Il recupero dell’ex manicomio più grande d’Europa

Che storia ha e come cambierà il Santa Maria della Pietà di Roma, che ha ospitato malati psichiatrici fino al 2000 ed era rimasto abbandonato per più di vent'anni

(LaPresse - Andrea Panegrossi)
(LaPresse - Andrea Panegrossi)
Caricamento player

Il governo di Giorgia Meloni sta finanziando diversi progetti in vista del Giubileo del 2025, l’anno che i cattolici chiamano “santo” e durante il quale moltissimi fedeli vanno in pellegrinaggio a Roma: otto progetti riguardano proprio l’accoglienza dei pellegrini, e tra questi c’è anche un ostello della gioventù per i cosiddetti “papaboys”, il movimento giovanile internazionale di fedeli del papa che fu fondato nel 2000, in occasione del precedente Giubileo (ce n’è uno ogni 25 anni, a meno di Giubilei straordinari).

Il piano del governo per il Giubileo prevede una spesa totale di 1,8 miliardi di euro per 87 opere pubbliche, da realizzare in particolare nella zona del Vaticano, come ad esempio la costruzione di un sottovia in piazza Pia, alcuni percorsi pedonali e il restauro delle mura di Porta Angelica. Di questi, cinque milioni saranno utilizzati per l’ostello: il governo ha affidato la gestione dell’appalto alla Regione Lazio, che a luglio del 2023 ha deciso di usare un padiglione dell’ex manicomio Santa Maria della Pietà, che fu il più grande d’Europa e ancora oggi si estende su un’enorme superficie: 270mila metri quadrati, sulla collina di Monte Mario nel nord-ovest di Roma. Prima di alcuni progetti recenti, tutto il complesso era rimasto quasi del tutto abbandonato per oltre vent’anni a partire dal 2000.

Il parco del Santa Maria della Pietà (Angelo Mastrandrea/il Post)

Il padiglione in cui si è deciso di fare l’ostello è il 10, che si trova al centro della cittadella dell’ex manicomio. Al pianterreno ha alcune camere che erano utilizzate dalla sorveglianza interna, uno stanzone dove i pazienti vivevano di giorno, la mensa, soggiorni e dormitori. Al primo piano invece c’è un’unica camerata che ospitava due file di letti. Come l’interno del padiglione anche il giardino esterno, all’epoca recintato per evitare che i pazienti che uscivano all’aperto si allontanassero, è in stato di abbandono.

L’ex manicomio è di proprietà dell’Azienda sanitaria locale 1 (Asl) di Roma. Era stato il più grande d’Europa fino al 1978, quando entrò in vigore la legge che abolì i manicomi in Italia, intitolata al noto psichiatra Franco Basaglia, che con le sue teorie cambiò radicalmente il modo di approcciarsi ai problemi di salute mentale. Dopo quell’anno l’attività del Santa Maria della Pietà fu progressivamente ridimensionata e la dismissione durò 22 anni, fino alla definitiva chiusura all’inizio del 2000.

Fu inaugurato nel 1914 come un «manicomio-villaggio» che si estendeva su 27 ettari ed era composto da 37 padiglioni e altri edifici, con sette chilometri di viali alberati, giardini e piazze. Aveva un migliaio di posti letto, ma dopo la Prima guerra mondiale arrivò a ospitare fino a tremila pazienti. Il giorno della chiusura, il 14 gennaio del 2000, all’interno era rimasta appena una decina di pazienti.

Ciascun padiglione era riservato a malati psichiatrici classificati in modo diverso: in un edificio per esempio erano ricoverate le persone considerate «tranquille», in un altro quelle dette «sudicie» e in un terzo quelle «croniche». I «semiagitati» erano separati dagli «agitati». Nel settore criminale (cioè di chi aveva commesso reati), recintato con mura alte quattro metri, c’era invece un padiglione per i «prosciolti», uno per i «sorvegliati» e un terzo per le persone sotto osservazione. Una struttura a parte ospitava l’infermeria.

