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  • Lunedì 20 novembre 2023

Le condanne nel più grande processo di sempre contro la ’ndrangheta

Hanno riguardato più di 200 persone su 338 imputati: tra loro c'è anche l'ex parlamentare di Forza Italia Giancarlo Pittelli

(Valeria Ferraro/LaPresse)
(Valeria Ferraro/LaPresse)
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Lunedì si è concluso con oltre 200 condanne su 338 imputati il primo grado del processo conosciuto come “Rinascita Scott”, dal nome dell’operazione che, nel 2019, portò a centinaia di arresti per presunte affiliazioni o collaborazioni con il clan criminale Mancuso di Limbadi, in provincia di Vibo Valentia, in Calabria. Si tratta del più grande processo di sempre contro la ’ndrangheta e del secondo più grande contro la mafia dopo il maxiprocesso contro Cosa Nostra degli anni Ottanta, al quale è stato spesso paragonato.

Tra i condannati ci sono l’ex tenente colonnello dei carabinieri Giorgio Naselli (2 anni e 6 mesi) e l’ex comandante dei vigili urbani di Vibo Valentia Filippo Nesci (4 anni). Le condanne più pesanti (30 anni di reclusione) sono state date a Saverio Razionale, indicato come il boss di San Gregorio d’Ippona, e a Domenico Bonavota, ritenuto il boss di Sant’Onofrio. È stato invece assolto l’ex sindaco di Pizzo Calabro (Vibo Valentia) Gianluca Callipo, per cui l’accusa aveva chiesto 20 anni di reclusione.

Da quando è iniziato il processo l’attenzione mediatica si è però concentrata soprattutto su Giancarlo Pittelli, avvocato ed ex parlamentare di Forza Italia, che è stato condannato a 11 anni di carcere.

Altre 70 persone che avevano scelto il rito abbreviato (un procedimento penale nel quale l’imputato può chiedere al giudice di rinunciare alla fase del dibattimento, al fine di ottenere un considerevole sconto di pena) erano state condannate nel 2021.

– Leggi anche: La grande operazione contro la ’ndrangheta di Vibo Valentia

I magistrati contestavano a Pittelli di aver avuto un ruolo di primo piano nei rapporti dei vertici della ’ndrangheta con la politica e le istituzioni.

In particolare, Pittelli avrebbe avuto rapporti confidenziali con Luigi Mancuso, a capo dell’omonimo clan, e «avrebbe messo sistematicamente a disposizione dei criminali il proprio rilevante patrimonio di conoscenze e di rapporti privilegiati con esponenti di primo piano a livello politico-istituzionale, del mondo imprenditoriale e delle professioni, anche per acquisire informazioni coperte dal segreto d’ufficio e per garantirne lo sviluppo nel settore imprenditoriale». I magistrati hanno anche ricostruito uno stretto legame tra la ’ndrangheta di Vibo Valentia ed esponenti di logge massoniche segrete, di cui lo stesso Pittelli avrebbe fatto parte.

Tra le altre cose in passato Pittelli aveva presieduto il consiglio di amministrazione della Società Aeroportuale Calabrese (SaCal), la società per azioni che gestisce gli aeroporti di Lamezia Terme, Reggio Calabria e Crotone, e aveva svolto due mandati in parlamento, venendo eletto nel 2001 nella Camera dei Deputati e nel 2006 in Senato, in entrambi i casi con Forza Italia.

Nel 2005 venne imputato in un altro importante processo, chiamato “Poseidone”:  l’allora pubblico ministero di Catanzaro Luigi De Magistris lo accusò di aver commesso illeciti nella gestione dei fondi comunitari nel settore della depurazione. In particolare, De Magistris accusò Pittelli di associazione per delinquere finalizzata al riciclaggio e violazione della legge Anselmi sulle associazioni segrete. Nel 2011 l’inchiesta fu però archiviata.