• Moda
  • Venerdì 3 novembre 2023

I commenti alla nuova collezione di Phoebe Philo

Secondo molti ha soddisfatto le altissime aspettative, ma è stata criticata per i prezzi esorbitanti e le modelle tutte molto magre

(pheobephilo.com)
(pheobephilo.com)

Il 30 ottobre è infine uscita l’attesissima nuova collezione di Phoebe Philo, una delle stiliste che hanno avuto maggiore impatto nell’evoluzione dell’abbigliamento femminile degli ultimi decenni e che nel 2017 si era ritirata dalla moda nel momento di suo massimo successo alla direzione creativa di Celine. La collezione è la prima del nuovo marchio di Philo, che si chiama come lei, ed è stata presentata e messa in commercio direttamente sul suo negozio online, che consegna in Europa e Stati Uniti. La maggior parte dei capi e degli accessori è andata esaurita in pochi giorni.

È un evento che ha ricevuto moltissima attenzione da giornali e commentatori del mondo della moda ma anche da parte delle molte appassionate che negli anni hanno coltivato un vero e proprio culto attorno a Philo: le “philophiles”, come vengono chiamate. Vanessa Friedman, giornalista di moda del New York Times, ha definito quella di Philo «forse la più desiderata, attesa e chiacchierata nuova collezione di una stilista nota di… beh sempre». Per certi versi la collezione si è rivelata all’altezza delle alte aspettative, ma ci sono stati alcuni aspetti per cui è stata criticata, primo tra tutti i prezzi.

Phoebe Philo è inglese, ha cinquant’anni e la sua carriera era iniziata nel 1997, quando divenne assistente della direttrice creativa della casa di moda francese Chloé, Stella McCartney, che poi se ne andò e lasciò il posto a lei. Dopo una pausa per maternità tra il 2006 e il 2008, Philo diventò direttrice creativa della casa di moda francese Celine – quando si chiamava ancora Céline con l’accento – dove rimase per dieci anni prima di decidere inaspettatamente di smettere di lavorare per dedicarsi per un po’ solo alla famiglia. Era il 2017 e da allora sono passati sei anni in cui la fama di Philo non ha fatto che crescere, insieme a quella dei capi della cosiddetta “vecchia Céline” (old Céline), che sui siti di vintage e usato sono diventati molto richiesti anche grazie agli account sui social network dedicati alla ricerca di immagini e prodotti di quegli anni.

– Leggi anche: Nella moda aspettano tutti Phoebe Philo

Philo aveva annunciato che avrebbe fatto un proprio marchio già a luglio del 2021 ma questo momento è stato rimandato più volte. Si sapeva che sarebbe appartenuto in parte a Philo e in parte minore a LVMH, il più grande gruppo industriale del lusso al mondo, proprietario tra gli altri anche di Celine. L’uscita della prima parte della prima collezione, che si chiama A1, era infine stata annunciata per settembre ed è arrivata alla fine di ottobre: il resto sarà messo in commercio in due altri momenti di cui non sono ancora state rese note le date. Un’altra collezione, l’A2, è invece prevista per la primavera del 2024. L’uscita di ottobre non è stata anticipata da interviste a Philo, da campagne pubblicitarie o da una sfilata, ma solo da un sito con una schermata nera e un modulo cui ci si poteva iscrivere per ricevere aggiornamenti.

 

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Nei suoi anni da Chloé e Celine, Philo divenne la stilista simbolo del cosiddetto “power dressing”, e cioè l’abbigliamento femminile che punta a trasmettere un’idea di affermazione nel lavoro, autorevolezza e individualismo, e che passa necessariamente anche dalla comodità e dalla rilassatezza dei capi.

La parte della collezione che è stata messa in vendita questa settimana non si discosta da questo approccio. Ne fanno parte pantaloni, abiti, giacche, maglioni e cappotti, oltre ad accessori come borse, scarpe e occhiali da sole. A parte per pochi dettagli eccentrici e imprevedibili – frange, cerniere e pelo sintetico – l’aspetto generale della collezione è molto classico e minimalista, senza loghi e con colori vicini al nero e al bianco, con qualche tonalità di marrone e beige. Sono caratteristiche che hanno sempre caratterizzato l’estetica di Philo, i cui capi sono pensati per essere indossati nella vita di tutti i giorni e non passare mai di moda, e che sono in linea con l’obiettivo dichiarato sul sito: «ci impegniamo a costruire prodotti duraturi».

