tiri da lontano, compresi quelli su punizione. Si segna di meno su punizione, insomma, innanzitutto perché si tira di meno, preferendo soluzioni alternative come un cross verso il centro dell’area o un passaggio corto: muovere con frequenza la palla nelle zone vicine all’area di rigore crea più problemi alle difese, che devono rapidamente ridisporsi e possono così lasciare qualche spazio in più.

Secondo i dati riportati da FBref, un portale specializzato in statistiche sul calcio, nel 2017-2018, l’ultimo campionato in cui la Serie A ha superato i 30 gol segnati su punizione (36 in tutto), i tiri totali tentati su punizione erano stati 405. La scorsa stagione sono stati 339 e in questa siamo a 168 tiri nelle prime 20 partite: se si continuasse con questa media, si raggiungerebbero i 319 tiri totali a fine campionato: il calo è piuttosto evidente.

Persino l’argentino Lionel Messi, il giocatore tra quelli in attività che ha segnato più gol su punizione in carriera (65), oltre che uno dei migliori calciatori di sempre, nel periodo tra il 2016 e il 2022 (quello analizzato da The Athletic) aveva un tasso di conversione solo del 10 per cento. Pur essendo ben superiore alla media, significa che l’argentino in quegli anni ha segnato una punizione ogni dieci calciate. La preoccupazione che i tifosi delle squadre avversarie provano spesso quando Messi si prepara a calciare una punizione, quindi, non è così suffragata dai numeri.

Si discute molto, inoltre, della progressiva sparizione dei calciatori definiti specialisti, molto abili cioè nel tirare i calci piazzati e capaci di segnare tanti gol su punizione. Una quindicina di anni fa c’erano più giocatori di questo tipo: nel Milan, per dire, una punizione poteva essere tirata da Ronaldinho (66 gol in carriera su punizione), David Beckham (65) o Andrea Pirlo (il giocatore che ha segnato più gol in Serie A in questo modo: 28, a pari merito con Sinisa Mihajlovic).

Beckham e Ronaldinho al Milan prima di un calcio di punizione nel 2010

Beckham e Ronaldinho al Milan prima di un calcio di punizione nel 2010 (Claudio Villa/Getty Images)

Oltre a loro c’erano Alessandro Del Piero, Francesco Totti, Adriano, Zlatan Ibrahimovic, Antonio Di Natale, Aleksandar Kolarov, Francesco Lodi: tutti tiratori eccellenti. L’ultimo vero specialista visto in Serie A è stato probabilmente il centrocampista bosniaco Miralem Pjanic, che ha giocato nella Roma e nella Juventus tra il 2011 e il 2020. L’ultimo calciatore in grado di segnare almeno 4 gol su punizione in un campionato è stato invece il centrocampista serbo Sergej Milinkovic-Savic nel 2020-2021, con la Lazio.

Il calo degli specialisti ha probabilmente poco a che fare con un peggioramento del livello tecnico della Serie A, perché anche negli altri principali campionati d’Europa si segna sempre meno su punizione e anzi, nella Serie A italiana si continuano a fare mediamente più gol in questo modo rispetto al campionato inglese, spagnolo, tedesco e francese.

Nella Premier League inglese di oggi, considerato il campionato più competitivo al mondo, nonché il più ricco, c’è un solo vero specialista: il centrocampista inglese del West Ham James Ward-Prowse, al quale manca un gol su punizione per arrivare a 18 ed eguagliare il record detenuto da David Beckham. Ci sono poi giocatori bravi a calciare le punizioni come il belga Kevin De Bruyne del Manchester City e l’inglese James Maddison del Tottenham, ma i loro risultati non sono paragonabili a quelli dei migliori tiratori di punizioni. In generale, guardando i più grandi talenti della nuova generazione come Erling Haaland, Kylian Mbappé, Jude Bellingham, Vinicius Junior, Jamal Musiala o Phil Foden, nessuno di loro spicca nelle punizioni, anche perché ormai in allenamento viene data la precedenza ad altre situazioni di gioco.

Tornando alla Serie A, oggi i migliori tiratori di calci piazzati (Hakan Calhanoglu, Federico Dimarco, Lorenzo Pellegrini, Cristiano Biraghi) sono più efficaci quando crossano la palla al centro dell’area: una scelta che, in base alle statistiche, dà maggiori possibilità di segnare.

C’è poi un’altra spiegazione possibile per il calo dei gol su punizione, e riguarda i maggiori ostacoli che i tiratori incontrano oggi rispetto a una volta. I portieri innanzitutto sono diventati mediamente più forti, sia quelli delle migliori squadre, sia soprattutto quelli delle squadre medie e piccole. L’aumento generale del livello fisico, tecnico e di preparazione ha complicato le cose per chi calcia le punizioni e oggi i portieri hanno anche a disposizione migliaia di dati per studiare i tiratori, per prevedere in che punto della porta potrebbero indirizzare il tiro da una determinata posizione, se punteranno a calciare in maniera potente, oppure più precisa: di conseguenza possono anche posizionare la barriera in modo più efficace, e tuffarsi con un attimo di anticipo per fare la parata.

Anche i palloni sono cambiati molto nel tempo, e continuano a cambiare. Questo potrebbe aver influito sul modo di calciare: durante gli ultimi Mondiali in Qatar, il terzino inglese Kieran Trippier, che in carriera ha segnato una decina di gol su punizione, si era lamentato del pallone usato per la competizione: «Mi sembra un po’ troppo leggero. Dà l’impressione che se lo si calcia con un po’ troppa potenza possa volare via, ma è una di quelle cose a cui dobbiamo abituarci», aveva detto. Non esistono però dati e statistiche che permettano di capire in modo inequivocabile se e quanto i palloni moderni abbiano avuto un’influenza sul calo dei gol su punizione.

Dal 2018, inoltre, si è diffusa la pratica di far distendere alle spalle della barriera un calciatore della squadra in difesa. È una tecnica che viene chiamata coccodrillo e serve a impedire al tiratore di far passare la punizione sotto la barriera: questo consente ai calciatori che formano la barriera di saltare il più in alto possibile per intercettare il tiro, senza doversi preoccupare che chi tira la punzione possa infilare la palla sotto i loro piedi.

Il primo calciatore a usare questa particolare tecnica in una partita europea era stato il centrocampista croato dell’Inter Marcelo Brozovic (oggi all’Al-Nassr, in Arabia Saudita), durante un Barcellona-Inter di Champions League, la massima competizione europea, nell’ottobre del 2018. Mentre l’attaccante uruguaiano del Barcellona Luis Suárez si preparava a calciare la punizione, Brozovic si era disteso dietro la barriera dell’Inter, togliendo una soluzione al suo avversario e contribuendo a diminuire le possibilità che segnasse.

Oggi il coccodrillo è usato stabilmente un po’ a tutti i livelli ed è diventato strano farne a meno. Molti si stupirono per esempio dell’ingenuità dei giocatori della Juventus per questo gol subìto in Champions League contro il Porto nel 2021: costò alla squadra l’eliminazione dal torneo e sarebbe stato con ogni probabilità evitato con un giocatore sdraiato dietro la barriera.