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  • Lunedì 27 novembre 2023

Il pubblico del tennis non si sa più comportare?

In uno sport noto per il contegno e per il silenzio che vige durante il gioco, sempre più spesso i giocatori si lamentano del tifo sguaiato

Tifosi statunitensi esultano verso la tennista connazionale Coco Gauff (AP Photo/Charles Krupa)
Tifosi statunitensi esultano verso la tennista connazionale Coco Gauff (AP Photo/Charles Krupa)
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Lo scorso venerdì il tennista serbo Novak Djokovic se l’è presa platealmente con il pubblico della sua partita nei quarti di finale di Coppa Davis, il principale torneo di tennis a squadre per nazionali, vinta dalla Serbia contro il Regno Unito. Per tutta la partita aveva battibeccato a distanza con il pubblico britannico, che cercava di dargli fastidio fischiandolo nelle pause tra un punto e l’altro e in alcuni casi anche durante il gioco. Alla consueta intervista di fine partita, che si fa dal campo e davanti al pubblico, Djokovic si era presentato visibilmente alterato e aveva continuato a litigare con i tifosi che coprivano le sue parole con fischi e rulli di tamburo. «Imparate a rispettare i giocatori, imparate a comportarvi» aveva detto urlando verso di loro. E ancora, mentre cercavano di zittirlo: «No, voi state zitti! No, voi dovete tacere!».

A Djokovic e ad altri tennisti irascibili come lui succede con regolarità di litigare con il pubblico, di rispondere al tifo contrario con esultanze polemiche o di lamentarsi con l’arbitro per gli spettatori troppo rumorosi. Ma al di là delle reazioni dei giocatori negli ultimi anni è sempre più frequente trovare pubblici molesti alle partite di tennis, uno sport il cui contesto è tradizionalmente sobrio, in cui i giocatori mantengono un rapporto garbato tra loro e in cui anche il pubblico fa la sua parte nel contribuire alla generale atmosfera di contegno e misura.

È difficile stabilire le ragioni di questo cambiamento, in questi anni è stato variamente spiegato con il ritorno del pubblico dal vivo dopo la pandemia e con l’avvicinamento allo sport di molti nuovi appassionati che non hanno consuetudine con le sue usanze.

Djokovic in polemica con il pubblico di Wimbledon (AP Photo/Kirsty Wigglesworth)

Il tennis è uno sport che si gioca e si guarda in silenzio. È una tradizione, non ci sono regole ufficiali, ma è così da sempre e tutti la rispettano. All’inizio della partita e prima di ogni punto l’arbitro ripete formule diventate ormai un simbolo dello sport: «quiet please», «silence», «ladies and gentleman, players are ready. Thank you»: tanti modi pacati di chiedere il silenzio. Prima di far partire il punto i giocatori solitamente aspettano che finiscano i rumori e che non ci siano movimenti di persone sugli spalti. Se c’è ancora qualcuno che sta prendendo posto (succede soprattutto fra un game e l’altro, o fra un set e l’altro) fanno segno all’avversario che stanno aspettando per quel motivo, e l’altro capisce immediatamente. Chi gestisce l’accesso agli spalti degli spettatori solitamente non permette a nessuno di entrare fino al cambio campo. Il silenzio è rispettato persino per chi guarda da casa: durante i punti i telecronisti non parlano o si limitano a commenti stringatissimi.

L’origine di questa tradizione è incerta, ma secondo le ricostruzioni di alcuni storici potrebbe risiedere nel fatto che il tennis si affermò a partire dal 1500 come sport per l’aristocrazia e per i reali: si giocava in campi con spalti limitati e con pubblici elitari, abituati a mantenere grande compostezza. Le partite erano una delle occasioni sociali in cui i membri dell’aristocrazia si facevano vedere in pubblico, socializzavano, facevano affari, si accordavano per matrimoni combinati fra gli eredi delle famiglie. Da lì in poi questo contegno è rimasto caratteristico del tennis, anche quando lo sport è diventato assai più popolare.

I tennisti si aspettano insomma di avere a che fare con un pubblico a modo in tutte le fasi della partita, non solo durante il gioco, solo che sempre più spesso questo pubblico non conosce quelle aspettative e non le rispetta, o ci convive con difficoltà. Da un po’ di anni, probabilmente anche per l’influenza di altri sport, sono sempre più frequenti i cori a favore dei tennisti, urla sguaiate, strumenti musicali che suonano tra un punto e l’altro.

Sono tutte cose che di questi tempi vengono abbastanza tollerate, a patto che si interrompano prima del gioco. Ci sono poi i cori e le urla contro un giocatore, e in quei casi ormai non è raro che uno spettatore venga allontanato perché ha esagerato. A volte succede proprio su richiesta di un giocatore: quest’anno agli US Open, uno dei quattro tornei più importanti della stagione, un uomo è stato portato fuori dagli addetti alla sicurezza dopo che il tennista tedesco Alexander Zverev aveva riferito all’arbitro che uno spettatore aveva urlato «uno dei più famosi riferimenti a Hitler al mondo».

I tornei che si giocano negli Stati Uniti (come appunto gli US Open) sono tipicamente quelli con il tifo più caloroso, ma anche con il pubblico considerato più irrispettoso. Sempre agli ultimi US Open la tedesca Laura Siegemund si era lamentata del tifo eccessivo per la tennista di casa Cori Gauff: «Non hanno alcun rispetto per me, per il modo in cui gioco, per la giocatrice che sono», aveva detto in lacrime. Ancora agli ultimi US Open il russo Daniil Medvedev aveva polemizzato con parte del pubblico nell’intervista di fine partita dicendo: «Grazie ai molti di voi che non hanno urlato tra la prima e la seconda di servizio, siete grandi».

