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  • Venerdì 19 gennaio 2024

La sentenza della Cassazione sul saluto fascista

Ha stabilito che dovrà essere fatto un nuovo processo d'appello a carico di otto militanti di estrema destra, tornando su una questione interpretativa da tempo confusa

Un corteo in memoria di Sergio Ramelli a Milano, il 29 aprile del 2023 (ANSA/ DAVIDE CANELLA)
Un corteo in memoria di Sergio Ramelli a Milano, il 29 aprile del 2023 (ANSA/ DAVIDE CANELLA)

Giovedì la Corte di Cassazione ha annullato la condanna emessa a dicembre del 2022 dalla Corte d’appello di Milano a carico di otto persone, accusate di aver fatto il saluto fascista durante una commemorazione. I fatti si riferiscono alla cerimonia che si è svolta il 29 aprile del 2016 a Milano in ricordo di Sergio Ramelli, un militante del Fronte della Gioventù (l’organizzazione giovanile del Movimento sociale italiano) che fu ucciso nella primavera del 1975 da alcuni militanti di sinistra.

In quel contesto, otto persone erano state accusate di aver violato la  legge Mancino – che fu approvata nel 1993 e che ancora oggi rimane la principale norma italiana contro l’incitamento all’odio e alla discriminazione – per aver fatto il saluto romano fascista. Tra le altre cose, la legge Mancino punisce «chi diffonde in qualsiasi modo idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, ovvero incita a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi» e proibisce di creare organizzazioni ispirate a questi valori e impone il loro scioglimento.

Giovedì la Cassazione ha detto però che fare il saluto romano violerebbe la legge solo se unito al «concreto pericolo di riorganizzazione del disciolto partito [fascista]». La sentenza si inserisce, tra le altre cose, in una discussione recente sulla grossa commemorazione che si è tenuta a Roma a inizio gennaio per ricordare la strage di Acca Larenzia, durante cui decine e decine di persone vestite di nero hanno fatto il saluto romano.

Da anni ogni 29 aprile i militanti di gruppi neofascisti e di estrema destra organizzano cortei in varie città per ricordare Ramelli. A Milano nel 2016 c’era stato un evento ufficiale ai giardini di via Bronzino, intitolati proprio a Ramelli, a cui aveva partecipato anche il sindaco Giuliano Pisapia, di centrosinistra, oltre a vari parlamentari e politici di destra. In serata invece i militanti di Forza Nuova avevano organizzato un corteo partito da viale Argonne, nella zona est della città.

Come spesso accade durante queste commemorazioni, alcune persone avevano fatto il saluto romano in onore della persone uccisa, e otto persone erano per questo state indagate. Gli otto indagati erano stati assolti in primo grado nel 2020, ma poi condannati nel 2022 dalla Corte d’appello di Milano a due mesi di reclusione e a pagare una multa da 200 euro. I loro avvocati hanno fatto ricorso in Cassazione, la cui decisione è arrivata giovedì.

La sentenza è stata emessa dalle Sezioni Unite, la conformazione della Corte incaricata di garantire l’interpretazione ufficiale delle norme: in questo caso dovevano valutare la punibilità o meno del saluto fascista, un tema di cui la giurisprudenza discute da anni senza trovare una risposta univoca e definitiva.

La Cassazione ha quindi annullato la sentenza della Corte d’appello, stabilendo che sarà necessario svolgere un nuovo processo d’appello (un processo d’appello “bis”) per chiarire «se dai fatti accertati sia conseguita la sussistenza del concreto pericolo di riorganizzazione del disciolto partito fascista», ovvero se gli otto militanti fecero il saluto romano con l’intenzione di ricreare, in qualche modo, il partito fascista.

In questo caso la Cassazione non ha fatto riferimento alla legge Mancino ma alla legge Scelba, che nel 1952 introdusse il reato di apologia di fascismo e proibisce, all’articolo 5, l’organizzazione di manifestazioni fasciste. Secondo alcuni questo divieto era in contrasto con la libertà di riunirsi a manifestare, ma nel 1958 la Corte Costituzionale stabilì che le manifestazioni erano vietate solo nel caso in cui fossero propedeutiche alla ricostruzione del partito fascista.

Seguendo lo stesso principio l’avvocato Domenico Di Tullio, difensore di due degli otto imputati nel caso del 2016, sostiene che il saluto romano non possa essere considerato reato se il gesto è inserito nel contesto di una commemorazione ed è estraneo a qualsiasi tentativo di ricostruzione del partito fascista. Secondo l’accusa invece il saluto rientrerebbe nei reati puniti con la legge Mancino, perché rappresenta un «pericolo concreto per l’ordine pubblico».

– Leggi anche: Come funziona il reato di apologia di fascismo