In una recensione entusiasta, Cathy Horyn ha scritto sul New York Magazine che la nuova collezione di Philo tiene insieme l’approccio più festoso di quando lavorava per Chloé con quello più serio dei tempi di Céline, bilanciando comodità e sensualità. Uno dei capi più commentati della collezione, un abito asimmetrico fatto di raso di seta color avorio che può essere indossato come body (quindi con gran parte delle cosce scoperte) o con i pantaloni, è secondo Horyn un esempio di come Philo sia riuscita a creare un look da festa che sia allo stesso tempo sensuale, comodo e moderno. Altri capi che sono piaciuti particolarmente sono la giacca con sciarpa di pelle incorporata e i pantaloni decorati con lungo pelo di viscosa nella parte davanti. Di questi ultimi Horyn ha scritto di non aver mai visto niente del genere.

Secondo Friedman l’intento della nuova collezione di Philo sembra quello di coltivare il grosso seguito che ha già, più che di fare qualcosa di davvero innovativo, e per questo non cambierà la moda ma «potrebbe comunque darle una spinta in avanti». «La collezione è all’altezza delle aspettative?» si è chiesta la giornalista di moda del Financial Times Lauren Indvik: «a molti i capi e le borse appariranno banali e i prezzi esorbitanti […] Ma il diavolo, come direbbe ogni philophilo degno di questo nome, è nei dettagli: nella precisione dei tagli, nella qualità e nella sensazione al tatto dei tessuti e della pelle, e nella precisione delle proporzioni».

La cosa per cui Philo è stata commentata e criticata di più sui social media sono stati i prezzi, da molti ritenuti troppo alti per un marchio appena nato e per una collezione acquistabile solo online. Per fare alcuni esempi: la maxi borsa di pelle senza piedini e senza cerniera da 7000 euro, la collana d’oro fatta con le lettere di MUM (“mamma”) da 3000 e i leggings in poliammide da mille e passa. Charles Gross, esperto di moda e collezionista di borse di Hermés, ha definito la collezione «sorprendente», ma ha fatto notare che il prezzo della borsa di pelle è paragonabile a quello delle Birkin più economiche, che sono le borse di lusso probabilmente più famose al mondo.

Tuttavia, come ha scritto la giornalista di moda Amy Odell nella sua newsletter, era abbastanza prevedibile che i prezzi sarebbero stati alti, considerato che la grossa fama che Philo ha costruito negli anni le permette di farlo e che comunque ha sempre lavorato con marchi di lusso molto costosi. Inoltre, scrive Odell, i prezzi di Philo sono comunque in linea con quelli di molte altre case di moda e più bassi di quelli di marchi storici con una clientela sovrapponibile, come per esempio Prada.

Un altro aspetto della collezione di cui si è discusso molto è stata la scelta di modelli e modelle per il servizio fotografico che è stato usato in parte per il sito e in parte diffuso ad alcuni giornali. Ci sono persone più e meno giovani, con colori della pelle diversi, senza trucco e con un marcato aspetto androgino. Nel complesso però hanno tutti fisicità molto magre e poco al passo con la recente, per quanto limitata, apertura della moda di lusso a corporature più varie, cosa che forse alcuni si aspettavano da una stilista attenta alla praticità e alla comodità come Philo. La modella più famosa è Daria Werbowy, che aveva già lavorato con Philo in passato (e che le assomiglia anche un po’).

Oltre alla grande aspettativa, il motivo per cui la maggior parte dei capi e degli accessori è già esaurita è che il modello di business del marchio di Philo si basa dichiaratamente sul «produrre notevolmente meno del fabbisogno previsto». Sul sito si insiste molto sull’attenzione dell’azienda al suo impatto sociale e ambientale, agli sprechi e ai danni della sovrapproduzione. Odell ha sottolineato però come più che dalla volontà di creare un’azienda sostenibile, la scelta di produrre meno capi di quelli che avrebbe plausibilmente potuto vendere viene probabilmente dalla consapevolezza che quella di puntare sulla scarsità (e quindi sull’esclusività e la corsa all’acquisto) è una strategia di marketing che ha dimostrato di funzionare molto bene nel mondo del lusso. Secondo Odell «è assolutamente ridicolo definire sostenibile un nuovo marchio di moda che richiede risorse di produzione e di spedizione».