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  • Mercoledì 29 novembre 2023

L’unico sindaco che vuole le scorie nucleari

Daniele Pane vuole candidare Trino Vercellese, in Piemonte, a ospitare un nuovo grande deposito nazionale per stoccare tutti i rifiuti radioattivi italiani

Centrale nucleare di Trino
L'ex centrale nucleare di Trino Vercellese, in provincia di Vercelli (Sogin)
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Tra i tanti provvedimenti inseriti nel decreto-legge “Energia” approvato lunedì dal Consiglio dei ministri c’è una modifica alle regole per individuare il posto adatto a costruire un unico deposito nazionale di scorie nucleari. Il governo ha dato la possibilità ai comuni di autocandidarsi, una decisione che sconfessa il lungo lavoro di selezione delle aree idonee fatto finora dalla Sogin, l’azienda creata dallo Stato proprio per gestire lo smantellamento delle vecchie centrali nucleari. L’obiettivo è risolvere l’attuale stallo causato dal fatto che tutti i comuni individuati finora si oppongono alla costruzione del deposito. L’unico sindaco favorevole è Daniele Pane di Trino Vercellese, in provincia di Vercelli: la nuova regola introdotta dal governo sembra pensata apposta per il suo comune.

Da anni si discute della necessità di avere un unico grande deposito per stoccare le scorie nucleari italiane. Nonostante in Italia non ci siano centrali attive per via dell’orientamento seguito da tutti i governi dopo il referendum del 1987, molte attività continuano a produrre rifiuti radioattivi che vengono stoccati in venti depositi sparsi in diverse regioni italiane. Questi rifiuti sono in parte vecchi, cioè recuperati dalle vecchie centrali spente, in parte scarti di attività come la medicina nucleare, settore in cui vengono utilizzate sostanze radioattive a scopo diagnostico, terapeutico e di ricerca. Le scorie nucleari sono prodotte anche da alcune particolari lavorazioni industriali.

Lo smantellamento delle vecchie centrali, il cosiddetto decommissioning, è stato affidato a Sogin, un’azienda statale commissariata durante il governo Draghi. Negli ultimi anni Sogin ha commissionato studi molto approfonditi e organizzato seminari in quasi tutte le regioni italiane per capire quale sia il luogo migliore per il grande deposito.

La procedura di selezione è stata molto lunga perché i tecnici di Sogin hanno scelto le aree idonee per esclusione, incrociando dati morfologici per escludere luoghi in cui potrebbero esserci situazioni critiche come l’alta densità abitativa, il rischio sismico e idrogeologico, la presenza di siti UNESCO o aree protette. Tra i criteri sono stati considerati l’altitudine, che deve essere inferiore a 700 metri sul livello del mare, e l’esclusione di tutte le aree caratterizzate da versanti con pendenza superiore al 10%.

Tra le 67 aree totali classificate come “potenzialmente idonee” ce ne sono 12 con condizioni migliori: sono in provincia di Torino (Rondissone-Mazze-Caluso, Carmagnola), Alessandria (Alessandria-Castelletto Monferrato-Quargnento, Fubine-Quargnento, Alessandria-Oviglio, Bosco Marengo-Frugarolo, Bosco Marengo-Novi Ligure) e Viterbo (due aree a Montalto di Castro, Canino-Montalto di Castro, Corchiano-Vignanello, Corchiano). Tutte le altre aree – in Toscana, Basilicata, Puglia, Sicilia e Sardegna – sono ritenute idonee, ma con una valutazione inferiore rispetto alle prime 12.

Tutte queste aree sono state inserite nella CNAPI, la Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee pubblicata nella notte tra il 4 e il 5 gennaio 2021. Dopo aver raccolto i pareri e le osservazioni di regioni e comuni individuati nella CNAPI, Sogin ha lavorato a una versione aggiornata della mappa, chiamata CNAI, la Carta Nazionale delle Aree Idonee e quindi non più “potenzialmente idonee”. La mappa aggiornata è stata inviata al ministero della Transizione ecologica lo scorso 15 marzo: come era accaduto per la CNAPI fino all’inizio del 2021, la mappa non è stata ancora pubblicata nonostante sia pronta da mesi.

