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  • Martedì 16 gennaio 2024

La nuova condanna della vincitrice del Nobel per la Pace Narges Mohammadi

È la quinta dal marzo 2021 per l'attivista iraniana: la pena totale è salita a più di dodici anni

Una foto di Narges Mohammadi
Narges Mohammadi ((EPA/MAGALI/ansa)

L’attivista iraniana Narges Mohammadi, vincitrice del Nobel per la Pace nel 2023, è stata condannata ad altri quindici mesi di carcere con l’accusa di «propaganda contro la Repubblica islamica dell’Iran». Lo ha fatto sapere lunedì 15 gennaio la sua famiglia dicendo anche che «la sentenza assomiglia a una dichiarazione politica contro Mohammadi».

Narges Mohammadi ha 51 anni e ha trascorso gran parte degli ultimi dieci dentro e fuori dal carcere. La sua famiglia ha fatto sapere che il 19 dicembre si è tenuto un nuovo processo contro di lei in sua assenza e che la sentenza di condanna è stata la quinta dal 2021. In totale Mohammadi è stata condannata a 12 anni e tre mesi di carcere, 154 frustate, quattro mesi di divieto di viaggio, due anni di esilio e vari divieti tra cui quello di aderire a gruppi politici. Dal 16 novembre del 2021 è imprigionata nel carcere di Evin a Teheran, in Iran, famoso per essere il luogo dove molto spesso vengono rinchiusi i detenuti politici.

 

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Mohammadi, che tra le altre cose ha sostenuto le proteste cominciate l’anno scorso dopo la morte di Mahsa Amini, era stata premiata col Nobel per «la sua lotta contro l’oppressione delle donne in Iran e per aver promosso i diritti umani e la libertà per tutti».

Mohammadi è nata nel 1972 a Zanjan, una città circa 300 chilometri a nord-ovest di Teheran, si è laureata in Fisica, ma fin dagli anni dell’università si è impegnata nei movimenti clandestini per i diritti delle donne. Nel 2003 era entrata a far parte del Centro dei difensori dei diritti umani, un’organizzazione non governativa fondata da Shirin Ebadi, un’altra vincitrice del Nobel per la Pace: in poco tempo ne era diventata vicepresidente.

Mohammadi si era concentrata soprattutto sulla difesa dei diritti delle persone carcerate, dei prigionieri politici e sulle campagne per l’abolizione della pena di morte. È stata arrestata molte volte e dal carcere ha avviato numerose campagne contro l’uso della tortura e delle violenze sessuali soprattutto contro le carcerate.

Nel settembre del 2022, quando in Iran erano cominciate le proteste per la morte di Mahsa Amini, Mohammadi si trovava in prigione ma da lì era riuscita a trovare il modo di sostenere le manifestanti e i manifestanti riuscendo a inviare articoli e messaggi di solidarietà, organizzando proteste interne e seminari settimanali per le detenute sui loro diritti.

La repressione del regime contro le proteste era diventata ben presto durissima e violenta e anche il carcere di Evin, dove si trovava Mohammadi, si era riempito di persone che avevano partecipato alle manifestazioni dell’ultimo anno. Alla fine del 2022 Mohammadi, dal carcere, aveva inviato una lettera alla tv britannica BBC in cui aveva raccontato come lo stupro e le violenze sessuali fossero usate sistematicamente come forma di tortura per punire le donne detenute.

– Leggi anche: In Iran sono state liberate le due giornaliste che erano state condannate per aver raccontato la morte di Mahsa Amini