I brevi momenti che intercorrono tra la prima e la seconda di servizio sono tra i più delicati per un tennista, che quando sbaglia due servizi di fila perde il punto (commette doppio fallo, si dice). Solitamente avviene tutto nel più rigoroso silenzio, perciò se qualcuno urla in quei momenti la distrazione prodotta è ancora più grande.

Il tifo rumoroso è tipico anche della Coppa Davis, per via della presenza delle squadre nazionali che generano una maggiore partecipazione da parte del pubblico: è una circostanza unica nel tennis, dove altrimenti i giocatori competono da soli e per se stessi, senza rappresentare alcun paese. Anche per questa eccezionalità in Coppa Davis gli arbitri di solito hanno una tolleranza maggiore, ma i tennisti possono esserne anche molto infastiditi: come è successo a Djokovic non solo nell’incontro con il Regno Unito ai quarti di finale, ma anche con l’Italia in semifinale.

Durante la partita contro Jannik Sinner a un certo punto Djokovic si è messo a mimare i gesti di un direttore d’orchestra mentre il pubblico di parte italiana lo fischiava, come a dire che quel suono invece che infastidirlo lo avrebbe ulteriormente caricato. Quando viene contestato Djokovic risponde spesso in modo provocatorio, richiamando a sé ulteriori fischi come in questo caso o esultando in modo plateale ed eccessivo nei punti successivi. Spesso sembra davvero che quelle situazioni gli diano più forza e concentrazione.

«In Coppa Davis è normale che a volte i tifosi superino il limite» aveva detto Djokovic dopo la partita con il Regno Unito. «Ma nella foga del momento anche tu reagisci e in un certo senso, come dire, dimostri che non tolleri questo tipo di comportamento». Poi aveva aggiunto: «Sono cose a cui in qualche modo devo essere preparato».

Ci sono infatti giocatori a cui succede più spesso che ad altri di avere problemi con il pubblico, e Djokovic è uno di questi. All’ultimo torneo di Parigi Bercy per esempio aveva applaudito polemicamente gli spettatori che avevano esultato per un suo doppio fallo (cioè quando sbagli sia la prima che la seconda di servizio, perdendo il punto). Non era stato l’unico comunque ad avere problemi con il pubblico di Parigi: nello stesso torneo Medvedev aveva mostrato il dito medio ad alcune persone sugli spalti alla fine della partita in cui era stato eliminato, dopo che il pubblico gli aveva per lo più tifato contro. Non era il suo primo dito medio al pubblico, comunque.

Le reazioni dei tennisti più permalosi solitamente spingono il pubblico rumoroso ad alzare il livello del disturbo, innescando un circolo vizioso. Tra quelli che ci litigano più spesso c’è anche l’australiano Nick Kyrgios, noto per i suoi atteggiamenti provocatori e per il suo atteggiamento sopra le righe. Durante il torneo di Indian Wells, negli Stati Uniti, del 2022 a un certo punto se l’era presa con uno spettatore in prima fila che aveva commentato negativamente una sua giocata, invitandolo a non dirgli come doveva giocare. Pochi posti più in là c’era anche l’attore Ben Stiller, che Kyrgios aveva tirato in ballo: «Per caso io dico a lui come recitare? No».

Qualche mese fa, andando controcorrente, il tennista statunitense Frances Tiafoe aveva detto: «Penso che i tifosi debbano poter entrare, uscire, muoversi e parlare durante le partite. Immaginate di andare a una partita di basket e non poter aprir bocca». A parte lui però i tennisti generalmente pretendono di avere un pubblico disciplinato, anche quelli che hanno reazioni meno plateali di Djokovic, Medvedev o Kyrgios. Rispetto ad altri sport, nel tennis ogni minimo dettaglio è percepito dai giocatori in campo, per via della vicinanza degli spalti e per il fatto che gli stadi hanno dimensioni più contenute.

Domenica per esempio durante la finale di Coppa Davis l’italiano Jannik Sinner, che raramente ha reazioni scomposte, a un certo punto si è lamentato di aver perso un punto perché distratto dal flash della fotocamera di un tifoso: i flash sono un’altra di quelle cose che danno molto fastidio ai tennisti mentre giocano, e su cui gli arbitri richiamano spesso gli spettatori.

Gli ultimi due decenni di tennis sono stati dominati dai giocatori più vincenti di sempre, cioè Roger Federer, Rafael Nadal e lo stesso Novak Djokovic: un fatto che ha avvicinato al tennis un gran numero di nuovi appassionati, molti dei quali erano probabilmente abituati a tifare durante partite di altri sport, dove le regole e la tolleranza sul rumore dagli spalti sono assai meno rigide. È una critica che è stata mossa anche al pubblico italiano durante il torneo ATP 250 di Napoli dello scorso anno, che si era fatto notare per un tifo particolarmente acceso durante le partite dei giocatori italiani: in parte la poca dimestichezza era normale, visto che era il primo torneo di tennis di alto livello che si giocava in città da molti anni. Qualcuno aveva definito le persone tra il pubblico di quel torneo «tifosi di calcio che vanno a guardare il tennis».