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Nelle mappe della Sogin non c’è Trino Vercellese, dove vengono stoccate scorie nucleari nei depositi della vecchia centrale nucleare Enrico Fermi costruita tra il 1961 e il 1964, l’anno in cui entrò in funzione. Lo smantellamento della centrale è in corso da anni e secondo i piani dovrebbe concludersi nel 2030: dove oggi c’è la centrale dovrebbe tornare a esserci un prato, 70 anni dopo la sua costruzione. Trino Vercellese non è stato compreso tra le aree idonee perché la vecchia centrale si trova molto vicino al corso del fiume Po: il rischio di esondazioni è uno dei criteri considerati dai tecnici di Sogin nella scelta dei luoghi adatti.

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«Da 30 anni si parla del deposito nazionale e non si è nemmeno riusciti a trovare un’area dove costruirlo. Ma intanto qui a Trino ci sono i depositi temporanei, che sono precari e insicuri» ha detto alla Stampa Daniele Pane, eletto con una lista civica di centrodestra. «Se nessun territorio darà la sua disponibilità credo si debbano rivalutare le aree come la nostra che già oggi ospitano la quasi totalità dei rifiuti radioattivi». Pane dice che finora le scorie non sono state trattate in un contesto sicuro e per questo serve una soluzione definitiva come il deposito nazionale.

Il progetto prevede che il nuovo deposito custodirà 95mila metri cubi di rifiuti radioattivi, di cui 17mila metri cubi “a media e alta attività” e 78mila metri cubi “a molto bassa e bassa attività”. Circa 50mila metri cubi derivano dallo smantellamento degli impianti nucleari per la produzione di energia elettrica, 28mila metri cubi dagli impianti nucleari di ricerca e dai settori della medicina nucleare e dell’industria.

I rifiuti radioattivi – ovunque sarà costruito il deposito – saranno depositati con tre livelli di protezione. Il primo è un contenitore metallico cilindrico o a forma di parallelepipedo che conterrà i rifiuti in forma solida, poi questi contenitori verranno custoditi all’interno di celle di cemento armato grandi 27 metri per 15 e alte 10 metri, le quali a loro volta saranno messe all’interno del deposito vero e proprio dove si potranno stoccare fino a 90 celle. Infine l’ultimo livello di protezione sarà una collina artificiale composta da strati di diversi materiali. La collina sarà alta qualche metro e avrà il compito di impedire l’ingresso dell’acqua.

L’investimento complessivo è di circa 900 milioni di euro. Sogin pensa di impiegare 4.000 persone per la costruzione. Nella fase di esercizio, della durata di 40 anni, l’occupazione diretta è stimata mediamente in circa 700 addetti, fra interni ed esterni, con un indotto che può incrementare l’occupazione fino a circa mille persone. ​Insieme al deposito, inoltre, verrà realizzato anche un parco tecnologico con un centro di ricerca per studiare nuove tecniche di smantellamento delle centrali nucleari, gestione dei rifiuti radioattivi e salvaguardia ambientale. «In Italia si fa un ingiustificato terrorismo, nel resto d’Europa si scannano per ospitare gli impianti» ha detto Pane.

A Trino Vercellese la minoranza si è già opposta all’autocandidatura annunciata dal sindaco e lo stesso hanno fatto diversi sindaci dei comuni vicini, anche di centrodestra. Da mesi associazioni ambientaliste della provincia di Vercelli si sono opposte all’ipotesi di autocandidatura, ora possibile grazie al nuovo decreto-legge del governo. «Trino non è un luogo adatto da un punto di vista idrogeologico e non siamo noi a dirlo» ha detto il comitato locale di Legambiente Trino. «Non vediamo perché dovrebbe diventarlo per motivi politici».

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