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  • Venerdì 19 gennaio 2024

Il nuovo tempio induista che è il simbolo dell’India che vuole Narendra Modi

Verrà consacrato lunedì ad Ayodhya, dove sorgeva una moschea: le grandi celebrazioni sono anche uno strumento politico del primo ministro in vista delle elezioni della prossima primavera

Operai in coda durante i lavori di costruzione del tempio
I lavori di costruzione del tempio (AP Photo/Rajesh Kumar Singh)

Lunedì 22 gennaio il primo ministro indiano Narendra Modi parteciperà alle grandi celebrazioni per la consacrazione del tempio di Rama, ad Ayodhya, nello stato dell’Uttar Pradesh, nel nord del paese. Nei progetti il tempio induista dovrà diventare uno dei più importanti dell’India, meta di pellegrinaggio e destinazione turistica. Sorge dove poco più di trenta anni fa una folla di 150mila fedeli induisti distrusse in poche ore una moschea costruita nel 1528: quell’evento fu uno degli episodi più notevoli della storica contesa in India tra induisti e musulmani.

La consacrazione e l’apertura ai fedeli del tempio si terranno pochi mesi prima delle elezioni con cui Modi cercherà di ottenere il terzo mandato consecutivo: il voto è previsto fra aprile e maggio, ma una data ufficiale non è stata ancora fissata. Modi è in carica dal 2014 e durante questi dieci anni ha cercato, con successo, di riportare la religione induista al centro della vita pubblica e politica indiana. Modi e il suo partito, il Bharatiya Janata (BJP), si sono proposti come difensori dell’induismo, praticato dall’80 per cento degli indiani, anche con politiche chiaramente discriminatorie nei confronti delle minoranze, soprattutto musulmane.

Il tempio di Rama è visto come il coronamento e il simbolo di questa politica e le celebrazioni per la sua apertura saranno un grande evento, anche di promozione politica della figura del primo ministro.

Circa 4500 lavoratori negli ultimi mesi hanno lavorato a turno per ventiquattr’ore al giorno per completare il primo piano del tempio, che ne avrà tre alla fine dei lavori e sarà alto 50 metri. Le spese per costruirlo dovrebbero avvicinarsi a 350 milioni di euro, solo per la struttura religiosa. Molti dei fondi sono stati raccolti da donazioni di fedeli, in India e all’estero. Ma l’intera area è stata oggetto di una radicale ristrutturazione, con investimenti molto più pesanti: è stato costruito un nuovo aeroporto e la stazione dei treni è stata completamente rinnovata, così come la rete stradale. La vicina città di Faizabad è stata cancellata, gli edifici sopravvissuti ai lavori legati all’apertura del tempio sono stati inglobati in Ayodhya.

Sagome del primo ministro Modi e del dio Rama

Sagome del primo ministro Modi e del dio Rama (AP Photo/Deepak Sharma)

Le autorità locali si attendono che circa 200-300mila persone ogni anno visitino il tempio. Secondo Modi «ogni indiano vorrà vederlo almeno una volta nella vita» e «Ayodhya rappresenterà l’anima della nazione: non ci può essere progresso senza salvaguardia delle proprie radici». Ottenendo il terzo mandato, Modi diventerebbe uno dei leader del paese più influenti di sempre e nei suoi piani il tempio di Rama diventerà qualcosa per cui essere ricordato per generazioni.

Per le opposizioni invece le celebrazioni per il tempio sono solo un grande strumento di propaganda politica, nonché un segno evidente del processo in atto di trasformazione dell’India: da stato laico a paese induista, in cui la religione è centrale, dominante e condiziona le scelte del governo.

Nei dieci anni di governo di Modi l’India è cresciuta notevolmente a livello economico, migliorando in modo veloce e consistente le proprie infrastrutture e proponendosi come partner commerciale credibile per le maggiori economie del mondo, spesso in competizione diretta con la Cina. Il mercato azionario ha fatto segnare crescite enormi, mentre il governo prevede per l’anno fiscale che si chiude a marzo del 2024 una crescita del PIL del 7,3, una delle più grandi al mondo. Questo maggiore peso economico ha portato l’India a contare di più anche a livello politico.

Il primo ministro Modi davanti a un monumento che rappresenta uno strumento musicale

L’inaugurazione del nuovo aeroporto di Ayodhya (AP Photo/Rajesh Kumar Singh)

Gli ottimi risultati economici sono però stati ottenuti a prezzo di una limitazione graduale ma costante delle libertà e della stampa libera, nonché dell’emarginazione degli oppositori politici, talvolta anche perseguiti legalmente in modo arbitrario. Intorno a Modi e al partito di maggioranza si è creato un gruppo di industriali molto potenti, con un rapporto simile a quello che lega gli oligarchi russi a Vladimir Putin. La corruzione è diffusa, su tutti i livelli del governo indiano.

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Ma sono soprattutto le minoranze religiose ad aver subito le più pesanti ripercussioni durante il governo di Modi. I 200 milioni di musulmani rimangono la fascia della popolazione mediamente più povera, molti sotto la soglia della povertà assoluta. In questi anni si sono ripetuti episodi di violenza, anche su ampia scala, che hanno causato linciaggi o incendi di case e strutture commerciali gestite da musulmani. Nel 2019 il governo di Modi ha tolto l’autonomia alla regione del Kashmir, a maggioranza musulmana, e da allora non sono state organizzate elezioni.

La costruzione del tempio di Rama nel luogo dove sorgeva la moschea Babri Masjid è un segno del sempre maggiore peso dell’induismo nella società indiana. La disputa di Ayodhya ha origini antiche, ma divenne ancora più intensa dalla metà del secolo scorso, quando si fecero sempre più insistenti le richieste degli indù di poter erigere un tempio là dove si trovava la moschea del Sedicesimo secolo, perché in quel luogo sarebbe avvenuta la nascita del principe Rama, una delle manifestazioni di Vishnu. Secondo la versione induista, la moschea sarebbe stata costruita proprio dove prima esisteva un tempio induista.

I musulmani negano questa ricostruzione, e lo studio dei documenti da parte di archeologi indipendenti non ha mai trovato testimonianze sicure che confermassero le tesi induiste. Dagli anni Ottanta le dispute si fecero più intense, soprattutto su spinta del BJP, il partito di Modi, e nel 1992 una manifestazione che doveva essere pacifica si trasformò nella distruzione della moschea. Nei giorni successivi si scatenarono scontri violenti fra indù e musulmani: si stima che circa 2.000 persone furono uccise. Seguì una lunga battaglia legale, chiusa nel 2019 da una sentenza della Corte Suprema indiana che autorizzava la costruzione del tempio di Rama. I lavori cominciarono nel 2020.

Fedeli con un modellino montato su un'auto del tempio di Rama

Fedeli con un modellino del tempio di Rama montato su un’auto (AP Photo/Mahesh Kumar A.)

Altre due dispute simili sono in corso in India, nello stato dell’Uttar Pradesh: a Varanasi movimenti nazionalisti indù stanno aspettando l’autorizzazione per l’ampliamento del tempio Kashi Vishwanath, che dovrebbe avvenire a discapito della moschea Gyanvapi (una sentenza dovrebbe arrivare a giugno); a Mathura è in corso una disputa legale riguardo a una moschea che secondo i fedeli induisti fu costruita nel luogo di nascita di un’altra divinità induista, Krishna.

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