Il racconto della detenzione di una delle persone rapite e liberate da Hamas

Yocheved Lifshitz ha raccontato del rapimento e di come ha trascorso 17 giorni dentro ai tunnel sotterranei nella Striscia di Gaza

Lifshitz, a destra, durante la conferenza stampa con accanto la figlia, che traduceva quello che diceva in inglese per la stampa internazionale (Alexi J. Rosenfeld/Getty Images)
Lifshitz, a destra, durante la conferenza stampa con accanto la figlia, che traduceva quello che diceva in inglese per la stampa internazionale (Alexi J. Rosenfeld/Getty Images)

Una delle due donne israeliane rilasciate da Hamas lunedì ha tenuto una conferenza stampa dall’ospedale di Tel Aviv in cui è stata portata dopo la liberazione. Yocheved Lifshitz, 85 anni, ha raccontato di come è stata rapita e delle condizioni della detenzione a cui è stata sottoposta per 17 giorni.

Lifshitz ha detto di essere stata rapita da un miliziano di Hamas e portata via su una moto dal kibbutz Nir Oz dove risiede. Ha raccontato che l’attacco di Hamas al loro kibbutz è stato brutale e «molto doloroso» e che i miliziani non hanno trattato gli anziani con maggiore cautela rispetto agli altri. Ha detto che in quel momento ha «vissuto un inferno che non potevo immaginare». A bordo della moto ha attraversato la barriera che separa Israele dalla Striscia di Gaza e quando è scesa i miliziani che erano con lei le hanno detto che non le avrebbero fatto male perché credevano nel Corano.

Una volta arrivata nella Striscia è stata però costretta a camminare per alcuni chilometri sul terreno bagnato e durante il tragitto le sono stati procurati molti lividi, ha detto, per via delle bastonate che i miliziani hanno dato a lei e agli altri prigionieri. Insieme ad altre 24 persone è stata portata nei tunnel sotterranei di Hamas, che ha definito «un’enorme rete» e paragonato alla «tela di un ragno». Ha detto che il terreno dei tunnel era «morbido» e «bagnato».

Lei e altre quattro persone del suo kibbutz sono poi state messe in una stanza separata, da lei descritta come «pulita», dove hanno dormito su materassi messi sul pavimento. Secondo il suo racconto c’era una guardia per ognuna delle cinque persone nel suo gruppo.

C’era anche un medico che faceva loro visita ogni due o tre giorni e un infermiere che portava loro le medicine di cui avevano bisogno. Una delle persone che erano con lei, ferita in un incidente in moto durante il rapimento, è stata curata durante la detenzione. Lifshitz ha detto che i sequestratori «avevano cura di ogni dettaglio» e che tra loro c’erano anche donne che capivano le esigenze dell’«igiene femminile». Per tutto il periodo della sua detenzione lei e il suo gruppo hanno ricevuto da mangiare formaggio e cetrioli, lo stesso cibo che vedevano mangiare anche ai sequestratori.

In un video pubblicato questa mattina si vede Yocheved Lifshitz stringere la mano a un miliziano di Hamas nel momento in cui è stata liberata lunedì sera e dire «shalom», una parola ebraica che si usa per salutarsi che significa “pace”. Quando le è stato chiesto di commentare quel gesto lei ha detto che l’aveva fatto per le buone condizioni in cui era stata tenuta mentre era un ostaggio.

Durante la conferenza stampa Yocheved Lifshitz ha parlato in ebraico alla figlia Sharone, che è arrivata da Londra martedì mattina e ha tradotto il racconto di sua madre in inglese per i giornalisti. Oded Lifshitz, marito di Yocheved rapito assieme a lei, non è stato ancora trovato e si ritiene che sia ancora fra gli ostaggi a Gaza, anche se non se ne ha la certezza. Sharone ha detto che suo padre è un giornalista che ha scritto per il quotidiano Al-Hamishmar, pubblicato sia in Israele che in Palestina, e per Haaretz, e che per decenni ha lavorato per la pace e i diritti dei palestinesi.

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