La Corte europea dei diritti dell’uomo ha stabilito che una sentenza della Corte Costituzionale polacca sull’aborto ha violato i diritti di una donna

Una protesta a favore dell'aborto a Varsavia, in Polonia, nel 2020 (Omar Marques/Getty Images)
Una protesta a favore dell'aborto a Varsavia, in Polonia, nel 2020 (Omar Marques/Getty Images)

Giovedì la Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU) ha stabilito che una sentenza della Corte Costituzionale polacca, a causa della quale una donna è stata costretta ad andare all’estero per abortire, ha violato l’articolo 8 della Convenzione europea sui diritti dell’uomo, relativo al rispetto della vita privata e familiare.

In Polonia l’aborto è permesso solo in caso di incesto, stupro o pericolo di vita per la madre. Fino al 2020 era consentito anche in caso di gravi malformazioni del feto, ma a ottobre di quell’anno la Corte Costituzionale eliminò quella possibilità giudicandola incostituzionale. Il caso esaminato dalla CEDU risale proprio al 2020: circa 15 settimane dopo essere rimasta incinta, la donna scoprì che il feto aveva una grave anomalia genetica. Prenotò un intervento per abortire, ma l’entrata in vigore della sentenza della Corte Costituzionale rese la procedura illegale nel suo caso. La donna fu quindi costretta ad abortire in un altro paese.

Secondo la CEDU, la sentenza del 2020 della Corte Costituzionale ha avuto un «impatto psicologico significativo» sulla donna, obbligandola ad abortire lontana dalla propria famiglia e dai propri affetti e a pagare autonomamente tutte le spese. Nelle sue motivazioni la CEDU ha scritto che la sentenza, emessa quando la donna aveva già programmato di abortire, ha «interferito con i suoi diritti».