La parola “ambientalista” (e gli alieni)

«Non dovremmo avere bisogno di definire chi si preoccupa dell'ambiente. Dovrebbe essere una cosa scontata. Non abbiamo una parola d'uso comune per definire, per esempio, i “non assassini”. Da un punto di vista strettamente logico mi sembra che l'unico motivo per disinteressarsi del collasso del pianeta Terra sia non essere terrestri. Se uno è di Ganimede, o di un'altra luna di Giove, potrei capire che dell'effetto serra e dell'acidificazione degli oceani gliene freghi il giusto»

La Terra vista dalla Luna (e fotografata dalla Nasa) il 14 dicembre 1968 (via Wikimedia)
La Terra vista dalla Luna (e fotografata dalla Nasa) il 14 dicembre 1968 (via Wikimedia)
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Bene, in questo articolo si parte dalla normalità dei sottintesi, si deduce l’anormalità degli ambientalisti, si considerano gli extraterrestri, si pratica l’onomaturgia, si arriva all’empatia in politica. Seguiamo assieme il rettilineo ragionamento.

Pensavo. Non dovremmo neanche avere bisogno di una parola per definire chi si preoccupa di preservare l’ambiente. Dovrebbe essere una cosa scontata. Non abbiamo una parola d’uso comune per definire, per esempio, le persone che hanno due mani. Due mani è l’ovvia norma, perfetto, e dunque la necessità di comunicare questa caratteristica non si presenta con una frequenza tale da necessitare di un vocabolo apposta. Preservare l’ambiente, avere due mani: cose ovvie. Bene.
Non abbiamo neanche una parola per definire i “non assassini”, se è per questo. Per quanto possiate pensare male della gente, e come non capirvi, sono ragionevolmente certo che la maggior parte delle persone non abbia mai ucciso nessuno, e dunque gli assassini non rientrino nel nostro concetto di normalità. Oltretutto ci sforziamo di concordare un concetto di normalità che abbia le misure di una giustizia minima indispensabile. L’omicidio ci sembra ingiusto, oltre che non comune, e dunque ecco la parola “assassino”.
Rileviamo insomma ciò che non è nella norma, mentre una mancanza di rilievi implica un’appartenenza alla norma. Bene benissimo. Tra l’altro è un po’ questo il motivo per cui, quando sul treno la voce registrata annuncia che «siamo in arrivo in orario nella stazione tale», credendo forse di consolidare un giudizio positivo nei confronti di Trenitalia, fa invece una specie di autogol: dà l’impressione che il fatto che i treni arrivino in ritardo sia percepito come così frequente da essere quella la norma e, quando non accade, è il caso di rilevarlo. Toglietela quella precisazione, datemi retta.
È chiaro che le dinamiche del linguaggio sono infinitamente più complicate di così, ma che discorsi, dico solo che c’è una relazione tra tutto ciò che non si dice e la normalità sottintesa. E dunque dalla presenza o dall’assenza di una parola o di un’espressione nei discorsi delle persone deduciamo, spesso in modo subliminale, un’idea di com’è fatto il mondo, silenziosamente descritto nel non detto. L’idea che Trenitalia è spesso in ritardo, che le persone hanno due mani, che gli assassini sono una piccola percentuale.
Stando così le cose, io, da molti moltissimi articoli e servizi televisivi, devo dedurre che a quanto pare gli ambientalisti non sono tanto normali, visto che c’è bisogno di indicarli con una parola.
Bene. Non benissimo. Certo è un po’ strano. Da un punto di vista strettamente logico mi sembra che l’unico motivo che uno può avere per disinteressarsi del collasso del pianeta Terra sia che non è un terrestre. Se uno è di Ganimede, o della luna di Giove che più vi piace, allora posso anche capire che dell’effetto serra e dell’acidificazione degli oceani insomma gliene freghi il giusto. Quando arriverà il giorno si scoprirà che certi manufatti sospetti ma che comunque credevamo umani, tipo i moai sull’Isola di Pasqua, le piramidi o i labirintici sotterranei della stazione di Bologna Centrale, in verità non sono altro che fantascientifiche astronavi interstellari. Gli alieni accenderanno dunque i loro propulsori ionici, ci faranno ciao ciao da un oblò con le loro manine con diciannove dita, e poi decolleranno e voleranno via.
Ma se invece uno è un terrestre che abita sulla Terra, e non può volare via, allora il suo concetto di normalità dovrebbe presupporre il preoccuparsi dell’ambiente. L’essere ambientalista. Pensa un po’.
Abbiamo escluso però che gli ambientalisti possano essere normali, e dunque ecco che, procedendo lungo il rettilineo della deduzione logica, siamo arrivati al punto in cui noi tutti, umanità, dobbiamo concludere di avere un serio problema di alieni. Sennò non si spiega. Tra l’altro, guardando la televisione e leggendo i giornali, era facile da indovinare.

