Le foto del panificio che era anche una prigione scoperto a Pompei

Era un ambiente angusto all'interno di un complesso residenziale in cui gli schiavi vivevano e macinavano il grano con l'aiuto degli asini

(ANSA/ Us Parco Archeologico di Pompei)
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Venerdì è stata annunciata la scoperta nell’area archeologica di Pompei di quello che è stato definito un “panificio-prigione”, ovvero un ambiente in cui le persone in schiavitù vivevano e macinavano il grano necessario per la produzione del pane assieme agli animali da soma. Il forno e le macine si trovavano nella parte meridionale di una casa in ristrutturazione, che era composta da «un settore residenziale decorato con raffinati affreschi» e da uno destinato appunto alla panificazione, accanto a una stalla.

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L’ambiente destinato alla panificazione è stato scoperto nella Regio IX, insula 10, una zona del parco archeologico in cui erano in corso lavori per mettere in sicurezza un’area ancora inesplorata dell’antica città. Era un locale angusto, senza affacci esterni, con una sola uscita che dava sull’atrio della casa e piccole finestre dotate di grate in ferro per far passare la luce.

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Le testimonianze scritte dell’epoca indicano che gli animali si spostavano attorno alle macine bendati mentre gli schiavi spingevano la mola e li incitavano ad andare avanti. In effetti sulle lastre di basalto che componevano la pavimentazione dell’ambiente, attorno alle macine, è stata notata una serie di intagli che servivano a evitare che gli asini scivolassero ma anche a sincronizzare il loro movimento ed evitare che si scontrassero gli uni con gli altri, visto che lo spazio era piuttosto esiguo.

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In un articolo pubblicato venerdì, il direttore generale del Parco archeologico di Pompei, Gabriel Zuchtriegel, ha osservato che «si tratta di uno spazio in cui dobbiamo immaginare la presenza di persone di status servile, di cui il proprietario sentiva il bisogno di limitare la libertà di movimento». Nei mesi scorsi all’interno dell’ambiente erano stati scoperti i resti di tre cadaveri: un segnale che nonostante la casa fosse in ristrutturazione c’erano persone che probabilmente continuavano a viverci e a lavorarci.

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