Nelle posizioni di potere in Italia c’è ancora una grande disparità tra uomini e donne

Un rapporto del magazine MARLA ha messo insieme dati che mostrano uno squilibrio persino maggiore di quanto si possa pensare

Un'immagine dal set di “C'è ancora domani” (ANSA)
Un'immagine dal set di “C'è ancora domani” (ANSA)
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MARLA, il magazine dell’organizzazione non profit info.nodes, ha pubblicato un rapporto che descrive con dati e grafici quanto ci sia ancora un grande squilibrio di genere nelle posizioni di potere, in Italia. Il rapporto è stato fatto raccogliendo dati da diverse fonti (governo, parlamento, enti di ricerca pubblici) e si concentra su quattro ambiti: politica, economia, media e società.

I dati ISTAT relativi al 2021 mostrano come nonostante in Italia le donne siano mediamente più istruite degli uomini (il 65,3 per cento ha un diploma contro il 60,1, le laureate sono il 23,1 per cento contro il 16,8 per cento tra gli uomini), questo non si traduca in un vantaggio competitivo in ambito lavorativo. E questo è particolarmente evidente in politica, dove le donne a capo di ministeri o con un seggio in parlamento sono molto meno della metà. In diplomazia, le donne ambasciatrici sono il 15,6 per cento, a fronte dell’84,4 per cento di uomini. Di queste, due hanno incarichi di particolare rilievo: Mariangela Zappia, ambasciatrice italiana negli Stati Uniti, ed Emilia Gatto, ambasciatrice italiana in Corea del Sud.

Nella politica locale la situazione è simile. Nell’84,7 per cento dei comuni italiani (6.594) c’è un sindaco uomo, mentre le sindache sono il 15,3 per cento (1.189).

Prendendo in esame i 42 comuni italiani più grandi, quelli con più di 100mila abitanti, le sindache sono solo 3, il 7,1 per cento (Laura Castelletti a Brescia, Matilde Eleonora Celentano a Latina, Katia Tarasconi a Piacenza), mentre gli uomini sono 39, il 92,9 per cento. Nei consigli comunali, poi, gli uomini eletti sono 60.542, il 65,9 per cento del totale, mentre le consigliere sono 31.214, il 34 per cento. Su 20 regioni, 19 sono presiedute da uomini: l’unica presidente di regione è Donatella Tesei in Umbria. Nelle giunte regionali ci sono 104 assessori uomini (il 72,2 per cento del totale) e 40 donne (il 27,8 per cento); nei consigli regionali gli uomini sono 651 (il 76 per cento), le donne 205 (il 24 per cento).

Passando all’economia, secondo dati dell’ISTAT nel 2020 le imprese a conduzione femminile erano il 27,6 per cento del totale: soprattutto imprese individuali, con meno dipendenti e più giovani. Dati della Banca d’Italia sulla ricchezza dicono invece che gli uomini detengono una ricchezza netta che è mediamente superiore del 25 per cento rispetto a quella delle donne. Delle 35 società controllate o partecipate dal ministero dell’Economia e delle Finanze, 32 sono amministrate da uomini e 3 da donne. Nei 10 maggiori gruppi bancari italiani, 9 amministratori delegati sono uomini e una sola è donna: Elena Patrizia Goitini alla BNL (Banca Nazionale del Lavoro).

Lo squilibrio nella conduzione delle maggiori testate giornalistiche del paese è cosa più nota rispetto agli istituti bancari: sulle 20 prese in esame dal rapporto 18 sono dirette da uomini. Le due direttrici sono Agnese Pini al Resto del Carlino-Nazione-Giorno e Stefania Aloia al Secolo XIX. In 10 casi di telegiornali nazionali presi in considerazione, la direzione è in tutti i casi occupata da uomini (fino a poco tempo fa Monica Maggioni era direttrice del Tg1, la prima nella storia del telegiornale).

Il rapporto si conclude con alcuni dati e grafici sul potere in altri ambiti della società. Su 84 atenei associati alla CRUI, l’associazione delle università italiane statali e non statali riconosciute, 73 hanno un rettore e 11 una rettrice. Su 12 enti di ricerca pubblici riconosciuti dal ministero dell’Università e della Ricerca, 10 sono presieduti da uomini e 2 da donne: il Consiglio nazionale delle ricerche (CNR) e l’Area Science Park di Trieste. Su 11 autorità indipendenti elencate sul sito del Senato, 8 sono guidate da uomini e 3 da donne.