Pensavo. A questo punto sarebbe se non altro il caso di concordare un concetto di normalità che abbia le misure di un’umanità minima indispensabile. Cioè in che senso. Nel senso di una normalità per terrestri, una normalità che non comprende la gente verde con i tentacoli. Dunque, se siete d’accordo, io escluderei d’ufficio gli alieni dalla normalità. Bene. E come si fa? Per escluderli serve poterli nominare. Per nominarli serve una parola. Se la parola non c’è, cari lettori del Post, ci vedremo costretti a praticare un po’ di onomaturgia, la nobile arte dell’inventarsi le parole.
Diamo un nome a questi extraterrestri non ambientalisti.
Vediamo. Intanto che aspetto hanno? Non penso che siano celesti con i cervelli dentro a bocce di vetro che tengono in mano. I milanesi durante la settimana della moda magari non ci farebbero troppo caso, ma qua a Sarzana, provincia di Spezia, li noteremmo. No, devono piuttosto essere quel tipo di alieni a basso budget che assomigliano in tutto e per tutto a normali terrestri. Come gli ultracorpi in L’invasione degli ultracorpi, però disinformati e non ecosostenibili. Ma li riconosci perché fanno cose assolutamente aliene tipo opporsi alla tassazione dei jet dei triliardari. O accendere il riscaldamento tenendo le finestre aperte. Cose del genere, in ragione delle quali avrei pensato di chiamarli “picocefali”. Dicesi “picocefali”: alieni venuti sulla Terra per lasciare in giro bottigliette di plastica monouso e non dover più fare la raccolta differenziata. Questi picocefali del cavolo.
A questo punto però non voglio più leggere sui giornali “gli ambientalisti hanno protestato davanti all’ennesimo allevamento intensivo”, ma piuttosto “i picocefali hanno costruito l’ennesimo allevamento intensivo”, o “i picocefali hanno trivellato altri cento pozzi di petrolio”, o “i picocefali hanno versato un milione di tonnellate di microplastiche nel Pacifico”. Avremo finalmente una prospettiva terrestre sulle notizie terrestri.
Non è una bella idea?

Pensavo. Se saltasse fuori che abbiamo effettivamente un sotterraneo viavai di extraterrestri che ci avvelenano la terra e l’acqua e l’aria: che fortuna che sarebbe.
Intanto l’emergenza climatica diventerebbe un problema di immigrazione. Immaginate assieme a me l’aggressività con cui all’improvviso certe persone l’affronterebbero. Avremmo una stagione politica più carnevalesca del solito. Forse le destre, pur di far fronte comune contro i migranti venuti dallo spazio, si vedrebbero costrette ad allargare il cerchio delle loro anguste empatie a favore dei migranti venuti dal Mediterraneo. Le sinistre penso che invece sosterrebbero, più che altro a parole, la collaborazione e la fratellanza con gli alieni. In fin dei conti tutte le posizioni politiche del mondo e della storia sono riassumibili in questo parametro: da una parte quelli che vogliono difendere chi è dentro al cerchio da chi è fuori, dall’altra quelli che lo vogliono allargare fino a comprendere tutti. Io, sia detto per inciso, voterò sempre per questi ultimi.
E poi ancora. Immaginiamo per un momento tutti assieme l’euforico sollievo di sapere che non è colpa nostra. La crisi climatica non è colpa nostra. Con l’industria, la sovrappopolazione e il capitalismo non abbiamo fatto nientissimo di male, mai. Immaginiamo l’ebbrezza di poter essere sinceri e al contempo essere nella giustizia e nella ragione. Di non doverci arrampicare su tutte le balle del mondo per arrivare a raccontarci che non siamo stati noi a fare questo a noi stessi.
E sarebbe tutto merito degli extraterrestri.

Ultima cosa e poi vado. Se, dico solo per assurdo, per pura ipotesi, se non fosse colpa degli alieni. Se fossimo noi e solo noi, indigeni terrestri, ad avvelenare la terra e l’acqua e l’aria. Allora, quando arriverà il giorno, loro accenderanno i propulsori ionici e se ne voleranno via a bordo delle loro statue dell’isola di Pasqua, delle piramidi e della stazione di Bologna, e ci lasceranno qua a morire da soli, come quei picocefali che siamo.

– Leggi anche: Il golf spiegato ai poveri

Davide Rigiani
Davide Rigiani

È nato nel 1980 a Lugano, in Ticino. Per inseguire il lavoro ha traslocato a Torino, dove ha fatto il redattore editoriale freelance e l’operatore in un call center. Per inseguire sua moglie ha traslocato in Liguria, dove ha scritto Il Tullio e l’eolao più stranissimo di tutto il Canton Ticino (Minimum Fax), il suo primo romanzo.

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