L’edificio all’ingresso ospitava invece gli uffici della direzione, una biblioteca, una farmacia con un laboratorio per la preparazione delle medicine e un altro per le analisi mediche. C’erano poi una chiesa, le cucine, la lavanderia, un alloggio per le suore e la camera mortuaria. C’era anche una colonia agricola, un particolare tipo di struttura detentiva in cui le persone vivevano per la maggior parte del tempo all’aria aperta, in zone isolate, lavorando nei campi o occupandosi di animali da allevamento. Era composta da 23 edifici, tra cui una vaccheria e una porcilaia.

Un padiglione del Santa Maria della Pietà. (LaPresse/Andrea Panegrossi)

L’interno di un padiglione abbandonato. (Angelo Mastrandrea/il Post)

Negli anni dopo la chiusura del 2000 rimase abbandonato, finché nel 2004 un gruppo di attivisti del confinante quartiere di Torrevecchia occupò l’ex lavanderia, nel padiglione 31, e la trasformò in un centro sociale dove si svolgevano concerti, cineforum e laboratori teatrali. Gli attivisti furono sgomberati il 25 febbraio del 2021, durante la pandemia, mentre organizzavano la distribuzione di pasti alle persone in difficoltà insieme all’associazione Nonna Roma. Nel 2015 le facciate di alcuni padiglioni abbandonati vennero ridipinte da 28 street writer del gruppo Muracci Nostri, con riferimenti alle opere di pittori come lo spagnolo Francisco Goya, l’italiano Mario Schifano e l’irlandese Francis Bacon.

Solo nel 2016 la Regione Lazio, guidata da Nicola Zingaretti, insieme al Comune, alla Città metropolitana e all’Asl Roma 1, decise di recuperare l’ex ospedale psichiatrico. Alla fine di dicembre di quell’anno fu approvata una delibera per la «valorizzazione patrimoniale del Santa Maria della Pietà». Il provvedimento prevedeva il recupero di alcuni padiglioni abbandonati e la risistemazione delle aree verdi. La Regione stanziò due milioni di euro e i lavori furono affidati all’Asl Roma 1, proprietaria di 25 padiglioni su 37 (mentre gli altri sono della Regione).

Un dipinto di un writer su un padiglione del Santa Maria della Pietà. (Angelo Mastrandrea/il Post)

L’interno di un padiglione in ristrutturazione. (Angelo Mastrandrea/il Post)

L’Asl ha poi rifatto la piazza all’ingresso e quella delle Ninfee, nel centro della cittadella, ha costruito un parco giochi per bambini e ha piantato 2.442 alberi. Nell’edificio principale c’è un poliambulatorio e nel padiglione 6 è stato creato un Museo della mente, ora chiuso per lavori di ampliamento e di ristrutturazione. Un altro padiglione è stato concesso alla Fondazione Antea: è stato realizzato un hospice che dà assistenza gratuita ai malati terminali. I tre padiglioni che affacciano sulla piazza delle Ninfee invece sono stati assegnati dall’Asl per sedici anni al Municipio XIV, che ci ha messo dentro i propri uffici.

La ristrutturazione del padiglione 10 per farne un ostello per i giovani fedeli e poi uno studentato è un ulteriore passaggio della più ampia conversione a «uso pubblico» del Santa Maria della Pietà: il recupero dell’ex manicomio è stato infatti inserito anche nel cosiddetto Piano integrato urbano, finanziato con 58 milioni di euro del PNNR, il Piano nazionale di ripresa e resilienza finanziato dall’Unione Europea per rilanciare l’economia dopo la pandemia. Il progetto, gestito sempre dall’Asl Roma 1, prevede la costruzione di una biblioteca nel padiglione 31, dov’era la lavanderia, un centro diurno e un ambulatorio per persone con problemi cognitivi, una struttura per disabili, alloggi per persone che sono state sfrattate e per donne vittime di violenza, un centro di educazione ambientale con laboratori per le scuole, una scuola di cucina e un coworking con uno spazio dedicato alle startup.

Nel padiglione 25, dove nel 1975 venne organizzato un singolare esperimento di autogestione da parte di un gruppo di infermieri che volevano applicare le teorie di Basaglia, verrà fatto un centro per minori.

Un edificio abbandonato del Santa Maria della Pietà. (Angelo Mastrandrea/il Post)